Dagospia 19/8/2008, 19 agosto 2008
Lettere Dagospia, martedì 19 agosto Egregio signor Dago, le scrivo da una sedia (comodissima) all’interno di un giardino tropicale con alberi di, credo, banane tutto intorno
Lettere Dagospia, martedì 19 agosto Egregio signor Dago, le scrivo da una sedia (comodissima) all’interno di un giardino tropicale con alberi di, credo, banane tutto intorno. Proprio vicino a me una fontana modernissima di alluminio dispensa, gratis, acqua naturale refrigerata per chi avesse sete; più in là se ne scorgono altre, forse sono decine; mezz’ora fa ho fatto la doccia in una toilette arredata di pietre naturali grezze a pavimento e alle pareti; mi sono anche fatto la barba in un lavabo di vetro di design modernissimo e con rubinetti d’acciaio che sembravano baionette d’arditi schierate per l’assalto. Tutto intorno a me, in corridoi e saloni di migliaia di metri quadrati, una moquette con decorazioni che ricordano foglie di alberi tropicali ricopre, morbidissima e pulitissima, ogni angolo di questa struttura enorme, futurista, tecnologica, fatta di vetro e acciaio. Sale attrezzate per mamme e bambini ospitano ciurmaglie entusiaste di piccole pesti che giocano con specie di ologrammi che vengono proiettati sul pavimento. Il luogo è affollatissimo di persone indaffarate ma sorridenti con bagliori entusiastici che scintillano dalle loro dentature bianchissime. Parlano molte lingue e naturalmente anche l’inglese: pure il poliziotto, la signora delle docce, il barista indiano, la filippina che lava i vetri parlano inglese. Tutti sorridono, sempre, anche quando chiedi un’informazione. E ti danno ascolto. Ci sono pochi europei e li si riconosce per l’aspetto generalmente trasandato, la postura svaccata, la barba di due o tre giorni, per la leggera pinguedine che contraddistingue gli adulti e per l’oscena obesità che deturpa i corpi ormai sferici dei loro bambini. Quelli del posto, invece, sono sempre vestiti, come dire?, normali: gli uomini hanno i loro abiti e le donne portano la gonna, a tutte le età. Gli italiani li riconosco senza neppure bisogno di sentirli parlare: sembrano mozzi di vascelli olandesi del ’600 in libera uscita: pieni di tatuaggi, ricoperti di orpelli firmati del tipo di braccialetti con su scritto D&G, orecchini al naso e pezzi di ferro infilati in ogni parte del corpo: sono cafoni, sguaiati, parlano ad alta voce, dicono migliaia di parolacce e, naturalmente, bestemmiano. Sono giovani e danno l’idea di non capire neppure bene dove si trovino, ma si vede benissimo che si sentono a disagio e, per insana reazione, fanno branco. Proprio adesso, vicino a me, si è sistemato un terzetto che si è messo a bere birra e la ragazza tiene i piedi sulla sedia. Bene, egregio signor Dago, volevo solo dirle che le scrivo dall’aeroporto di Singapore, estremo Oriente di questo nostro Occidente che non c’è più, che è finito, che si perde in fasti ormai lontani, dimenticati e inutili e che non vuole sapere di riconoscere che, ormai, è finita. A Singapore c’è il mondo nuovo, quello del Futuro, quello che avrebbe potuto sognare F.T.Marinetti. C’è la Venezia Futurista fatta di ponti di vetro-acciaio che lui immaginava quando denunciava la Venezia passatista marcia e ormai disfatta. Ci sono i treni gratuiti e sopraelevati che ti portano, ogni due minuti, da un terminal all’altro. E ci sono le aree per fumatori, dove sei accolto come ogni altro passeggero e dove puoi alleviare la tensione di lunghe ore di volo fumando una sigaretta. Un’ultima cosa, egregio signor Dago: qui non c’è la "democrazia": un signore, molto preparato, dirige e decide per tutti e le sue decisioni sono apprezzate da tutti, sembrerebbe. La gente sta bene, magari non può votare per Luxuria o per Bossi o per Berlusconi o per Fassino o per Mastella ma la cosa che salta all’occhio, qui, è che la nostra democrazia finta, sgangherata, da operetta, fatta di cialtroni e per i cialtroni è destinata al ridicolo e al fallimento. Qui a Singapore, signor Dago, si respira aria di forza, di entusiasmo, di ricchezza, di giovinezza, di voglia di vivere. Si respira il Futuro della Terra e di questa nostra Umanità. PB