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 2008  agosto 19 Martedì calendario

Improvvisamente, nel 1978, l’immaginario cambia direzione. Dai figli dei fiori a un cappellone texano da petroliere

Improvvisamente, nel 1978, l’immaginario cambia direzione. Dai figli dei fiori a un cappellone texano da petroliere. Dall’era dell’Acquario alla Febbre del Sabato Sera. Forse, più semplicemente, dal fascino della libertà a quello della ricchezza. E’ la primavera 1978 e il Texas è in pieno boom economico grazie ai prezzi del petrolio alle stelle, quando arriva sugli schermi della Cbs «Dallas», poco edificante saga della famiglia Ewing guidata tra gli scogli del business e delle passioni dal perfido capofamiglia J.R., assetato di potere. Nessuno, all’epoca, immagina che il serial diventerà un successo strepitoso in tutto il mondo, tanto che a quasi 20 anni dalla fine delle riprese più di trecentomila persone ogni anno vanno in pellegrinaggio al ranch di Southfork, centro pulsante dell’azione, oggi diventato museo. Anche l’Italia, appena uscita dagli anni di piombo, è pronta ad appassionarsi alle vicende spregiudicate e scintillanti dei petrolieri da tv, accoccolarsi al bordo delle loro piscine con un cocktail in mano, scrutare la nascita dell’edonismo reaganiano dall’ultimo piano del grattacielo della Ewing Oil. Ma Raiuno, che compra la prima serie nel febbraio 1981, non si è accorta che il vento è cambiato. Manda in onda pochi episodi in seconda serata e in ordine sparso, creando una tale confusione nel pubblico da non ottenere gran risultati di ascolto. Così a settembre J.R. e i suoi vengono svenduti alla neonata Canale 5 che invece intuisce l’affare: è proprio con questo serial che legittima la sua presenza nell’immaginario televisivo italiano, identifica il suo pubblico, traccia la linea editoriale nel solco della Milano da bere Anni 80. Le vicende degli Ewing diventano un caposaldo dei consumi televisivi italiani. Il fratello cattivo J.R. (Larry Hagman) e il buono Bobby (Patrick Duffy), le loro mogli, l’alcolizzata Sue Ellen (Linda Gray) e l’angelica Pamela (Victoria Principal), il patriarca Jock, la matrona Ellie e la conturbante Lucy diventano persone di famiglia, trasferendosi con disinvoltura dal Midwest alla Brianza, e segnano per sempre la vita di molti neonati battezzati Suellen o Geiar. Quando il 16 ottobre 1984 i pretori Casalbore, Bettiol e Trifuoggi ordinano di spegnere le tv commerciali che trasmettono su scala nazionale senza autorizazzione, milioni di persone si ritrovano in piazza a urlare «cinque, cinque, cinque». Non gli importa nulla di De Mita, Craxi e della futura legge Mammì: vogliono sapere cosa succederà a Bobby e Sue Ellen. La puntata «Chi ha sparato a JR» viene seguita da 350 milioni di spettatori in 57 Paesi del mondo. Tra i fan celebri anche un insospettabile Oliver Stone, che nel film biografico «Nixon» con Anthony Hopkins protagonista, vuole proprio Hagman per interpretare il petroliere texano mandante dell’assassinio di JFK. Trent’anni dopo, i paninari di allora sono invecchiati quasi come i protagonisti della serie, ma tornano, anche se solo per una notte, nel ranch di Southfork per una festa aperta al pubblico, con biglietti che variano dai cento ai mille dollari, in vendita da fine agosto. In testa il malconcio Larry Hagman, «Per il quarantennale non so se ce la farò», e l’abbondante Charlene Tilton: «Anche se avevamo i capelli cotonati e le spalline aerospaziali, eravamo davvero forti». Intanto continua faticosamente il suo cammino il film tratto dal serial, allo studio alla XX Century Fox ma che ha già visto una girandola di registi e interpreti, forse anche chissà per quella decisione dello sceneggiatore di spostare le vicende della famiglia Ewing nel 2006. E cioè nell’America del texano - e amico di petrolieri - George W. Bush. L’unico punto fermo è John Travolta nei panni di J. R., così davvero il cerchio si chiuderebbe: quel suo ballo in completo bianco sulle note dei Bee Gees ha segnato il cambio di un’epoca non meno delllo Stetson a larga tesa di Hagman. E dire che il creatore della soap opera, David Jacobs, ha sempre affermato di avere tratto l’ispirazione da «Scene da un matrimonio». Forse pensava al titolo dell’ultimo capitolo di Ingmar Bergman: «Nel pieno della notte in una casa buia in qualche parte del mondo...» qualcuno sta certo guardando una replica di «Dallas». Raffaella Silipo