La Stampa 20-25 agosto 2008, 25 agosto 2008
INTERVISTA DELLA STAMPA A SORU CON UNA REPLICA DELLA CISL E UNA CONTROREPLICA DELLO STESSO SORU
RICCARDO BARENGHI
E’ un personaggio che non parla spesso, Renato Soru, come peraltro molti sardi. Però stavolta accetta di dire la sua sulla polemica di mezza estate che sta dividendo il Partito democratico di Veltroni. Una spaccatura che vede da una parte gli eletti dal popolo, i sindaci, i governatori, i presidenti delle province, e dall’altra gli uomini di partito, i funzionari, i dirigenti locali, i capi corrente.
Lei che governa la Sardegna ormai da quattro anni, come giudica questa situazione?
«Intanto bisogna premettere che il Partito democratico è nato da poco e si è trovato troppo presto a dover combattere una battaglia difficilissima, cioè le elezioni, scontando anche la crisi del suo governo. Una sconfitta molto pesante che non poteva non avere ripercussioni interne».
Le ripercussioni appunto: Chiamparino messo sotto schiaffo dal suo partito, Veltroni che lo difende, lei che viene accusato di leaderismo...
«Poi ci arriviamo al cosiddetto leaderismo, prima però mi lasci dire che trovo profondamente sbagliato aver cancellato nello spazio di un mattino quello che era stato fatto, soprattutto dal segretario, in campagna elettorale».
Cancellato che cosa?
«Tutte quelle energie che avevamo messo in campo, giovani, professionisti, società civile. Il popolo delle primarie insomma. Lo abbiamo chiamato, è venuto, ha partecipato, ci ha creduto e dal giorno dopo l’abbiamo messo alla porta. Giocando sul fatto che si trattava di persone poco esperte della politica politicante... Ma così bruciamo la nostra risorsa fondamentale e ci facciamo male da soli».
Cancellato quel popolo, vi trovate nel dualismo tra gli eletti (dal popolo) e il ceto politico?
«Io dico che il partito deve formare, selezionare le idee e la classe dirigente, decidere chi candida alle elezioni e fare tutto quanto può per farlo eleggere. Poi però deve fare un passo indietro, non impicciarsi della gestione della cosa pubblica. Io non intendo mediare con i partiti - neanche col mio – le nomine dei direttori delle Asl o dell’Ente che distribuisce l’acqua in Sardegna. Deve decidere la giunta che è stata eletta dai cittadini, e deve decidere seguendo criteri di capacità, efficienza, competenza. Certo non quelli dell’appartenenza a un partito o addirittura a una corrente. Se questo lo vogliono chiamare leaderismo, facciano pure...».
Però senza un partito dietro, lei, Chiamparino, Cacciari e tutti gli altri amministratori non sareste lì dove siete.
«Questo lo so benissimo. Figuriamoci se io non riconosco l’importanza dei partiti. Ma quello che non trovo giusto è che essi debordino dalle loro funzioni. Quando lo fanno - e lo fanno o tentano di farlo sempre - mi torna in mente la questione morale di Enrico Berlinguer».
Addirittura. Ma il leader del Pci alludeva alle tangenti, alla corruzione, a Craxi e alla Dc...
Certo, ma io mi chiedo se sia più grave rubacchiare qualche soldo oppure nominare un direttore sanitario di un ospedale solo perché appartiene alla corrente di tizio o caio».
E quel è più grave?
«La seconda perché ne va della salute delle persone. E qui non si scherza».
Quindi lei decide senza ascoltare nessuno?
«Io ascolto tutti ma poi decido quello che mi sembra più giusto per i cittadini che mi hanno eletto. E se scontento apparati, funzionari e via dicendo, non mi interessa».
E ne ha scontentati parecchi?
«All’anima, e non solo nei partiti ma anche nei sindacati. Ho cancellato mille posti di sottopotere, un milione di euro l’anno che ricevevano Cisl e Uil come contributo regionale, ho drasticamente ridotto la formazione professionale che ci costava 300 milioni di euro l’anno e che veniva gestita dalla Cisl...E’ ovvio che con questa politica non mi sono fatto molti amici, pensi che nel mio partito gira anche questa infelice battuta: ”Meglio perdere che rivincere con Soru”».
Lei invece ha intenzione di ricandidarsi l’anno prossimo?
«L’ho detto e lo ripeto. Voglio finire il lavoro cominciato, che penso sia un buon lavoro. E nell’ultimo, recente incontro che abbiamo avuto, Veltroni mi ha assicurato il suo sostegno».
Lei ha comprato «l’Unità», come mai ha scelto proprio Concita De Gregorio per dirigerla?
«E’ una bravissima giornalista, capace di raccontare le vicende del Paese e di trattare la politica con un’attenzione più ai problemi della gente che non al teatrino di Palazzo».
E quando avverrà il cambio di direzione?
«Questione di giorni, a fine mese».
E con Antonio Padellaro come vi lasciate?
«Penso che non ci lasceremo, spero che lui resti come editorialista. Io sono molto grato a lui e a Furio Colombo per aver riaperto l’Unità e per tutto quello che hanno fatto in questi anni. E’ un giornale a cui sono legato dalla mia storia politica e personale: fu fondato da Antonio Gramsci, che era sardo come me».
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LA STAMPA, 22 AGOSTO 2008
I sindacati sardi
e le politiche di Soru
Nell’intervista di Riccardo Barenghi del 20 agosto, il presidente della Regione Sardegna, on. Soru, sostiene, tra le altre cose, di aver scontentato «nei partiti ma anche nei sindacati». I primi, cancellando mille posti di sottopotere. I secondi per aver tolto a Cisl e Uil un contributo di un milione euro l’anno e per aver ridotto drasticamente la formazione professionale, che costava alla Regione 300 milioni l’anno, gestita soprattutto dalla Cisl. Chiunque è in grado di verificare il costante ricorso dell’amministrazione Soru al convenzionamento esterno. Quanto poi al milione di euro cancellato per Cisl e Uil, la verità è un’altra. Il presidente Soru ha soppresso, solo per le organizzazioni sindacali, la legge regionale 31/78 per la partecipazione attiva delle parti sociali agli atti della programmazione regionale per lo sviluppo dell’isola, mentre continua a elargire contributi ad altre associazioni di categoria e professionali. Per quel che concerne la formazione professionale, era ed è la Regione a gestire il settore. Ogni responsabilità per quel che non funziona e non piace al presidente è dunque dello stesso Soru. Una cosa è certa: mentre le agenzie formative accreditate erano qualche anno fa poco meno di 80, negli ultimi tempi sono salite a 400. Forse il presidente, a meno di un anno dalle elezioni regionali, farebbe meglio a preoccuparsi dei 7,5 miliardi di euro non spesi nel 2007, dei milioni non spesi che l’Ue potrebbe disimpegnare in automatico, e del fatto che la sua politica culturale e del lavoro anziché avvicinare la Sardegna agli obiettivi di Lisbona l’ha allontanata: la dispersione scolastica, pari al 23% nel 2004, oggi è intorno al 35%. Ma neppure questo suggerimento disinteressato sarà accolto da un presidente che rifugge il confronto con i sindacati, se non quando deve stipulare accordi riguardanti mobilità e cassa integrazione.
MARIO MEDDE
SEGRETARIO GENERALE
LA STAMPA, 25 AGOSTO 2008
La Regione Sardegna
contro le clientele
Nella lettera pubblicata venerdì dalla Stampa il segretario della Cisl Sardegna, Mario Medde, conferma che la giunta regionale ha annullato il contributo ai sindacati di circa 1 milione di euro l’anno. Parimenti, al contrario di quello che lui sostiene, in questi stessi anni sono stati tagliati di oltre il 50% anche i contributi a favore delle associazioni di categoria degli artigiani, degli agricoltori e delle cooperative. Per quanto riguarda la formazione professionale è vero che la responsabilità spetta alla Regione, e per questo motivo siamo intervenuti, riformando radicalmente l’intero settore, ponendo al centro gli interessi dei giovani invece che quelli di un sistema fine a se stesso, al di fuori di ogni regola. Un sistema che spendeva nel 2004 oltre 300 milioni di euro, assegnati direttamente agli enti privati fuori dai bandi pubblici, con ingentissime risorse regionali ed europee destinate al cosidetto obbligo formativo, che sostituiva la scuola pubblica con l’offerta formativa privata persino per i ragazzi delle medie. Un sistema clientelare e ingiusto, con i docenti chiamati direttamente, assunti senza concorso, molto spesso senza abilitazione all’insegnamento.
A rendere tutto ancora più inaccettabile era la presenza da oltre 20 anni di una lista di più di 800 persone della cosiddetta legge 42, alle dipendenze di alcuni enti privati ma il cui stipendio, anche quando rimanevano inoperosi, era garantito dalla Regione, con una spesa di circa 25 milioni di euro l’anno. Queste persone sono state accompagnate alla pensione o assegnate a enti pubblici con personale mancante in organico. La Cisl si è duramente opposta a questa riforma con scioperi e manifestazioni, dove non era chiaro l’interesse che veniva tutelato: certamente non quello dei giovani da formare, e neanche quello dei lavoratori dipendenti degli enti di formazione tutti mantenuti in condizione di precarietà, quanto invece quello degli enti stessi, e tra questi l’ente appartenente alla Cisl.
Infine è già da 3 anni, ben prima delle iniziative dell’attuale governo Berlusconi, che la Regione Sardegna ha pubblicato l’elenco delle consulenze, ridotte di oltre l’80% rispetto ai 5 anni precedenti. Nello stesso periodo, nonostante l’opposizione della Cisl, con politiche di blocco del turnover e di incentivazione all’esodo abbiamo diminuito di circa il 30% il personale della Regione, passando da 3600 dipendenti a circa 2500, con un risparmio per il nostro bilancio vicino ai 50 milioni di euro l’anno.
RENATO SORU
PRESIDENTE REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA