Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  agosto 14 Giovedì calendario

Il Sole-24 Ore, giovedì 14 agosto Davvero, sulla guerra georgiana, l’Europa s’è desta? Nel giorno in cui il rapporto Ifo annuncia che in economia la fiducia dei suoi cittadini è crollata ai minimi da quindici anni sarebbe forte la tentazione di credere che l’Unione, per una volta compatta, si riscatta e cresce almeno in politica

Il Sole-24 Ore, giovedì 14 agosto Davvero, sulla guerra georgiana, l’Europa s’è desta? Nel giorno in cui il rapporto Ifo annuncia che in economia la fiducia dei suoi cittadini è crollata ai minimi da quindici anni sarebbe forte la tentazione di credere che l’Unione, per una volta compatta, si riscatta e cresce almeno in politica. Soprattutto quando di mezzo ci sono tanto i cruciali rapporti con la Russia, il grande vicino e superfornitore di energia, quanto la sua identità di soft power, di campione universale (a Tbilisi come altrove, almeno in teoria) del rispetto di valori fondamentali come democrazia, libertà e diritti umani. La coincidenza temporale tra l’annuncio del cessate il fuoco da parte del presidente russo Dmitrij Medvedev e l’arrivo a Mosca del collega francese, Nicolas Sarkozy, attuale presidente dell’Ue, l’accordo sul piano europeo in sei punti per avviare la normalizzazione della crisi e il sostegno poi incassato anche dall’America di George Bush sono tutti fatti che possono alimentare il sogno a occhi aperti di un’Europa finalmente adulta e protagonista continentale. Peccato però che ci siano altri fatti a dire il contrario. La riunione dei ministri del Esteri europei, che ieri avrebbe dovuto avallare il piano Ue, si è limitata a «salutarlo», con una dichiarazione imbottita delle solite frasi generiche che politicamente costano poco come «la ricerca di un regolamento pacifico del conflitto in Georgia nel pieno rispetto dei principi di indipendenza, sovranità e integrità territoriale», l’invito alle parti a «un effettivo cessate il fuoco», che però apparentemente ancora non c’è, e acconsentire il passaggio degli aiuti umanitari. Infine l’auspicio di un impegno europeo «anche sul terreno» a sostegno di tutti gli sforzi di pacificazione, inclusi quelli di Onu e Osce. La Francia avrebbe voluto strappare impegni precisi ai partner sull’ultimo punto, quello qualificante. Tutto invece è stato rimandato ai primi di settembre, alla prossima ministeriale. Perché come sempre, quando si tratta con la Russia, l’Europa si spacca. Da una parte i Grandi, Germania in testa, che non intendono altre ragioni che quelle della realpolitik, prima di tutto energetica e meglio se bilaterale. Dall’altra i nuovi membri dell’Est che prima sono andati in cinque a Tbilisi per esprimere solidarietà anti-russa e poi ieri si sono schierati con la Gran Bretagna che ha condannato «l’irresponsabilità» dell’invasione, ponendo il problema dell’opportunità per l’Europa di continuare i negoziati con Mosca per un nuovo accordo di partnership. Che l’Unione debba trovare, non fosse altro per il vincolo energetico, un modus vivendi con la Russia del risorto Vladimir Putin è innegabile. però molto dubbio che da sola abbia la forza di stabilire un rapporto paritetico. La politica intimidatoria di Mosca per ora si è limitata a colpire direttamente solo gli ex satelliti entrati nella Ue, dalla Polonia all’Estonia, dalla Lituania alla Repubblica Ceca. Ma la scelta basta e avanza per dividere l’Europa indebolendola e in definitiva, spingendo i Paesi che più contano alla politica del’appeasement. La cocente umiliazione del Kosovo, la paralisi della missione Eulex che avrebbe dovuto essere il primo concreto test della nascente Europa politica sta lì a dire che ormai quasi niente si può muovere sul continente senza il placet di Mosca. Dopo la Cecenia, la Georgia che, nel migliore degli scenari, uscirà dalla guerra amputata di parte del proprio territorio. E poi? Per chi aspira tra il Caucaso e l’Asia centrale, a integrarsi nella Ue o nella Nato il messaggio di Mosca è chiarissimo. Per l’Europa dovrebbe esserlo altrettanto: impossibile illudersi di poter sostenere da sola l’onda d’urto della nuova Russia. Un dialogo alla pari può passare oggi soltanto da un costruttivo gioco di squadra con gli Stati Uniti. La Francia di Sarkozy l’ha capito, l’Italia anche. Questo nuovo realismo ai primi passi è forse l’unico dato positivo che per ora emerge dalla guerra georgiana. Adriana Cerretelli