Grazia Maria Mottola, Corriere della Sera 13/8/2008, pagina 23, 13 agosto 2008
Lecco. Eluana non dorme, ha gli occhi aperti. La tendina rossa che la separa dal corridoio si sposta, papà Beppino entra
Lecco. Eluana non dorme, ha gli occhi aperti. La tendina rossa che la separa dal corridoio si sposta, papà Beppino entra. Lo fa almeno una volta al giorno. Un bacetto. Il solito saluto, quello degli ultimi 16 anni. Che non cambia la realtà. «Bacio la figlia che ricordo, quella che si vede nelle foto». Casa di cura Lecco. Secondo piano, a destra, poi subito a sinistra. Suor Rosangela aggiusta il copriletto, glielo tira fin sopra la vita. Tapparelle abbassate, penombra. Fa caldo nella stanza, un corridoio, bagnetto, poi lo spazio per il letto, un comodino, sopra un bicchiere con qualche fiore rosso. Due orsacchiotti bianchi sulla testiera, ricordo di cugini gemelli. Foto e poster sulle pareti azzurre: mare e cavalli di un passato lontano, passioni e affetti in decine di immagini sotto vetro, che forse non guarda più nessuno. Eluana spiritosa in hula hop; sorridente al timone di una barca; tenera con le scarpe del padre; bellissima in una recita scolastica. Infanzia felice, adolescenza impetuosa. La maturità, invece, è tutta lì, quello che si vede su un letto d’ospedale. Trentasette anni, la pelle da bambina. Eluana è dimagrita. Le braccia lungo il corpo, rilassate in un pigiama bianco, leggero; il volto è adagiato sulla guancia sinistra; dal naso spunta il sondino che la nutre, quello che, se la Cassazione rigetterà il ricorso della Procura generale, cesserà di funzionare. L’ultimo appiglio a una vita apparente, «che lei non avrebbe mai scelto». Lo ripete papà Englaro, con un ritornello che suona ormai come un disco rotto: «Era un purosangue della libertà, a dieci anni mi disse "che cosa c’entri tu con la mia vita?"». Sono le 16. Eluana sta mangiando. Il «cibo» scorre da una sacca su una piantana alla destra del letto, attraversa il sondino, le riempie lo stomaco. Un pranzo che dura 12 ore: tanto ci vuole per sfamarla. E quando smette, alle 5 del mattino, arriva l’acqua. Stessa operazione, per altre 12 ore. Giornata intensa per suor Rosangela. Ora c’è da staccare il sondino «per mobilizzarla», un po’ di stretching a gambe e braccia, poi qualche colpo di mano a torace e schiena, per liberarle i bronchi; infine le gira il corpo, di fianco, prima a destra, dopo a sinistra. E ancora il sondino. In attesa della notte, dell’alba, del risveglio. Domani come sempre. Con i ritmi del convento. Alle 5 le pulizie quotidiane, alle 8 la ginnastica, alle 9 in pantaloncini e polo per la passeggiata in carrozzina. In giardino, tra i fiori. Ma non nelle ultime settimane, con le telecamere puntate dappertutto. Allora meglio un giro in corridoio, la sosta nello studio medico, mentre si fa cambiare l’aria alla cameretta. La routine di Eluana. Tra le visite di papà Beppino, e i battibecchi con Rosangela, la suora misericordina che l’accudisce. Un duello, ad armi pari. Ma dopo 14 anni insieme al secondo piano, forse, qualcosa è cambiato. «Nonostante tutto, Englaro non è un mostro. Ma dico che non si può far morire così una persona: è disumano. Io dico di aspettare, Eluana non vivrà altri 14 anni». Quel decreto, l’ha letto bene. Non condivide la decisione, ma il resto non lo mette in dubbio: «C’è scritto quello che vedo ogni giorno: in 14 anni lei non è mai cambiata. Non ho mai incrociato il suo sguardo, non mi ha mai guardata». Il 9 luglio, giorno della sentenza, ha preso un treno ed è corsa in clinica. «Credevo che sarebbe andata via subito, così le ho preparato le valigie». I suoi oggetti personali: pigiami e camicie da notte, magliette e pantaloni per la ginnastica, tute e pile quando fa freddo. Anche una felpa rosa che le dona tanto. «Troppi vestiti. Lo dico sempre a sua madre di non comprare altro». La valigia è pronta. Il conto alla rovescia è già scattato. Anche se all’hospice fiorentino sembra essere tutto congelato, qui a Lecco l’ansia è forte. Ma c’è anche la speranza che il decreto venga sospeso: «Se dovesse andare altrimenti, comunque non faremo le barricate. Sapevamo fin dall’inizio che Eluana non sarebbe rimasta qui. Lei non appartiene a noi, ma a suoi genitori». «Non appartiene a nessuno» l’ha corretta una volta Englaro. Discussioni tra le mura del-l’istituto, fuori il clamore. Che a volte arriva anche al secondo piano. Fino a pochi giorni fa, c’era ancora chi veniva a depositare bottigliette d’acqua davanti all’ingresso con manifesti contro l’eutanasia: poi suor Rosangela si è svegliata di notte e li ha strappati, la mattina ha cacciato quelli che li distribuivano: «Mi sono sentita dire che sono la suora dell’eutanasia, io ho risposto: «Ma non vi vergognate voi a manifestare qui?"». La tendina rossa si chiude. Ora Eluana deve dormire. Grazia Maria Mottola