Emma Fattorini, Il Sole-24 Ore 10/8/2008, pagina 34, 10 agosto 2008
Il Sole-24 Ore, domenica 10 agosto Perché gli eventi religiosi sono raccontati molto meglio dalla televisione che non dai giornali? Il sacro in Tv rende e vende
Il Sole-24 Ore, domenica 10 agosto Perché gli eventi religiosi sono raccontati molto meglio dalla televisione che non dai giornali? Il sacro in Tv rende e vende. Grandi ascolti, ma anche ottima qualità. Divulgazione alta. Le ragioni sono profonde e antiche: il cattolicesimo è immagine, visione, corpo. La nostra religiosità, che è di popolo, premia e si alimenta dello strumento più popolare per eccellenza: la televisione. Del resto la chiesa novecentesca non solo non ha lottato contro questo veicolo della modernità, ma ne ha capito subito l’importanza servendosene, come della radio, da Pio XI a Pio XII. Così come la Dc non si è limitata a una "semplice" gestione della Rai ma a farne nel bene come nel male un vero e proprio investimento culturale e identitario nazionale. Infine l’era aperta dalla corporeità woytjliana ha liberato i papi e gli uomini di chiesa da quella immagine distante, asettica, legnosa senza perdersi nella inessenzialità secolarizzante. Anzi riconquistando appeal nel pubblico più esigente, quello giovanile. La capacità rappresentativa della televisione non riguarda infatti solo il racconto del sentimento religioso, le piccole grandi biografie di santi e personaggi religiosi, le fiction a sfondo sacro, insomma tutti quei generi narrativi che sono assai più efficacemente comunicabili attraverso immagini, emozioni, narrazioni e sentimenti, ma anche le rappresentazioni più difficili, ostiche, relative alla storia delle istituzioni, della chiesa e dei papi. Trattate con maggiore "obiettività", meno spirito polemico, prevenuto, ideologico e schematico di quanto non avvenga sui giornali, ormai sempre più di élite, dove sono spesso ricondotti a estenuate polemiche, risse storiografiche, millantati scoop, finte discussioni volutamente estremizzate. Provate a vedere come sono stati espressi sul piccolo schermo Pio XII e Padre Pio e paragonateli alla sorte che hanno avuto le stesse figure sui giornali. Un abisso di serietà e di equilibrio e mai a scapito dell’efficacia comunicativa. Il genere più praticato, quello delle fiction, a partire dall’impresa pionieristica e ormai del tutto consolidata messa in campo da Ettore Bernabei, è quello che ha raggiunto i maggiori ascolti soprattutto con le fiction sui papi. Un modesto consiglio. Andare oltre queste piste scontate. Ci sono figure femminili non ancora conosciute dal grande pubblico sulle quali sarebbe coraggioso moralmente e culturalmente scommettere perché appassionanti e potenzialmente molto popolari, come Etty Hillesum, Edith Stein, Simone Weil, vite nelle quali destini femminili si intrecciano alla grande storia in modi e forme tragici e insieme di grande speranza. C’è poi il filone storico-documentaristico che, grazie alle produzioni della Grande storia a cura di Luigi Bizzarri, ha davvero raggiunto risultati di notevole livello. Ricordiamo la serie sui papi del Novecento, ricostruiti con equilibrio storiografico, approfondimento e contestualizzazione appropriata. Unica pecca: manca sempre al novero una puntata su Pio XI, di cui ricorre l’anno prossimo l’anniversario e sul quale è ormai a disposizione il fondo dell’archivio segreto. La puntata su Lourdes della trasmissione La Grande storia di qualche settimana fa ha superato i due milioni di ascolti. L’uso che alcune di queste trasmissioni fanno dei materiali di archivio potrebbe far impallidire non solo tanti colleghi della carta stampata, ma anche tanti storici. Oltre ai mai abbastanza apprezzati repertori dell’Istituto luce, anche uno scavo nelle cosiddette "teche Rai" ci offrirebbe fantastiche sorprese. Un primo risultato lo si può vedere nella mostra curata dallo storico Alberto Melloni sul Concilio Vaticano II, ricostruito con acume proprio a partire da questa straordinaria documentazione Rai. Una vera miniera. E, infine, un terzo filone, dopo la fiction e il documentario storico, è quello ancora giovane del talk-show sui temi della spiritualità. Ci hanno provato in giugno due autori, Simona Ercolani e Fabrizio Rondolino, che hanno messo a confronto autorevoli esponenti delle religioni più importanti con i temi ultimi: la felicità, la morte, l’anima il dolore. Tentativo coraggioso e pionieristico, nelle poche puntate andate in onda si è dimostrato un esperimento importante di cui c’è bisogno, anche se nella formula ancora da rodare. Una trasmissione sulla spiritualità fatta in Tv non è facile, una vera sfida, viene in mente la ben consolidata trasmissione radiofonica Uomini e profeti a cura della bravissima Gabriella Caramore, della quale è appena uscito un libro intenso, introspettivo, dal titolo La fatica della luce. Confini del religioso (Morcelliana). Ultimo consiglio. La sfida della Rai dovrebbe essere quella di tradurre in linguaggio televisivo una simile intensità. Una approfondimento avvincente sui temi che contano davvero, quelli della vita e della morte. Emma Fattorini