Syed Saleem Shanzad, La Stampa 25 agosto 2008, 25 agosto 2008
Il vedovo di una signora eletta due volte primo ministro del Pakistan, i cui processi per corruzione sono stati cancellati da una legge per la riconciliazione nazionale, in base a un accordo mediato da Washington lo scorso anno tra la signora Benazir Bhutto, poi assassinata, e l’allora presidente Pervez Musharraf, diventerà il prossimo presidente del Pakistan
Il vedovo di una signora eletta due volte primo ministro del Pakistan, i cui processi per corruzione sono stati cancellati da una legge per la riconciliazione nazionale, in base a un accordo mediato da Washington lo scorso anno tra la signora Benazir Bhutto, poi assassinata, e l’allora presidente Pervez Musharraf, diventerà il prossimo presidente del Pakistan. E questo sebbene il più importante alleato della coalizione che lo appoggia, la Lega musulmana pachistana di Nawaz Sharif (PML-N) intenda ritirarsi perché Asif Zardari, il vedovo in questione, si è rifiutato di mantenere l’accordo scritto di reintegrare, entro 24 ore dalle dimissioni di Musharraf, i giudici destituiti dallo stesso Musharraf il 2 novembre 2007. «Il ritiro di Nawaz Sharif non incide sulla situazione. Per eleggere Zardari presidente abbiamo bisogno di 350 voti, e ne abbiamo di più», ci ha detto Khurshid Shah, uomo del Partito popolare pachistano (Ppp) e ministro federale. Il leader del Ppp, Asif Zardari, ha ammesso l’esistenza di un accordo scritto con Nawaz Sharif, che però, ha detto, non è un testo sacro che non si può cambiare. Ahsan Iqbal, segretario all’informazione della PML-N, ha dichiarato che il suo partito starà a guardare quello che succederà in parlamento: se oggi non passa il reintegro nelle loro funzioni dei giudici destituiti, Nawaz Sharif annuncerà in una conferenza stampa la sua decisione di ritirarsi dalla coalizione al governo. Osservatori indipendenti ritengono che questa rinuncia rientri in un disegno degli Stati Uniti che non vogliono che il conservatore Nawaz Sharif e il suo partito siano parte dei processi decisionali, creando difficoltà alla Guerra al Terrore. La strada però si farà accidentata se questi passerà all’opposizione, diventando alleato degli avvocati in rivolta e di partiti come la Jamaat-i-Islami, il Partito per la giustizia guidato dall’ex campione di cricket Imran Khan. Un’ulteriore maledizione sono i ribelli, la cui proposta per un cessate il fuoco a Bajaur ieri è stata rifiutata dal consigliere pachistano per gli Interni Rahman Malik. Ma la vera spina nel fianco del governo è l’esercito, finora spettatore silenzioso pur avendo accettato Asif Zardari come capo dello Stato. Costui però sarà automaticamente anche il supremo comandante delle forze armate, una pillola amara da inghiottire per i militari. Per due ragioni. Una è il presunto passato corrotto di Asif Zardari, colluso con l’allora capo della Marina militare, Mansurul Haq Malik, successivamente arrestato. Zardari, con un patrimonio valutato un miliardo e mezzo di dollari, è il secondo uomo più ricco del Pakistan, senza però avere altra attività che la politica. La seconda ragione è la vicinanza di Zardari agli americani. L’esercito teme che, una volta entrato nell’ufficio più potente del Paese, prenderà subito di mira i servizi segreti pachistani e l’esercito, che gli americani sospettano di connivenza con i taleban. Infatti ieri ha già detto che il Pakistan sta perdendo la guerra al terrore e i taleban sono dei sovversivi che minacciano il Paese e per questo dovrebbero entrare nella lista delle organizzazioni proibite in Pakistan. Comunque, la vera domanda è chi agirà per primo contro il futuro presidente: la lega musulmana pachistana, il movimento degli avvocati, i taleban o l’esercito pachistano? Stampa Articolo