Andrea Scanzi, La Stampa 15/8/2008, pagina 45, 15 agosto 2008
La Stampa, venerdì 15 agosto La villa, nella via di Ansedonia che più s’inerpica ed esalta lo scintillio dell’Argentario, è genere Insider
La Stampa, venerdì 15 agosto La villa, nella via di Ansedonia che più s’inerpica ed esalta lo scintillio dell’Argentario, è genere Insider. Piacerebbe a Michael Mann. «Per comprarla, ho dovuto vendere il 48% della mia società a Mediaset». Fuori, ciotole per cani e paesaggio da sogno. La moglie, abbronzantissima, fa una fugace comparsa. Maurizio Costanzo si siede nello studio-camera da letto, tv accesa sulle Olimpiadi, cyclette e aria condizionata che in confronto la Siberia è afosa. Il 30 settembre parte il nuovo Costanzo Show. «Quarantasei puntate, martedì e giovedì. A maggio è terminato il contratto di 15 anni con Mediaset, lo abbiamo rinnovato senza esclusiva. Mi occuperò di morti bianche, userò le webcam». Come ha inventato il talkshow? «Nel ”76. Angelo Guglielmi mi chiese un’idea per la seconda serata, c’era voglia di osare. Adesso, se dici sperimentazione o cultura, in Rai e Mediaset la mano corre alla fondina. Mia moglie ha venduto C’è posta per te in 23 Paesi, ma i format sono la rovina della tv». Cosa cerca da un ospite? «Un brandello di verità. Ad Andreotti chiesi come andava a scuola, mi rispose che al Tasso lo picchiavano: tre di quei balordi sono diventati cardinali». Che brandello cercava con la Franzoni? «Sicuramente psicotica, disse: ”Quando sono andata da mio figlio, ho pensato che gli fosse scoppiata la testa". No, la testa era scoppiata a lei. Volutamente non mi sono occupato di Garlasco e Perugia. Non sopporto il processo col criminologo, stile Vespa. Io mi sforzo di capire la persona, non fingo di sostituirmi alla magistratura». Sempre amico di Santoro? «Certo, Michele ha passione. Come Floris, cadenzato: il mio preferito. Vespa ci ha messo sette anni a raggiungere i miei ascolti. Mentana non deve trattenersi, tanto la battuta gli viene comunque. Santoro sa creare squarci assoluti di realtà, e poi accanto ha Vauro, un fenomeno». Se lo ricorda Cuffaro contro Falcone? «Cuffaro lo chiamavo ”Puffaro". Piuttosto mi duole non ricordare cosa mi disse all’orecchio Falcone. A Santoro dico: facciamo una serata al mese al Brancaccio. Niente tv, solo pubblico vero». Su quali temi? «Eh, questo Paese non reagisce più a nulla. Colpa della tv, ha impoverito tutto. Penso a Beppe Grillo. Di Pietro non mi convince, Beppe sì, ma nemmeno lui riesce a smuovere gli italiani». La rifarebbe Buona domenica? «Mi avevano chiesto di abbattere Domenica in. Era appena nato il Grande fratello, ne avevo scritto malissimo. Li chiamo: ascolti alle stelle. Poi in Rai arriva Bonolis, Maria mi consiglia di cavalcare il caso Costantino. L’ho sfruttato e ho distrutto la Rai. Ma Buona domenica non volevo più farla da tre anni. Comunque non esiste solo Travaglio». Nel senso? «Nel senso che certe denunce ho continuato a farle. La dose di infinita perfidia che ha Santoro, come invitare Sgarbi per usarlo su Grillo, è indipendente da Travaglio. Lui è bravo e intelligente, ma quelli con la verità in tasca alla lunga sono insopportabili». Ecco, ma Sgarbi era necessario? «Se non lo avessi scoperto io, sarebbe uscito da un’altra parte. In 25 anni ho avuto più di 32 mila ospiti. Chi vorrei? Il Papa». Secondo Travaglio, il suo attentato fu legato anche alla sua opposizione a Forza Italia. «La mia condanna a morte fu decisa da Totò Riina: ”Questo Costanzo ci ha rotto i c...”. Vennero una prima volta e furono richiamati per ammazzare Falcone e Borsellino. Poi i catanesi dissero: ”Ce ne occupiamo noi". Una sventagliata di mitra e addio. Poi lo fecero i corleonesi, Bagarella era fissato con le auto. Il 13 maggio ”93 non funzionò il timer, il 14 l’autista mi chiese se poteva non accompagnarmi: quei venti secondi di esitazione ci hanno salvato la vita. Mia moglie è stata sotto choc per mesi, in me ha prevalso la sindrome del miracolato». E Forza Italia? «Quando Berlusconi ci annunciò ad Arcore la sua decisione, gli dissi che non condividevo e non lo avrei mai votato, ma che non lo avrei mai tradito: è un ottimo editore. Questo, però, con l’attentato non ci entra nulla». Tessera 1819, P2. «Ancora questa storia dell’81... Sono stato il primo ad ammettere l’iscrizione. Feci un’intervista con Scalfari e Pansa. Non avevo fatto nulla di male, ma mi dimisi da tutto. Ho incontrato Licio Gelli nell’80. Gli chiesi che mestiere volesse fare, lui rispose: ”il burattinaio”. Apriti cielo...». Come si mantiene la voglia a 70 anni? «Con la radio, i film, il teatro, le canzoni. Sto scrivendo con Mario Lavezzi un cha-cha-cha per il figlio di Casadei, Guarda che fico. Alterno cose alte e cazzeggio. Purtroppo la tv oscura tutto e il cinema è cambiato: ieri ti cercava Scola, ora un Crialese fa tutto da solo. Non è un bene». Oggi chi le manca di più? «Gaber, Flaiano, Pasolini. Sono stato amico di Gassman, Mastroianni e Sordi, oggi ho Scamarcio: che me ne faccio?» Andrea Scanzi