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 2008  agosto 17 Domenica calendario

Il Sole-24 Ore, domenica 17 agosto Al telefono: «Questa volta, però, non si mangia, niente alcol, si smette alle 2 in punto

Il Sole-24 Ore, domenica 17 agosto Al telefono: «Questa volta, però, non si mangia, niente alcol, si smette alle 2 in punto...». Voti sùbito infranti: dapprima scappatelle, poi processioni in cucina, dove erano pronti "gli stuzzichini": pasta e fagioli, frittata di maccheroni, polpette, perfino ossi buchi. E se vai a casa di qualcuno non puoi certo presentarti senza un dolce, una bottiglia... Anecka non fingeva neanche di rispettare gli accordi: lo sbarazzava rapidamente dalle fiches e in pochi secondi il tavolo da gioco diventava tavola imbandita. Per la sua oca arrosto ripiena di mele, pingue e gustoso piatto lituano, andava matto Peppo Pontiggia; ne mangiava almeno due porzioni, dopo le quali bluffava in modo così scoperto che nessuno abboccava. Arrivavamo sempre con i sensi lievemente ottusi al rito senza fine del «colpo, colpetto, colpaccio», poi, mentre qualche anima sobria affrontava il computo di crediti e debiti, le signore svuotavano i portacenere stracolmi e per cambiare l’aria aprivano le finestre a un pestilenziale smog. Oggi (cito l’Onegin) «alcuni non son più, altri son lontani»... *** Organizzare un tavolo da poker a Milano è diventato difficile come trovare un taxi durante le settimane della moda. «Perché non giochi al computer? – ha suggerito un’amica impietosita dai miei vani tentativi ”, con il decreto Bersani è diventato legale». Sulle prime mi sono vista nei panni di un’attempata GAPpista (da Gioco d’Azzardo Patologico, non Gruppi d’Azione Partigiana) immobile per ore in un bar di periferia, ipnotizzata da una gracchiante slot-machine. Poi ho capito, ho cercato, e tra le prime cose ho scoperto che «grazie a Internet il poker è entrato in una dimensione nuova... Dimenticate le scene da film dove in stanze piene di fumo si gioca e si beve whisky con ghiaccio...». Dimenticare il dramma in bianco e nero dell’Uomo dal Braccio d’Oro, la stangata di Paul Newman e Robert Redford (con il memorabile «non potevo certo dirgli che bara meglio di me»), l’epica sfida di Cincinnati Kid? *** Il 17 aprile 2008, «visti gli articoli... i comma...», l’Aams (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) ha consentito, in via sperimentale e solo in forma di torneo, gli skill games on line: «Videogiochi che possono prevedere pagamenti e vincite in denaro... L’Erario tratterrà il 3 per cento della somma giocata a ogni partita... Gli utenti italiani potranno giocare esclusivamente con operatori autorizzati, vagliati e imbollinati da Aams». A causa, credevo, del mio virtuosissimo Mac, per una settimana ho trovato unicamente "siti inibiti" (sono 1.364), operatori non vagliati né imbollinati. Quanto ho visto mi è però bastato per decidere: non farò mai sedere il mio "avatar" – qualcosa di mezzo tra una Barbie e una maschera mortuaria – al tavolo di una "poker room" virtuale dove si gioca a Texas hold’em. Mi suggeriscono soltanto angoscianti visioni di solitudine i tornei (remunerativi, dicono, per certi genii telematici) del nuovo Medio Evo: con sconosciuti di cui non vedi il volto, con cui non puoi parlare, scambiare una battuta, ridere mentre fai il vecchio e inutile giro apotropaico della sedia quando la sorte è avversa. Nella mia fantasia questi "utenti" si confondono coi giocatori "tedeschi" – osservatori, attendisti, oculati – che aveva a sdegno Dostoevskij, eterno perdente russo. La rivelazione, infine: i leciti casinò virtuali italiani si apriranno a Ferragosto... Nuove, terribili visioni: file di persone accaldate, ancora in costume da bagno, con resti di anguria e pasta al forno nel minifrigo portatile... *** Appartengo alla generazione e alla parte d’Italia (Sud, più esattamente Puglia: nome profetico) per la quale il lato laico e profano del Natale era rappresentato dai giochi di carte. I bambini avevano il mercante in fiera; bandiva l’asta il nonno, accompagnato dal coro dei pargoli, immutabile negli anni. «La spagnola!», gridava, e noi: «...sa far così», «Venezia!»: «...la luna e tu!», «Bersagliere!»: «...con le penne nere!». In altre stanze gli adulti giocavano a poker. Giurando di mantenere il più assoluto silenzio, a sei anni estorsi il permesso di assistere ai giochi proibiti dei grandi. Contro le aspettative di tutti, restai muta, sera dopo sera, sino all’Epifania. E così l’anno successivo, poi l’altro... *** Il poker-watching dell’infanzia si rivelò proficuo ai tempi della bohème romana. D’inverno passavo quasi ogni sabato – sera, poi notte – giocando nella casa di un fortunato collega d’università che abitava da solo: uno o due tavoli, sommesso accompagnamento musicale di John Coltrane e Pharoah Sanders, molte sigarette, coca-cola, whisky eccetera. Era giorno quando andavamo a fare colazione con i primi cornetti caldi. Quasi sempre tornavo a casa vittoriosa, ricca di cinque, anche diecimila lire. Il fatto è che rifiutavo – allergica alla cannabis indica, sativa eccetera – gli spinelli che consegnavano invece più d’un compagno di gioco all’euforia nemica del poker e mia involontaria, generosa complice. Fu vero dolo? Se sì, l’edificante impiego (tasse universitarie, libri) del denaro vinto può forse scagionarmi. *** Per "legalizzarlo" (per riportare in Italia quasi 350 milioni di euro l’anno) l’Aams ha declassato il poker da gioco d’azzardo a gioco di abilità. Forse lo diventerà on line. Ma il duello tra passione e ragione? E la sfida al cieco dispotismo del caso, il vero avversario? Lo spasmo dell’attesa, il gesto cauto, lento, a scatti infinitesimali, con cui spilli le carte scoprendo l’angolo superiore sinistro di carte ancora ignote; l’arte di colpire l’avversario quando lo sai – lo immagini – più debole; il gioco di sguardi che si vorrebbero impassibili... *** Nei primi anni Settanta, quando la Raffaello era prossima al disarmo (per quel motivo, forse, i prezzi erano da saldo) mi regalai una crociera postnatalizia. Non saprei più dire dove: già la prima sera, durante la cena di gala, un distinto quarantenne in smoking propose qualche mano di poker: «Così, per fare amicizia». A mezzanotte del 31 dicembre, mentre l’orchesta intonava Il valzer delle candele (Signore, ti ringrazio per aver risparmiato alla mia gioventù i trenini, i brigitti-bardò-bardò) ero ancora incollata al tavolo verde. Non riuscirono a smuovermi un enorme cigno di ghiaccio in un laghetto di caviale, la fontanella da cui zampillava champagne, gli amici che mi invitavano sul ponte a riveder le stelle: stavo vincendo cifre altissime, inaudite. Quando riattraversammo l’equatore mi occorrevano con urgenza una doccia, quarantott’ore almeno di sonno, e soprattutto i due milioni del debito d’onore. Stupido pollo marittimo, non avevo capito che gli iniziali e invoglianti successi erano dovuti ai mazzi di carte "preparate", trucco antico quanto il mestiere di baro. *** L’amico poeta Bartolo Cattafi organizzò per me (1970, ’71?) una "partitina". Cominciai a sudare già durante le presentazioni: il notaio X, il banchiere Y, il cardiologo Z... Quanto di più abbiente viveva a Messina e dintorni era stato mobilitato per compiacere l’ospite. Si giocava "senza resti", con "rilancio illimitato" e puglia di centomila lire (all’epoca ne guadagnavo sì e no il doppio al mese). Seguii la strategia cui mi esortava l’istinto di sopravvivenza: astenermi sempre, anche con carte buone. Dopo circa due ore Signora Fortuna mi servì un poker d’assi. Sussussurrai: «Trecentomila», già vergognandomi di vincere dopo tanta impartecipe presenza. Ultimo di mano, il cardiologo (aveva cambiato due carte) rilanciò: «Più un milione»; sentendomi sempre più in colpa dissi con voce strozzata: «Vedo». Vidi una scala reale. Mentre gli altri commentavano l’evento io sorridevo come un’educata ebete. Un quarto d’ora più tardi mi allontanai dal tavolo: «Chiedo scusa, mi gira la testa, dev’essere il caldo». «Lipotimia», sentii dire, ancora stesa nel luogo dove ero stramazzata, quando ripresi i sensi. Seppi che il prof. Z non se l’era sentita di iniettarmi un cardiotonico perché non osava sollevarmi le vesti. I gentiluomini siciliani... Se mai più dovessi giocare con dei medici, li voglio norvegesi, possibilmente nudisti. Serena Vitale