Glauco Maggi, LA STAMPA 21/8/2008, 21 agosto 2008
Ennesima giornata di ordinario panico, a Wall Street, per Fannie Mae e Freddie Mac. I due titoli sono partiti malissimo, arrivando a perdere a metà seduta il 22 e il 32%, nuovi minimi da oltre 15 anni
Ennesima giornata di ordinario panico, a Wall Street, per Fannie Mae e Freddie Mac. I due titoli sono partiti malissimo, arrivando a perdere a metà seduta il 22 e il 32%, nuovi minimi da oltre 15 anni. Ma ormai sono ridotti rispettivamente a titolini, da circa 5 e 3 dollari, che rappresentano due ex giganti sotto tutela governativa, e la Borsa si è così ripresa guardando altrove: ai dati sulle forniture di petrolio sorprendentemente ampie, che hanno fatto scendere il greggio a 113 dollari al barile; e all’aumento dell’11% dei profitti trimestrali della società di computer Hewlett-Packard, che ha anche alzato le proprie aspettative per l’anno oltre le stime degli analisti. I mali di Fannie e Freddie, che coprono la metà dell’intero mercato dei mutui popolari Usa, sono ormai ben noti, e le apprensioni che deprimono le quotazioni sono legate paradossalmente più alla legge di salvataggio votata dal Congresso che non alle condizioni attuali delle due imprese para-pubbliche. Infatti, l’impegno preso dal Tesoro e dalla Banca Centrale di sottoscrivere nuove azioni o fornire prestiti eccezionali, in caso di bisogno, ha creato l’attesa di questi interventi. Ma se il governo immettesse capitale fresco, il valore delle azioni esistenti ne soffrirebbe, e ciò rende gli attuali azionisti particolarmente sensibili ad ogni voce negativa, e inclini a vendere. I brividi di giovedì sono dovuti alle voci da Washington di un rientro affrettato dalle ferie di James Lockhart, direttore dell’Ofheo (Office of Federal Housing Enterprise Oversight), l’autorità di supervisione di Fannie Mae e Freddie Mac, per fronteggiare improvvise difficoltà. Ma anche alla notizia del Wall Street Journal, secondo cui alcuni dirigenti di Freddie Mac si sarebbero incontrati in giornata con funzionari del Tesoro proprio per studiare i termini di un eventuale futuro intervento governativo, allo scopo di rassicurare gli investitori vecchi e potenziali. Per raffreddare le tensioni l’ad di Fannie Mae, Daniel Mudd, ha dichiarato che «abbiamo più capitale ora di quanto non ne abbiamo mai avuto», e che «il Tesoro non ci ha offerto il suo aiuto, e noi non lo abbiamo chiesto». Ma l’asta del giorno prima, grazie alla quale la sorella Freddie Mac aveva raccolto 3 miliardi di dollari, è stata altra benzina sul fuoco: infatti, il tasso risultato è stato del 4,172%, l’1,13% in più dei paragonabili titoli di Stato Usa, un divario record. Secondo un rapporto di un analista della società Graham-Fisher pubblicato dal New York Post, le due società saranno costrette a raccogliere una cifra tra i 40 e i 100 miliardi di dollari «per coprire perdite potenziali nei loro portafogli di bond legati ai mutui».