Tito Boeri, la Repubblica 22/8/2008, 22 agosto 2008
Al contrario, con un federalismo ben congegnato, si possono mettere in moto processi emulativi per cui le amministrazioni meno efficienti imitano quelle più efficienti e si riducono le differenze nelle prestazioni
Al contrario, con un federalismo ben congegnato, si possono mettere in moto processi emulativi per cui le amministrazioni meno efficienti imitano quelle più efficienti e si riducono le differenze nelle prestazioni. Il federalismo migliora la gestione delle risorse pubbliche quando responsabilizza le amministrazioni decentrate al cospetto dei cittadini. Sin qui abbiamo fatto esattamente l´opposto decentrando capacità di spesa senza decentrare capacità impositiva. Il risultato è che le amministrazioni locali si sono trovate in condizioni di "spendere e spandere" senza essere percepite dai cittadini come responsabili delle tasse che pagavano. Per contenere la spesa locale si interveniva poi dal centro imponendo vincoli che finivano spesso per premiare le amministrazioni meno efficienti: chi aveva sin lì speso di più, indipendentemente dalla qualità delle prestazioni fornite ai cittadini, si trovava così in condizione di poter, di lì in poi, avere più risorse a disposizione delle amministrazioni più virtuose nel contenere le spese e nell´aumentare il benessere dei cittadini. Nei suoi primi cento giorni, il governo Berlusconi IV ha fatto ancora di peggio. Ha ulteriormente accentrato la capacità impositiva, abolendo del tutto l´Ici, l´unica vera tassa locale esistente in Italia. E i Comuni sono stati compensati per la perdita di queste entrate con trasferimenti dal centro proporzionati a quanto da loro raccolto in passato con la tassa abolita. Questo significa che quei Comuni che avevano alzato l´Ici di più, magari perché incapaci di contenere le spese, invece di dover rendere conto agli elettori di questo comportamento, sono stati premiati ricevendo di più dallo Stato come compensazione. Sin qui nessuno ha voluto fare il federalismo sul serio. Neanche la Lega che pure ha il merito storico di avere posto il problema al centro del confronto politico. Da una parte agitava la bandiera del federalismo, dall´altra finiva per accodarsi a scelte che andavano nella direzione opposta, magari con qualche mugugno. Gli strali lanciati da Umberto Bossi a Ferragosto contro l´abolizione dell´Ici sono un esempio di questo atteggiamento. Perché la Lega non ha votato contro l´abolizione dell´Ici? Dove era Bossi quando il primo Consiglio dei ministri ha varato questo provvedimento? La verità è che il federalismo è molto utile, ma è anche molto difficile realizzarlo partendo da condizioni iniziali così diverse tra regioni. Oggi il reddito imponibile Irpef pro capite della Calabria è inferiore al 40 per cento di quello della Lombardia. Non molto diversa la situazione delle altre regioni meridionali, dove invece sono più alte le spese pro capite soprattutto nelle materie che dovranno essere devolute alle regioni secondo la riforma del titolo V della Costituzione. Per questo motivo, quando si fa il federalismo sul serio, stabilendo un legame più stretto fra spese ed entrate a livello locale, bisogna prevedere ingenti trasferimenti perequativi, che permettano anche alle Regioni più deboli di fornire almeno i servizi essenziali ai cittadini. Bisogna trovare un punto di equilibrio fra responsabilizzazione delle amministrazioni locali e tutela dei diritti fondamentali dei cittadini nei confronti dell´operatore pubblico, indipendentemente dal luogo in cui risiedono. Il disegno di legge approvato dal Consiglio regionale lombardo e divenuto parte integrante il programma elettorale del Popolo delle Libertà non si poneva questo problema: avrebbe lasciato molte Regioni del Sud senza risorse sufficienti per finanziare sanità e istruzione. Una provocazione, che stranamente non è stata colta (o non è stata fatta cogliere) dagli elettori del Sud. Ma adesso sembrerebbe che si voglia fare sul serio. Lo prova la cautela con cui anche la Lega sta procedendo. Ci saranno presumibilmente molte altre bozze della cosiddetta "bozza Calderoli" sul federalismo fiscale prima di vedere quella definitiva. I testi che circolano (l´ultimo è raccolto su www.lavoce.info) definiscono una serie di servizi essenziali (non solo salute e assistenza, ma anche istruzione) che devono comunque essere forniti ai cittadini, anche nelle Regioni più deboli e prevedono trasferimenti perequativi dalle Regioni più forti a quelle più deboli affinché questi servizi vengano garantiti. Segue, in questo, l´impianto del disegno di legge approvato dal governo Prodi. La bozza di bozza è molto macchinosa nel definire le basi imponibili dei trasferimenti perequativi, non affronta il problema delle regioni a statuto speciale, che oggi assorbono più di un terzo dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni, è troppo generosa con la Regione Lombardia, cui viene permesso di accumulare un surplus di 4 miliardi al di sopra delle entrate richieste per finanziare le materie devolute, ed è ancora troppo vaga nel definire le competenze dello Stato e delle Regioni (cosa vuol dire decentrare l´istruzione?). Soprattutto, la bozza non affronta l´aspetto più importante, quello della transizione dalla situazione attuale al nuovo ordinamento. Questo espone al rischio che il federalismo porti ad aumentare, anziché ridurre, la spesa corrente attraverso la duplicazione di funzioni tra diversi livelli di governo, come troppo spesso avvenuto (si stima che l´attuazione della legge Bassanini abbia fatto lievitare le spese correnti di circa un sesto). Su tutti questi aspetti l´opposizione può fornire un contributo molto importante, grazie anche alla maggiore esperienza accumulata dal centro sinistra nel gestire gli enti locali. Potrà trovare un equilibrio migliore fra solidarietà ed efficienza amministrativa sapendo come dosare il federalismo, come gestire la transizione. Dovrà entrare nel merito, misurarsi sui dettagli, chiedere che al decentramento si accompagnino anche nuove forme di rappresentanza delle Regioni nell´ambito di un vero Senato federale, imporre che si discuta in modo trasparente della situazione delle regioni a statuto speciale, a partire dalla Sicilia, che oggi assorbe da sola più di un quinto dei trasferimenti dello stato alle regioni. un compito più difficile di quello di fare l´opposizione solo su principi generali. Quel tipo di opposizione oggi in Italia non manca. Di fronte a un governo che dà crescente prova di attivismo, anche se spesso più negli annunci che nella sostanza, l´opposizione non può girare la testa e parlare d´altro. Deve sapere entrare nel merito. Più che un´opinione pubblica, sembra oggi mancare in Italia un´opposizione pubblica, che si misuri nei dettagli dell´agenda di Governo, con proposte convincenti e comprensibili. C´è invece tanta opposizione privata, autoreferenziale, che bada all´estetica anziché ai problemi vissuti tutti i giorni dagli italiani.