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 2008  agosto 24 Domenica calendario

AL NOSTRO INVIATO


JACKSON HOLE (Wyoming) – Che la crisi finanziaria non si stia placando, lo sperimenta in questi giorni il Fondo monetario internazionale. Nell’organismo di Washington sono già a pieno regime i lavori per il prossimo «Global Financial Stability Report», da pubblicare in ottobre. E dalle stime, sta emergendo una valutazione delle perdite nel sistema finanziario sempre più elevata: ai prezzi di questi giorni, circa 1.200 miliardi di dollari.
I numeri circolano nelle pause caffè di Jackson Hole, il simposio delle élite della finanza internazionale fra le Montagne Rocciose. E rimandano a un ammontare di ricchezza vanificata pari a oltre metà del prodotto interno lordo italiano di un anno. Qualora questi dati venissero confermati nella versione del rapporto a ottobre, sarebbe il segno che le strozzature nel credito hanno continuato ad aggravarsi in estate.
Con l’ultimo «Stability Report » dello scorso aprile, il Fondo aveva scatenato il clamore degli analisti e dei mercati con una valutazione di 950 miliardi di dollari di perdite. In quattro mesi, la stessa platea di titoli sarebbe «scivolata» già di altri 250 miliardi. Ora solo una ripresa del mercato nel prossimo mese, di cui peraltro non si vedono segni, potrebbe ridimensionare il conto.
John Lipsky, numero due di Dominique Strauss-Kahn nel ruolo di vicedirettore generale del Fmi, tiene a precisare il senso dei dati degli «Stability Report». Quei documenti calcolano i buchi di bilancio in base ai valori di mercato del momento, non anticipano l’esito finale della crisi. «I nostri rapporti non azzardano una previsione sulle perdite – precisa Lipsky – ma valutano quelle che si registrerebbero se i mercati dovessero realizzarle subito, vendendo tutti i titoli coinvolti ». Lipsky nota che la stima sulle svalutazioni riguarda «il sistema nel suo complesso »: istituti di credito, assicurazioni, fondi d’investimento, hedge fund e altri gestori. Fino ad oggi le banche in Europa e negli Stati Uniti hanno annunciato svalutazioni per circa 450 miliardi di dollari. Molti fondi invece non hanno fatto annunci, anche perché non sono quotati e non hanno l’obbligo di aggiornare i valori di mercato dei titoli in portafoglio.
Che molte obbligazioni complesse legate ai mutui siano sempre più invendibili, lo si è visto del resto di recente. A fine luglio Merrill ha ceduto titoli dal valore nominale di 30 miliardi di dollari a uno sconto dell’82%. Molto dipenderà ora anche dal destino di Fannie Mae e Freddie Mac, le finanziarie che garantiscono mutui per 5.300 miliardi di dollari in America. Sotto i colpi dei crolli immobiliari, entrambe hanno perso più di metà del loro valore di Borsa in due mesi. Il Tesoro ha un mandato per salvarle e potrebbe farlo a giorni. Larry Lindsey, l’ex capoeconomista di George W. Bush, ne fissa già le condizioni: «Accadrà – dice Lindsey a Jackson Hole – non appena Fannie e Freddie non riusciranno più a trovare creditori sul
mercato».
Federico Fubini