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 2008  agosto 21 Giovedì calendario

UN signore sui settant’anni s’avvicina a una panchina e una ragazza sui venticinque si alza di scatto e gli cede il posto

UN signore sui settant’anni s’avvicina a una panchina e una ragazza sui venticinque si alza di scatto e gli cede il posto. Utopia, fino a ieri. Oggi è realtà: la gentilezza diventa un obbligo a Vicenza. Chi commette una scortesia paga una multa dai 25 ai 500 euro. Il sindaco ha emanato un’ordinanza che considera giuridicamente punibile la mancanza di gentilezza verso gli anziani, le donne incinte, le madri con bambini, i disabili, chiunque abbia dei problemi per età, malattia o condizione naturale. Finora la gentilezza era un di più, rispetto al comportamento civicamente corretto. Si poteva essere gentili per quel po’ di spirito altruistico per cui non possiamo non dirci cristiani. Se c’è, bene. Se non c’è, male, ma non possiamo farci niente. Adesso scatta la multa. Domanda: ma non è una buona scusante, che il multato non sia tenuto a conoscere l’ordinanza di una città dove magari si trova per turismo, senza sapere usi e costumi, norme e divieti? No, perché la gentilezza è «una legge non scritta», e dovrebbe valere più delle leggi scritte, a Vicenza come a Roma Milano Torino, in Italia come nel resto del mondo. Sulla strada del ritorno alla gentilezza, Torino farà del 20 settembre la «prima giornata mondiale del saluto»: 10 mila volontari saluteranno almeno 10 persone sconosciute a testa, in modo che prima di sera 100 mila persone abbiano ricevuto quei saluti che ignorano da anni: dal Settanta ad oggi i saluti quotidiani sono scesi da 30 a 8. Come se l’Italia fosse entrata in lutto. Salutarsi con un sorriso non costa niente e serve molto, scarica sulla giornata una spruzzatina di serenità. Una spruzzatina oggi e una domani, la settimana si bonifica. Vicenza fa qualcosa di diverso: non lancia un invito ma impone una norma. Sarebbe bene che la norma valesse dappertutto. Non è questione di usi locali, qui entra in ballo la coscienza che disagi bisogni difficoltà malesseri oggi sono tuoi ma domani saranno miei. Se in fila alle Poste la madre col bambino in braccio occupa il ventesimo posto, la sua attesa è quattro volte più faticosa dell’attesa di chi sta bene, è solo, non ha altri sforzi da fare che guardarsi in giro. Non basta che uno sia invitato a cederle il posto per educazione, è meglio che sia costretto per legge. Siamo in tempo di Olimpiadi. Sulle Olimpiadi i greci, che le hanno inventate e insegnate al mondo, raccontavano un aneddoto. C’è una gara allo stadio, gradinate piene, un vecchio non trova posto, gli ateniesi lo chiamano tra loro alzandosi in piedi, ma appena quello arriva si risiedono tutti con una sghignazzata. A quel punto gli spartani invitano il vecchio nel loro settore e tutti gli cedono il posto. Il vecchio fa una dichiarazione pubblica: «Gli ateniesi sanno cos’è giusto ma gli spartani lo fanno». La nostra civiltà deriva da quella ateniese e non da quella spartana, che non ha lasciato niente. Atene è una delle città-madri del mondo, Sparta è un paesotto che vedi dall’alto di una collina, non ha monumenti né altro, ci dai un’occhiata e te ne vai. Ma la nostra civiltà deriva da quella ateniese anche in questo: sappiamo cos’è gentile ma non lo facciamo, e troviamo giusto che questo non-farlo non venga sanzionato. giunto il momento di sanzionarlo. Un’ordinanza che punisce la mancanza di gentilezza, stabilisce che la mancanza di gentilezza è un reato. giusto. Kenzaburo Oe, scrittore giapponese, premio Nobel, racconta di una vecchia che arriva a Tokyo con un cartello al collo: «Non desidero parlare con voi, ma indicatemi dov’è la stazione». I passanti fanno a gara ad aiutarla. Boccaccio dedica una novella alla cortesia: un signorotto riceve un ospite e lo tratta meglio che può, e quando scopre che l’ospite è venuto per ucciderlo, si reca all’appuntamento per essere ucciso, in modo da farlo contento. Beh, è troppo. sufficiente essere gentili, non occorre suicidarsi. Senza gentilezza siamo dei bulli. E a proposito dei bulli, che rispondono a un favore con lo scherno, il primo giorno di scuola un professore dice a uno scolaro: «Quest’anno mi aspetto molto da te, perché agli scrutini t’ho aiutato». Lo scolaro lo guarda ridendo e gli fa: «Sempre sia lodato quel fesso che mi ha aiutato». Multa da 500 euro? Ma no: bocciarlo retroattivamente, e che ripeta l’anno. fercamon@alice.it Stampa Articolo