Paolo Di Stefano Corriere della sera 13/8/2008, 13 agosto 2008
Nel libro "I migliori anni della nostra vita" (Feltrinelli 2005) Ernesto Ferrero, che lavorò a lungo in Einaudi, racconta che l’editore Giulio era molto parco nel cibo: «Quando ci invitava a casa sua, erano cene a rischio: un mezzo pollo per tutti, ma finiva che tutti si astenevano e il pollo rimaneva lì con una certa soddisfazione dell’editore»
Nel libro "I migliori anni della nostra vita" (Feltrinelli 2005) Ernesto Ferrero, che lavorò a lungo in Einaudi, racconta che l’editore Giulio era molto parco nel cibo: «Quando ci invitava a casa sua, erano cene a rischio: un mezzo pollo per tutti, ma finiva che tutti si astenevano e il pollo rimaneva lì con una certa soddisfazione dell’editore». Lui prediligeva piatti semplici che chiamava "poveri", ma realizzati con ottimi ingredienti: «In cima a tutti le frittate. Era molto esigente in fatto di bolliti e formaggi. Ma in genere il cibo era il pretesto per stare insieme, parlare, farsi venire delle idee. Non bisognava pensarci troppo o peggio parlarne. L’edonismo gastronomico era poco confacente all’Einaudi, l’unica cosa che contava era la Causa editoriale». Gusti culinari di autori illustri? «Gadda amava il risotto, Elsa Morante i funghi fritti, Parise lepre in salmì e Manganelli gli affettati misti: per lui ogni pasto era un cerimoniale sacro».