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 2008  agosto 13 Mercoledì calendario

Il Sole-24 Ore, mercoledì 13 agosto Reggio Calabria. La vittima di un omicidio può vendicarsi sulla famiglia dell’assassino

Il Sole-24 Ore, mercoledì 13 agosto Reggio Calabria. La vittima di un omicidio può vendicarsi sulla famiglia dell’assassino. Per farlo, però, la famiglia deve riunirsi in consiglio allargato e decidere se uccidere o meno il nemico, il "fehida". A legalizzare la ritorsione in terra tedesca furono i codici germanici medioevali e mai la ’ndrina calabrese sbarcata a Duisburg per la mattanza di Ferragosto 2007 avrebbe immaginato che la faida (appunto dal tedesco "fehida") di San Luca potesse affondare le radici in una tradizione giuridica e sociale (apparentemente) così lontana e così diversa dalla propria. Un anno dopo quella strage che fece conoscere alla Germania il volto della mafia più crudele e lasciò stesi nel ristorante "Da Bruno" sei italiani, molte cose sono cambiate. Quasi tutte in peggio. La più banale è la nuova insegna che troneggia su quell’esercizio commerciale, gestita da un noto ristoratore tedesco: «La tavola d’argento». La più crudele è la recrudescenza della ’ndrangheta che allarga i suoi traffici economici, che Eurispes stima in 44 miliardi all’anno. «Quella strage - dichiara Nicola Gratteri, tra i magistrati italiani che stanno conducendo l’inchiesta - è stata possibile per la presenza di "locali" di ’ndrangheta prima, durante e dopo». Come a dire: da Duisburg la mafia calabrese le radici non le ha mai tolte. Anzi. Nonostante la collaborazione italo-tedesca nella prevenzione e nel contrasto alla mafia sia più forte di prima, la ’ndrangheta non ha paura. Opera, come sempre, nell’ombra. «Il comportamento tipico della mafia in Germania - spiega al Sole 24 Ore Jurgen Maurer, direttore del Dipartimento criminalità organizzata della Bka, la polizia federale - è produrre scarsa visibilità, cercare di non farsi notare dalle autorità di polizia, quindi mostrare un basso profilo e cercare di non farsi riconoscere come criminalità pericolosa. Con il crollo del Muro, seguendo il processo di riunificazione, la mafia si è servita di questa opportunità per stabilire le proprie attività criminali anche nella parte orientale». Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Austria, ex blocco sovietico e jugoslavo, sono state le tappe europee di una lenta ma costante penetrazione e ogni anno una nuova tessera si aggiunge al puzzle della ragnatela del potere criminale. L’ultimo Paese a entrare nella rete è il Portogallo. «In questo momento - spiega Vincenzo Macrì, sostituto procuratore nazionale antimafia - abbiamo delicate indagini in corso e di più non posso dire». Qualcosa, però, il Sole 24 Ore è in grado di scriverlo. Le cosche reggine stanno riciclando centinaia di milioni soprattutto sulla costa, in attività turistiche, commerciali ed edilizie. Una presenza diffusa e agevolata anche dalla vicinanza della Spagna, Paese, come ricorda ancora Gratteri, che «rappresenta un buco nero per la capillare presenza di calabresi e colombiani che detengono il monopolio del traffico di droga in Europa». Il Portogallo - come del resto i partner europei - non ha ancora approfondito la rete del potere criminale e l’origine di certe fortune. Comprese quelle del clan dei Casalesi, camorristi campani, che con i calabresi si spartiscono gli affari. Eppure il primo allarme fu lanciato nel ’92, allorquando a Faro, sull’Oceano atlantico, il 1° agosto venne arrestato Emilio di Giovine, detto "cannalunga", che alcuni mesi prima era evaso in modo spettacolare dai sotterranei dell’ospedale milanese Fatebenefratelli, dove era stato ricoverato. Pistole lancia scosse-elettriche alla mano, Di Giovine, boss della ’ndrangheta a Milano Nord, il 21 giugno 1991 fu liberato dai complici senza troppa fatica. A condurre nel carcere di Algarve Di Giovine (poi pentito) e otto suoi uomini furono le indagini del giudice spagnolo Baltazar Garzon (famoso più tardi per le sue inchieste su Telecinco) che aveva stroncato un massiccio traffico di droga proveniente dal Marocco. Nel 2001 il Sisde (il servizio segreto italiano) segnalò «l’internazionalizzazione delle organizzazioni criminali in grande scala in Portogallo. Mafie e triadi unite in un potenziale criminogeno molto diversificato: droga, prostituzione, gioco illecito e commercio di armi». Un salto di pochi anni e a maggio 2007, di nuovo in Lombardia, nell’ambito di un’indagine sul riciclaggio e l’infiltrazione nelle coop dell’ortomercato milanese, viene arrestato anche un affiliato al clan reggino Morabito-Bruzzaniti-Palamara, nullatenente in Italia ma con diverse proprietà in Portogallo dove era stato anche carcerato. San Luca-Lisbona, dunque. una delle (tante) nuove rotte da intercettare per contrastare la globalizzazione europea e mondiale della ’ndrangheta. «Non mi meraviglierei - spiega infatti Macrì - se ci trovassimo presto a scoprire radici calabresi anche in Grecia, che oltretutto è una porta girevole tra il mondo occidentale e quello orientale. Le cosche investono dove il Pil cresce. E in Grecia sta crescendo». In Italia, invece, mai come ora, le attenzioni degli investigatori e della magistratura si concentrano sull’asse che porta dalla Calabria a Milano dove interi quartieri a partire da Quarto Oggiaro sono in mano alle cosche e che l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, ha descritto come «la vera capitale della ’ndrangheta». Ma anche alla periferia di Milano in centri come Buccinasco, Corsico, Trezzano sul Naviglio e Cesano Boscone le cosche non conoscono freni. Proprio a Cesano Boscone, il 15 luglio è stato ucciso al tavolino di un bar il boss Carmelo Novella. «Un omicidio di quel tipo - spiega Macrì - significa due cose: controllo assoluto del territorio e prima mossa tra cosche rivali sullo scacchiere dei lavori dell’Expo 2015». Non resta che sperare nella reazione della società civile. «I sindaci di Corsico, Cesano Boscone e Trezzano sul Naviglio - afferma Macrì - hanno scritto alla Direzione nazionale antimafia chiedendo aiuto». E quello di Milano? «No comment», afferma Macrì, che fornisce la stessa risposta anche quando chiediamo se corrisponda al vero che il sindaco Letizia Moratti abbia parlato a lungo con il prefetto del capoluogo Gian Valerio Lombardi, criticando le generalizzazioni sulla mafia. San Luca-Milano-Duisburg-Lisbona. Sarà il caso che tutti aprano gli occhi perché le ’ndrine vanno dove cresce l’economia. E a Milano, in vista dell’Expo, gli investimenti saranno miliardari. Roberto Galullo roberto.galullo@ilsole24ore.com