LA STAMPA 21/8/2008, 21 agosto 2008
ANTONELLA RAMPINO
Tutti, a cominciare da Condoleezza Rice, ripetono come un mantra che «la Guerra Fredda non tornerà». Lo ripetono perché il rischio è invece altissimo, e i rapporti russo-americani al punto più basso. La Rice ieri a Varsavia ha firmato l’accordo bilaterale per la costruzione in Polonia dello «scudo spaziale» antimissili, e i russi non han fatto tardare la loro reazione. Prima hanno disdetto tutte le esercitazioni in programma con la Nato o i suoi singoli membri, che ha congelato i rapporti con Mosca finché non sarà completato il ritiro dalla Georgia. Poi, hanno fatto sapere che reagiranno «con i fatti, non solo a parole». Ma la più inquietante delle minacce russe l’ha pronunciata il ministro degli Esteri Serghej Lavrov all’agenzia Interfax: «Lo scudo spaziale Usa in Europa è un segno della volontà americana di abbandonare il trattato Start sul controllo delle armi atomiche». Come dire che i russi per primi potrebbero disdettare quegli accordi, tornando appunto all’epoca della guerra fredda.
Il botta e risposta russo-americano ha avuto ieri altri momenti inquietanti, con l’irritazione e le minacce russe che montano parallelamente al gradimento di Medvedev nei sondaggi, al 76%. L’Abkhazia ha chiesto a Mosca di riconoscerla. Bush ha fatto prontamente sapere che considera i protettorati russi «territorio georgiano». Il punto non è secondario: è la contraddizione che impedisce al piano di pace di Sarkozy di essere recepito da una risoluzione Onu, diventando così prescrittivo. I russi, ieri, hanno fatto circolare una loro bozza di risoluzione, che ha raccolto lo scetticismo americano proprio perché prevedeva la messa in discussione dello status di quei due protettorati.
Gli americani, soprattutto, considerano «troppo lenta» e «non significativa» la ritirata russa dal territorio georgiano. E se non verrà completata entro sabato mattina al massimo, come promesso da Medvedev e da Putin, potrebbero scattare le ritorsioni. Così nella riunione straordinaria a porte chiuse della Commissione Difesa e Esteri del parlamento europeo, per la quale sono volati a Bruxelles i presidenti di commissione Difesa del parlamento italiano Cantoni e Cirielli, il ministro degli Affari europei francese Jean-Pierre Jouyet ha detto che, se i russi non avranno completato il ritiro entro venerdì sera, la presidenza di turno della Ue chiederà un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo. Ovvero alla Russia verrà comminato l’atto d’accusa da parte dei 27 che gli Stati Baltici (e gli americani) chiedevano già al deflagrare della crisi, lo scorso 8 agosto, e che proprio la «navetta», come l’ha chiamata un irritato Kouchner, di Sarkozy tra Mosca e Tbilisi era riuscita a evitare.
In quel consesso, reduce da un meeeting a pranzo col presidente della commissione, il cristiano-democratico polacco Jaceck Saryusz-Wolski, è stata ammessa la ministra degli Esteri georgiana Eka Tkeshelashvili, tenuta sulla porta dei vertici straordinari dei ministri degli Esteri e della Nato. La ministra ha chiesto all’Europa l’invio urgente di peacekeeper nel Caucaso. «Perché non c’è anche un rappresentante russo?», ha protestato il Pse. «Perché ci volevano mandare non un ministro ma un incaricato d’affari», ha ribattuto Saryusz.
La preoccupazione nelle cancellerie europee è al massimo. Perfino Berlusconi, che ha avuto più di una telefonata con Putin in questi giorni, pare non abbia in mente nient’altro che la crisi russo-americana, «ben più grave di quello che può sembrare», ha detto ai suoi. I quali hanno notato che il premier italiano, in questi giorni, è molto, molto preoccupato. E lui Putin lo conosce bene.
ANNA ZAFESOVA
Il parlamento dell’Abkhazia ha chiesto al Cremlino di riconoscere formalmente la repubblica secessionista dalla Georgia. La richiesta è stata inoltrata ieri, ed ha subito trovato il responso positivo del presidente del Senato russo, Serghej Mironov: «Se è ciò che i popoli di queste repubbliche chiedono, lo faremo». Anche l’Ossezia del Sud sta per fare la richiesta di riconoscimento, come annunciato ieri dal suo leader Eduard Kokojty, mentre il parlamento dell’Ossezia del Nord - repubblica che fa parte della Russia ed è popolata dalla stessa etnia - ha già chiesto a Mosca di venire incontro ai «fratelli» divisi dal confine. Richieste alle quali il presidente Dmitry Medvedev ha probabilmente l’intenzione di rispondere positivamente: una seduta straordinaria del Senato è stata convocata per il 25 agosto, mentre già qualche giorno fa le vacanze dei deputati della Duma sono state accorciate di una settimana, e a Mosca gira voce che la convocazione anticipata sia stata decisa proprio per votare il riconoscimento delle due regioni.
La Russia nel frattempo combatte la sua battaglia al Palazzo di Vetro, dove martedì notte l’ambasciatore Vitaly Churkin ha bocciato la bozza di risoluzione che menzionava «l’integrità territoriale della Georgia»: «Sarebbe una perdita di tempo metterla ai voti», ha dichiarato. Ieri la Russia ha proposto una bozza alternativa, che prevede «l’apertura di un dibattito internazionale sul futuro di Ossezia e Abkhazia»: il famoso ultimo sesto punto del piano di pace di Sarkozy, firmato da Medvedev, ma contestato da Saakashvili. George Bush ha subito replicato che le province secessioniste «fanno parte della Georgia» e che il mondo «deve battersi per la libertà della Georgia».
Gli Stati Uniti hanno ieri inviato aiuti umanitari nel Caucaso, a bordo di tre navi militari che hanno avuto dalla Turchia il permesso di transitare i Dardanelli per entrare nel mar Nero. Il sostegno occidentale alla Georgia infastidisce i russi, che ieri hanno accusato i georgiani di star radunando le forze per una nuova offensiva. Il monito è venuto dal vice capo dello Stato maggiore Anatoly Nogovizyn, che facendo riferimento all’abbattimento di un drone in territorio georgiano - tuttora occupato da russi - ha parlato di una «dimostrazione che Tbilisi non ha abbandonato i piani di aggressione».
Questi sospetti sono una delle giustificazioni con cui Mosca continua a rinviare il ritiro dalla Georgia, che prosegue - come è stato denunciato ieri da diverse capitali occidentali, tra cui Washington e Berlino - con il contagocce. Alcuni reparti hanno apparentemente ricevuto l’ordine di restare, come nel porto di Poti e nelle sue vicinanze, dove i russi da ieri presidiano due ponti. Secondo Nogovizyn, il mandato del «contingente di pace» russo prevede avamposti nella «zona cuscinetto» all’interno del territorio georgiano.
L’offensiva diplomatica russa include anche il rinnovo delle accuse di «genocidio» contro i georgiani. Il procuratore russo Boris Salmaksov ha ieri reso noto il primo conteggio ufficiale delle vittime civili negli scontri in Ossezia: 133 morti, ma «si stanno ancora cercando fosse comuni». Il governo osseto insiste però sulla cifra di 1400 persone uccise dall’attacco georgiano. Qualche informazione più obiettiva forse si potrà avere da oggi, quando la Croce Rossa internazionale finalmente entrerà nella zona, finora proibita alle Ong occidentali.
Nelle stesse ore in cui Condoleezza Rice firma l’intesa per lo scudo antimissile in Polonia, il presidente siriano, Bashar Assad, è corso a Soci, nella dacia di Dmitry Medvedev, per dare a Mosca quel sostegno di cui in queste ore sente tanto la mancanza e firmare una serie di accordi di compravendita di armi. Mosca trova nel Medio Oriente ciò che Polonia e Repubblica Ceca sono per Washington, ovvero la base per una batteria di missili russi, gli Iskander: «Non abbiamo ricevuto una richiesta in tal senso, ma in linea di principio siamo disponibili», ha detto Assad in un’intervista al Kommersant ieri. Gli Stati Uniti e Israele avevano più volte chiesto alla Russia di non vendere armi a Damasco, ma Assad ieri ha replicato che ora che «il ruolo d’Israele e dei suoi consulenti militari nella crisi georgiana è noto a tutti» (Tbilisi non ha mai nascosto di aver ricevuto forniture israeliane) queste pressioni «non dovrebbero più bloccare» i contratti. Mosca avrebbe rinunciato a vendere il sistema di difesa antiaerea S-300 e i missili balistici a breve portata Iskander. Ma ora Assad punta a un abbondante shopping di armi: il sistema missilistico Pantzyr-S1, i missili terra-aria di media gittata BUK M1, aerei Mig e altro.