Claudio Sabelli Fioretti, La Stampa 15/8/2008, pagina 22, 15 agosto 2008
La Stampa, venerdì 15 agosto Il mitico direttore di Cuore, l’autore di successo in televisione e in teatro, l’editorialista della Repubblica, lo scrittore di libri di successo
La Stampa, venerdì 15 agosto Il mitico direttore di Cuore, l’autore di successo in televisione e in teatro, l’editorialista della Repubblica, lo scrittore di libri di successo. Michele Serra. Anche lui è entrato qualche giorno fa nel dibattito fondamentale. Michele, togliamoci subito il pensiero: i salotti. «Oh Gesù...» Sapevo che saresti stato contento di questa domanda... «I salotti... mi fa molto ridere parlarne...» Ne hai scritto. Non ti colgo impreparato. «Esistono salotti di diversa metratura, forma e lusso». Ma tutti piuttosto ricchi. «Il salotto del delegato Fiom effettivamente non si è mai visto. Ma dei salotti altolocati so poco, non li frequento». Il salotto dell’avvocato Augusto Bianchi... Un salotto cult della sinistra milanese… «Ci sono andato una volta. C’erano centinaia di persone affastellate… Non era un salotto, era una Curva Sud. Mi ricordava un’assemblea del ”68». E i salotti romani? «Suspisio... Verusio... E se uno viene invitato da Suspisio e si sbaglia e va da Verusio?» Succede molto spesso. «E se va da Subasio?» Senti... «Vuoi sapere se c’è una fascia alta di intellettuali di sinistra che amano fare quel tipo di vita?» Se lo chiedono in molti. «Questo discorso del salotto romano inciucione mi riguarda poco. Riguarda forse Bertinotti. Capisco che possa irritare: io trovo sconveniente anche andare a Porta a Porta. Pensa da Suspasio e Verisio». Suspisio e Verusio. «Le borghesie urbane sono sempre più di sinistra. E i ceti popolari sono sempre più di destra. Ogni tanto mi chiedo se non sto frequentando troppi giornalisti, professori, urbanisti, architetti, scrittori. Avrei bisogno di frequentare idraulici». I salotti hanno spaccato Rifondazione Comunista. Hai visto la polemica fra i Ferrero e i Bertinotti? «Tanta demagogia. Però...» Però? «Però... i padri della sinistra... costumi più austeri...» Togliatti forse esagerava… «Sicuramente esagerava, però...» Però? «Non ce lo vedo Togliatti dalla Verasio...» Verusio. «O Cossutta dalla Sospesio». Suspisio. «Pappa e ciccia. Tutto molto romano. Mettiamo le gambe sotto lo stesso tavolo...» Siamo all’orrendo moralismo? «Sarebbe giusto porsi il problema della misura. Io sono stato educato da una famiglia liberale e da un partito comunista. Il risultato è che quando leggo un’intervista a Fabrizio Corona rimango sconvolto». La misura... «Il fatto che l’uomo più ricco d’Italia sia anche il capo del Paese è qualcosa di smisurato. Che lo stesso signore abbia sette ville in Sardegna è qualcosa di smodato. Io non sono un pauperista, la ricchezza mi piace. Ma se avessi i soldi per comperarmi la Ferrari non lo farei. L’idea che possano considerarmi burino me la vieta». Moralista... vogliamo sdoganare questa parola? «Se non sei immorale sei moralista. Una via di mezzo?» E coprire le tette nei quadri del Tiepolo? «Un provvedimento assurdo proprio mentre è presidente del Consiglio il più grosso spacciatore di tette dell’Occidente». La sinistra radicale è scomparsa. Hanno detto per overdose di cachemire. «La sinistra radicale perde perché nessuno crede più nella rivoluzione comunista». La sinistra radicale rappresenta anche la voglia di non arrendersi, di opporsi, di lottare, di protestare... «Vero. Ma il progetto politico qual è? Non basta essere il serbatoio della protesta e delle incazzature...» Se non si fosse spezzettata avrebbe superato il 4 per cento... «Siamo alla patologia. Fa paura il livello di odio interno dove dovrebbe esserci il massimo della coesione e della socialità». Anche all’interno del Pd non abbonda la coesione. «C’è una schizofrenia paurosa tra componente laica e componente cattolica. Finirà malissimo». Quindi Veltroni… «Veltroni ha fatto la cosa giusta in un Paese che non aveva i presupposti politici per farla. La sfiga esiste». Quale sfiga? «La sfiga di avere i vescovi. Una zavorra spaventosa». Aggravata dalla morte della Dc. «Oggi i vescovi fanno politica in prima persona. Quando penso alla Dc la ricordo come un enorme paio di mutande, non immacolate ma robuste, atte a contenere le vergogne del Paese». Che metafora schifosa. «Finita la Dc è come se il Paese si fosse tolto le mutande. Le vergogne sono in libera uscita». Criminalizzare Berlusconi non ha dato grandi risultati. «Trovo ridicolo accusare qualcuno di avere l’ossessione di Berlusconi. E’ come accusare un beduino di avere l’ossessione della sabbia. Non è colpa mia se Berlusconi è ovunque». Si diceva: questa volta governerà bene perché ha sistemato i sui affari personali... «Berlusconi governa male non perché deve sistemare i suoi affari ma perché ha una concezione della società e dello Stato sediziosa. Secondo lui le regole rompono le scatole». Il politico non rappresenta le virtù civiche ma le basse tendenze egoistiche singole... «Da Gad Lerner, a L’infedele, ho avuto un piccolo scontro con Speroni, politico leghista. Lo avevo rimproverato per la sua rudezza. Fuori onda mi disse: ”Io sono maleducato perché rappresento un elettorato maleducato. Questa è la democrazia”. Da un certo punto di vista Speroni aveva detto una cosa corretta. In questo Paese si pensa sia giusto parcheggiare in seconda fila». E quindi ci vuole qualcuno che rappresenti quelli che parcheggiano in seconda fila... «Esatto. Ma quelli che parcheggiano in seconda fila sono già al governo». «Limiti della democrazia, anche i coglioni votano». Grande titolo del tuo «Cuore». «Resto convintamente democratico, un uomo un voto...». Però... «Ogni tanto mi viene la tentazione di pensare il contrario. Forse ci vorrebbe la patente per votare. Un esamino. Chi è il Presidente della Repubblica? Quante sono le Camere?». Sei un vecchio borbottone... «Se tu ti richiami alla Costituzione, ai padri costituenti, rispetto ad un magma in vorticoso cambiamento, sei un parruccone. E precettoso. Non fare così, fai cosà. Ma noi non siamo vecchissimi. Io ricordo che la parola cambiamento, si vota per cambiare, cambiamo l’Italia, era automaticamente accostata alla sinistra, persino al Pci che era un pachiderma. Ora non la usa più. O la usa a sproposito». Che cosa ti appassiona oggi? «Le questioni della terra, dell’alimentazione, del clima. Non ne parla nessuno in questo Paese. Sono rimasto sconcertato quando Giampaolo Pansa si scandalizzò per il fatto che nell’elenco dei 45 membri del comitato promotore del Pd, aveva visto il nome di Carlin Petrini, uno considerato un ”ghiottone”. Ma Carlin Petrini è uno dei pochi leader mondiali che abbiamo in questo Paese. Organizza la più grande rassegna mondiale di contadini. Frequenta Carlo d’Inghilterra, Vandana Shiva, gira il mondo, il suo Slow Food ha 40 mila iscritti in America. L’ultimo sussulto politico che ho avuto è stato quando un idraulico mi ha spiegato che nella mia casa di campagna dovevo mettere la geotermia, un sistema per scaldare gratis la casa. Questa è la politica. Ma non ne parla nessuno. Tranne Petrini». Una volta eri del Pci... «E ho apprezzato la svolta della Bolognina. Ho preso il primo anno la tessera del Pds. Poi ho lasciato perdere. Mi irritò il fatto che preferirono Napolitano a Rodotà per la presidenza della Camera. Mi dissi: siamo quelli di prima». Solo per Rodotà? «L’idea di creare un partito di sinistra che uscisse dalla rigida tradizione del Pci era ammaliante. Però non hanno avuto la forza di farlo. Invece di aprire le porte si pensò a conservare l’ufficio, la poltrona, l’assessorato». Oggi? «Oggi mi sento un moderato di sinistra». Veltroniano? Prodiano? «Veltroniano. Credo che sia stata un’idea giusta fondare il Pd. Ma non so se lo voterò». Hai le idee confuse. «C’è una spina che non si può inghiottire. La Binetti. Non sopporto la presenza dei teodem nel Pd». E quindi? «Mi sento totalmente in libera uscita dal punto di vista del voto. Ho votato Pd per fare mucchio e per contribuire alla diga antiberlusconiana». Rifondazione comunista? «Non credo. C’è qualcosa di vagamente perverso nel rivendicare la tradizione comunista. Il comunismo è stato una tragedia storica spaventosa, non ne è spendibile la nostalgia». Qualche anno fa Marco Travaglio parlò di sinistra entrata nel palazzo con le pezze al culo e uscita rimpannucciata. «Certamente ci sono dei casi di forte miglioramento sociale. Di più non so dire» Però... «Torniamo al salotti di Gandusio...» Verusio. «L’impulso a dire: ”Bè adesso ho cambiato ragione sociale” c’è stato. La fretta di levarsi di dosso una maschera di diversità un po’ ingombrante ha portato a mosse incaute». E quando vedevi il risotto di D’Alema, il servizio fotografico al timone del veliero, le sue scarpe da un milione, l’anticipo di 300 milioni per il suo libro stampato dalla casa editrice di Berlusconi... «Effettivamente avrei preferito che D’Alema pubblicasse con un altro editore. Il discorso della diversità è molto complicato. Ma la domanda è: ”Si poteva evitare che da quello si passasse allo sbraco? Riusciamo a trovare una normale via di mezzo?”». Tipo? «Mi piace lo stile di vita normale di Veltroni, paparazzato mentre gira con l’ombrellone nella spiaggia libera». Hai detto: «Fassino che va dalla De Filippi a fare la carrambata non mi è simpatico, mi sembra solo un travestimento». «Era pesce fuor d’acqua, un ostaggio di un linguaggio non suo. Si intuiva benissimo l’operazione simpatia». Prodi avrebbe vinto al posto di Veltroni? «No. Non avrebbe vinto. Prodi è una persona perbene, ha fatto un governo di persone serie. Benissimo. Ma non si può governare un Paese dicendogli che deve farsi un gran mazzo. Qualche speranza bisogna darla». La speranza, il sogno... «Veltroni ha capito che la sinistra rischia di diventare una congrega di borbottatori scontenti e depressi. Se uno apre un negozio deve metterci della merce appetibile. Il negozio triste non funziona». Chi ti piace a destra? «Quando parla Fini dissento ma non mi offendo come quando parla Berlusconi. I post fascisti, tranne La Russa e Gasparri, mi fanno sentire meno a disagio di quelli di Forza Italia». Giuliano Ferrara ha scritto della tua «snobistica innocenza»... «Uno che fa un giornale da ottomila copie non può dare dello snob a uno che scrive su un giornale da settecentomila copie». Sei snob o no? «Ci sono aspetti della società di massa che ritengo deteriori. La cosa veramente snob e antipopolare è dare merda al popolo. Io penso che sia snob quello che a casa sua legge Proust e la sera va nel salotto della Vandusio...» Verusio… «E poi dice: mettiamo una bella telenovela di merda per le massaie che tanto non capiscono un cazzo. Io facevo lo gnocco fritto alla festa dell’Unità e so che il popolo non merita la merda». Hai detto che Cuore è morto di missione compiuta. Non di missione fallita? «Forse a vent’anni potevo illudermi che la satira potesse avere una influenza sul potere. Adesso penso che serve solo a chi la fa e a chi la legge. La satira è un vizio di minoranza». E poi... «Si può far satira su Calderoli? La satira è deformazione. Si può deformare il deforme?». Ti piacciono i giornali? «Mica tanto. Ci sono momenti in cui dico: ”Meno male che Travaglio ha scritto quell’articolo”. Ma anche momenti in cui penso che i giornali abbiano un ruolo pernicioso, che servano solo a generare ansia. Zanzare mostruose, invasioni di meduse. E’ il vero pulp». E’ sempre stato così. «Ma era l’informazione superpopolare, era Cronaca Vera. ”Violentata sei ore dallo zio su un tappeto di gran pregio”, un capolavoro assoluto. Dove capisci che il peccato e la lussuria stanno nel gran pregio del tappeto. Però anche il Corriere della Sera titola: ”Meduse assediano le coste e nessuno fa niente”." Di Rutelli hai detto: «Cerca di imporre i suoi obiettivi etico-confessionali». «Io sono contentissimo che si sia convertito. Ma non capisco perché una cosa così privata debba influire pesantemente sulla vita del Pd». Di Veltroni hai detto: «E’ ingenuo, vulnerabile e permaloso». «Permaloso molto». Per esempio? «Si è molto risentito quando ho scritto che Roma è sporca. Ma Roma è sporca. Dai tempi di Diocleziano. Un politico non deve offendersi di fronte alle critiche». Gioco della torre. Bertinotti o Cofferati? «Butto Bertinotti». Cofferati... «E’ un mistero. Cinque anni fa sembrava che avesse il Paese in mano, che riuscisse a tenere insieme l’orgoglio di appartenenza e l’innovazione contro gli apparati. Tutti eravamo lì pronti a seguirlo. E poi... un mistero». Veltroni o D’Alema? «Butto D’Alema. Ha troppo disprezzo per la società di massa. E’ un aristocratico. E’ uno convinto che le piccole avanguardie cambieranno il mondo, che lui va avanti e il popolo seguirà. Veltroni è molto più moderno. A volte è un po’ troppo marketing. Però ha capito che la politica è una faccenda di massa. D’Alema crede che la politica sia una partita a scacchi tra persone molto abili, tra intelligenze». D’Alema è molto intelligente… «Ma non ha capito che l’intelligenza non basta». Claudio Sabelli Fioretti