Paolo Valentino , Corriere della Sera 13/8/2008, pagina 17, 13 agosto 2008
Washington.Tanto l’uno è comodamente trasandato, stracolmo di ninnoli, odoroso di legno e levigato dalla patina di un’antica e gloriosa storia familiare e personale
Washington.Tanto l’uno è comodamente trasandato, stracolmo di ninnoli, odoroso di legno e levigato dalla patina di un’antica e gloriosa storia familiare e personale. Quanto l’altro è ordinato, minimalista, cerebrale nell’iconografia ragionata dei padri politici. Uno è un bazar conservatore, con i ricordi del nonno e del padre ammiragli e qualche concessione al kitsch, come gli animaletti impagliati. L’altro è una disadorna galleria progressista, con uno spruzzo di cultura pop che fino a poco tempo fa includeva anche un paio di guantoni autografati da Muhammad Ali. Sono gli uffici senatoriali dei duellanti per la Casa Bianca, i piccoli universi separati dove John McCain e Barack Obama lavorano nella capitale americana. L’Associated Press li ha visitati, fotografandoli e giustapponendoli in un confronto, che in parte conferma e in parte svela aspetti inediti della personalità dei due aspiranti alla presidenza degli Stati Uniti. McCain, trasferitosi in questo ufficio nel 1995, non getta neppure uno dei tantissimi souvenir, regalati da amici e sostenitori, fossero talismani, pupazzi o il braccialetto di un soldato morto in Iraq. Obama per ragioni etiche non ne accetta nessuno o quasi, il braccialetto di un caduto lo porta al polso. Il senatore dell’Arizona celebra solo due padri nobili, il presidente Teddy Roosevelt e il campione conservatore Barry Goldwater: del primo ha una statuina impagliata, del secondo, oltre a usarne la scrivania, un mezzobusto. Il muro degli eroi di Barack comincia invece dalla foto di Abraham Lincoln e continua con quelle di Gandhi, Martin Luther King, J.F. Kennedy. Il pezzo più pregiato è l’olio su tela con il ritratto di Thurgood Marshall, leader dei diritti civili e primo giudice nero eletto alla Corte Suprema. Il caminetto di McCain è pieno di riconoscimenti e diplomi, ma il pezzo che lui preferisce è la mazza da baseball (autografata) regalatagli dall’asso dei Boston Red Sox, Teddy Williams. C’è anche il telegramma con cui Haverell Harriman, allora capo della delegazione americana ai negoziati di Parigi sul Vietnam, comunicò a Washington che «Le Duc Tho ha menzionato che Hanoi voleva liberare il figlio dell’ammiraglio McCain, ma lui ha rifiutato». Nell’immacolato ufficio di Obama, la cui unica debolezza ammessa dagli assistenti è quella di scarabocchiare ogni tanto, campeggia invece un olio di Ted Kennedy, una veduta di Cape Cod, con la dedica: «A Barack, ammiro la tua audacia. Con rispetto e affettuosi auguri». Paolo Valentino