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 2008  agosto 19 Martedì calendario

Buone notizie per il pessimo giornalismo. Denunciare senza fondamento, diffamare, rovinare reputazioni e inventare balle sui propri nemici è molto efficace e, di conseguenza, anche lodevole - tanto, «in politica tutto vale»

Buone notizie per il pessimo giornalismo. Denunciare senza fondamento, diffamare, rovinare reputazioni e inventare balle sui propri nemici è molto efficace e, di conseguenza, anche lodevole - tanto, «in politica tutto vale». Questa è l’ultima frontiera polverizzata dagli Usa nel dibattito infinito sul giornalismo e nel giornalismo. La storia val la pena di essere studiata, dal momento che ha impatto addirittura sulla campagna elettorale per le presidenziali. Quattro anni fa, 2004, stesso mese, stesse condizioni, un libro azzoppò la lanciatissima corsa presidenziale dell’allora candidato democratico John Kerry. Sotto il titolo «Unfit for Command: Swift Boat Veterans Speak Out Against John Kerry» l’autore Jerome Corsi sosteneva, con testimonianze dirette (poi smentite dagli stessi intervistati), che il glorioso curriculum di guerra in Vietnam di Kerry - cioè il vantaggio maggiore che il democratico si giocava contro un Bush che invece quella guerra aveva evitato - era falso. Il libro scalò in pochi giorni la classifica dei best seller americani e vi rimase per 12 settimane, cioè fino alle elezioni. Vari mesi dopo, e varie verifiche fatte, risultò con certezza che il libro diceva il falso, ma a quel punto Kerry aveva già perso, e la verità non servì nemmeno come consolazione. Squadra (e metodo) che vince non si cambia, e quattro anni dopo, giorno più giorno meno, nuova campagna presidenziale, Corsi ci riprova con un libro contro Obama, che nel giro di una settimana, il 17 agosto, due giorni fa, è già arrivato al primo posto in classifica: in «The Obama Nation: Leftist Politics and the Cult of Personality», l’autore sostiene, tra le altre cose, che il democratico è in segreto un islamico radicale. Che Obama sia ufficialmente cattolico per Corsi è solo «un dettaglio». Quel che conta, dice il polemista scrittore - e qui è la parte innovativa del suo ragionare - è la tesi di fondo, non i dettagli con cui la si dimostra. Con Kerry ha avuto ragione: chi legge ricorda l’accusa, molto meno le smentite. L’infamia è più efficace della smentita, per la fiammante semplicità della sua stessa definizione. Nella sua vita Corsi ha agitato accuse che si ricordano ancora oggi: a lui risale il famoso pettegolezzo che Hillary sia lesbica, fu lui a dire che gli islamici in verità venerano Satana, che il Papa è un «testa di stracci» e che i preti cattolici sono tutti pederasti (si è scusato di tutto ciò, in una intervista a Politico.com, dicendo che però è solo questione di linguaggio, appunto), così come critico è stato di McCain, e di Bush, di cui ha a un certo punto sostenuto che avesse un patto segreto con Canada e Messico per «unificare i tre Paesi». Per tutto questo in passato il Professore, Phd in Scienze Politiche all’Università di Harvard, è sempre stato scarsamente considerato dai media maggiori e dalla politica «seria». Non questa volta. Il libro su Obama è uscito in una nuova collana della prestigiosa «Simon&Schuster», guidata da Mary Matalin, notissima analista e consigliere politico dei repubblicani. La stessa collana prevede ora in uscita le memorie di Karl Rove. E se Kerry, nel 2004, fece l’errore di sottovalutare l’attacco che gli veniva rivolto, decidendo che non valeva la pena nemmeno di rispondere, questa volta nessuno ha snobbato Corsi. Lo staff di Kerry ha subito chiamato quello di Obama per raccontare la propria disastrosa esperienza, e dai consigli sono uscite 42 pagine di smentite punto per punto da parte di Obama. Los Angeles Times, New York Times, Politico.com, giornale on line per insider, si sono affrettati a loro volta ad affrontare le varie accuse di Corsi. Alcune di queste accuse sono persino risibili, tanto sono false: l’esempio più importante è che Corsi sostiene che Obama era presente durante un discorso antibianchi nella sua chiesa, ma è provato che in quella data Obama era altrove. Il libro insiste anche nel sostenere che Obama ha molte connessioni con l’islamismo radicale, ma non porta prove, perché «segrete». Tutte queste accese recensioni, smentite e interviste, hanno ottenuto di rendere più famoso l’autore, e il suo metodo. «I dettagli non contano», ha detto Corsi, durante un’intervista a Larry King, con una frase già diventata celebre: «Lo scopo è far fallire Obama (’the goal is to defeat Obama”). Non lo voglio alla guida del Paese». Si era mai prima sentita rivendicazione così sfacciata della giustezza della non giustezza? Ma, in fondo, Corsi con queste parole non fa altro che un paradossale elogio del giornalismo politico. Genere che gli europei non associano mai al cosiddetto giornalismo anglo-sassone, ma che in realtà è sempre stato - con l’eccezione di un periodo molto recente, diciamo il dopoguerra - giornalismo apertamente di battaglia, e di schieramento. Stampa Articolo