Giuseppe Videtti, la Repubblica 10/8/2008, pagina 38, 10 agosto 2008
I l cameriere si avvicina alla diva ebbra e matura con una bottiglia di champagne. Lei lo scruta, ammicca, mentre un faro di scena indugia sul giovane corpo muscoloso
I l cameriere si avvicina alla diva ebbra e matura con una bottiglia di champagne. Lei lo scruta, ammicca, mentre un faro di scena indugia sul giovane corpo muscoloso. Fa sbattere le ciglia come tergicristalli, poi gli chiede, con una voce più grottesca che sensuale: «Quanti anni hai?». «Ventuno», cinguetta lui, versando bollicine nel flûte. «Ventuno… ventuno…», ripete lei malinconica e stizzita. «Non lo sai che nessuno ha più vent´anni? Neanche mia figlia ha vent´anni. Che età ridicola! Sai che in una notte potrei ridurti come un sessantenne?». Brinda, fa le fusa come una gatta, poi si abbandona a un frenetico charleston. Al Café Carlyle, nell´hotel più esclusivo dell´Upper East Side di Manhattan, tra kilim preziosi e tavoli lussuosamente imbanditi, la diva ripete ogni sera il suo numero, come ai vecchi tempi, a Parigi, in quei frizzanti anni Cinquanta, quando Orson Welles, dopo averla vista cantare C´est si bon, la invitò al suo tavolo. «Sei la donna più eccitante del mondo», le disse brindando a champagne. Non cercò mai di baciarla, ma la volle per il ruolo di Elena di Troia nel suo leggendario Dr. Faust. Eartha Kitt ha ottantuno anni e molti ammiratori. Alla fine dello spettacolo le porgono enormi bouquet. «Un tempo arrivavano anelli e bracciali, adesso solo mazzi di fiori», protesta. Nel cuore degli anni Cinquanta, la invitarono a Istanbul, ingaggio di un mese al Caravanserai. I turchi impazzivano quando cantava nella loro lingua skü Dara. Un giorno le consegnarono in hotel una scatola. Era piena di perle e pietre e catene. Pensò fossero gioielli di scena, un omaggio dell´impresario. Si sbagliava, erano pezzi di valore che un facoltoso ammiratore le aveva fatto recapitare per attirarla nella sua alcova. Lei, terrorizzata dai racconti che aveva sentito sugli harem, restituì tutto. Fu amica di James Dean, diva di Hollywood, stella di Broadway, attrazione dei night club più esclusivi. Poi, durante un pranzo alla Casa Bianca, ospite di Lady Bird Johnson, fece l´errore di pronunciarsi contro la guerra in Vietnam - inaccettabile, tanto più da un´afroamericana - e finì ostracizzata da tutti i locali d´America. Sarebbe scivolata nel dimenticatoio, insieme a una miriade di altre starlet, se una volontà di ferro non l´avesse indotta a resistere, per poi resuscitare negli anni Ottanta. Il suo spettacolo di seduzione felina, a quest´età, è ancora uno spasso. Il mondo dello spettacolo è spietato, di più con le donne. Di più se il mestiere di seduttrice ha avuto la meglio su quello dell´attrice. Alla fine, di un Novecento zeppo di volti e nomi, sono sempre le numero uno a essere ricordate: Greta Garbo più che Mary Pickford o Janet Gaynor, Judy Garland più che Helen Morgan o Libby Holman, Marilyn Monroe più che Jayne Mansfield o Mamie van Doren, Sophia Loren più che Pier Angeli o Marisa Allasio, Barbra Streisand più che Ethel Merman o Pearl Bailey, Brigitte Bardot più che Pascal Petit o Claudine Auger, la Lollobrigida più che la Schiaffino o la Koscina. Eppure, vecchi numeri di Vogue e Harper´s Bazaar, Playboy e Penthouse, portano in copertina foto di bellezze dimenticate o di cui abbiamo perso le tracce. Qualcuna ha accettato una proposta indecente e si è sistemata, qualcun´altra ha gettato la spugna, o forse è stata scippata dall´industria del porno a San Fernando Valley. Ma in molte hanno perseverato. Dietro le prime file, in cui facevano bella mostra Mae West e Joan Crawford, Elizabeth Taylor e Natalie Wood, Lana Turner e Kim Novak, Ingrid Bergman e Deborah Kerr, c´erano migliaia di stelline: senza di loro il firmamento delle celebrità non sarebbe mai diventato una galassia. C´è un sito internet (glamourgirlsofthesilverscreen. com) che con un impegno maniacale le ha scovate quasi tutte, le starlet e i loro cacciatori, gangster, playboy e miliardari: Porfirio Rubirosa (l´editore Baldini Castoldi Dalai ha appena pubblicato la sua biografia scritta da Shawn Levy: L´ultimo playboy, 444 pagine, 18,50 euro) Howard Hughes, il principe Aly Khan, Baby Pignatari, Johnny Stompanato, Ramfis Trujillo. Cinquant´anni fa, con le belle di turno, erano il sale dei rotocalchi - altro che Billionaire. L´impero delle starlet è immenso, e non sono solo quelle del calendarietto col cordoncino di seta giallo, profumato di borotalco, che i barbieri regalavano ai clienti maggiorenni. falso che tutte sono rimaste sepolte in film di serie B senza mai finire in copertina. vero, piuttosto, che alcune sono state più trasgressive di mille Paris Hilton, hanno preso parte a grandi produzioni e hanno sedotto principi e magnati. Jennifer Lopez, oggi, sembra una dilettante di fronte al fascino melodrammatico di Lupe Velez, la «sputafuoco messicana», puro distillato di diva, che dopo aver flirtato con Gary Cooper sposò Johnny Weissmuller, più conosciuto come Tarzan. Nel 1944, ormai relegata a ruoli marginali, «indebitata fino al collo e incinta del suo ultimo amante, Harald Ramond, allestì con cura la sua ultima notte di vita», racconta Kenneth Anger in Hollywood Babilonia II, indossò l´abito più bello, accese mille candele, inghiottì settantacinque pasticche di Seconal, si distese a mani giunte sul letto. E, a trentacinque anni, con in grembo il frutto del peccato, scivolò nella notte eterna. Durante la guerra era stata una piccante pin-up, come Dusty Anderson, che sognò per tutta la carriera di far le scarpe a Rita Hayworth. Non ci riuscì, naturalmente, ma con gli uomini non sbagliò un colpo. Divorziata dal suo bel capitano di marina, strappò il potentissimo regista Jean Negulesco dalle grinfie di Veronica Lake. Bionda, bellissima, conturbante, la Lake, musa del romanzo L.A. Confidential di James Ellroy, non era altrettanto scaltra. Icona hollywoodiana degli anni Quaranta a fianco di Alan Ladd, era già in bancarotta alla fine della guerra. «Non sono un sex symbol, solo una sex zombie», diceva, consapevole di vivere in una bolla di cristallo. E per sopportare la pressione, beveva un bicchiere dietro l´altro. Anni dopo un reporter scoprì che lavorava come cameriera in un bar di Manhattan. Morì a cinquant´anni, nel 1973, sola e interdetta. Non c´è grande seduttrice che non abbia cercato di imitarla. Jayne Mansfield e Carrol Baker a Hollywood, Belinda Lee e Diana Dors a Londra. Concentrati di femminilità. Del suo irrequieto sex appeal, la Dors fece un´industria: a vent´anni aveva già una Rolls Royce. Gli uomini erano ai suoi piedi, lei era la grande dominatrice. Suo marito, l´attore Alan Lake, si sparò quattro mesi dopo la morte della diva, nel 1984. Belinda fu più sfortunata. Moglie già a diciannove anni del fotografo Cornel Lucas, viene reclutata tra le starlet inglesi da Bob Hope e invitata negli Usa. ovunque ci siano paparazzi pronti a scattare, a Cannes, Venezia, Berlino. Nel ”56 è sulla copertina di Epoca, perché l´Italia la vuole protagonista di una serie di film mitologici. Scrivono di flirt con Faruk, re d´Egitto in esilio, e Massimo Girotti, ma il suo grande amore è il principe Filippo Orsini, che il Papa minaccia di scomunica perché coniugato con una signora del suo rango, Franca Bonacossa. Belinda cerca di uccidersi con i barbiturici, Filippo si taglia le vene. Sopravvivono, si amano ancora, scandalizzano mezza Europa, poi lei lo pianta per il giornalista e documentarista Gualtiero Jacopetti (quello di Mondo cane). Il 13 marzo 1961, la diva muore in un disastroso incidente stradale mentre con Jacopetti è in viaggio da Las Vegas a Los Angeles. Le sue ceneri sono sepolte nel cimitero acattolico di Roma, accanto a Keats e Shelley. Tutti pensarono che, considerando le volte che l´avevano vista sui giornali, avesse almeno quarant´anni. Ne aveva venticinque. Anche Jayne Mansfield morì in un incidente stradale, nel 1967. Riposa sotto una lapide a forma di cuore. Sposò Mickey Hargitay, mister universo nel 1955, Ercole al cinema, Schwarzenegger d´altri tempi, e flirtò sia con Bob che con Jfk. I suoi seni, sempre generosamente esposti, fecero ingelosire la Loren, come testimonia una foto scattata da Romanoff, a Beverly Hills, mentre l´attrice italiana sbircia furente nel generoso décolleté della rivale. Anche Carrol Baker si prese una bella cotta per l´Italia, o meglio per il principe Carlo Borromeo. Il sangue blu dava alla testa: Dawn Addams, quella che definì la Pampanini «troppo grassottella per Hollywood», sposò Vittorio Massimo Principe di Roccasecca dei Volsci. Alle nozze all´Ara Coeli, primavera romana del ”54, parteciparono anche Charlie Chaplin e Oona O´Neil. Hollywood era ingorda, e quando capitava una bellezza come Virna Lisi cercava di divorarla. Garbo, Bergman e Dietrich furono le prime dive d´importazione. Dopo di loro arrivarono frotte di starlet. Ann-Margret, Anita Ekberg e May Britt (dalla Svezia), Elke Sommer (dalla Germania), Zsa Zsa ed Eva Gabor (dall´Ungheria), Miroslava e Olinka Berova (dalla Cecoslovacchia), Linda Christian (dal Messico), Linda Crystal (dall´Argentina), Rita Moreno (da Puerto Rico), Samantha Eggar e Joan Collins (dall´Inghilterra). Bella Darvi (vero nome Maya Regie) veniva dalla Polonia, come Miroslava era stata in campo di concentramento, dove i nazisti avevano ucciso suo fratello. L´aveva scoperta a Parigi la moglie del produttore e regista Darryl Zanuck, che nel 1953 le scelse il nome d´arte. Darvi non fu riconoscente, le rubò il marito (ma il mogul, infuriato, la mise alla porta quando scoprì che era lesbica). Bella di nome e di fatto, ma soprattutto intrigante, puntava sempre in alto: flirtò con Aly Khan e Jean-Pierre Aumont a Parigi, col milionario Renato Grassi a Milano. A Lana Turner soffiò il bel Marc Michel e a Odile Rodin il ricco e maturo Paul-Louis Weller. Neanche la storia con Amut, fratello dello scià di Persia, la convertì alla fedeltà. Nel 1962, alcolista e col vizio del gioco, cercò per la prima volta di togliersi la vita. Ci riuscì dopo quattro tentativi, nel ”71, lasciando aperto il rubinetto del gas. Il corpo decomposto fu ritrovato nell´appartamentino di Montecarlo una settimana dopo. Hollywood era un posto pericoloso per giovani bellezze in cerca di celebrità, a meno che non si avesse la saggezza di Virna Lisi («prima di tutto la famiglia») o le certezze di Eartha Kitt («la salute prima di tutto»). Star e starlet correvano gli stessi rischi negli anni in cui la cosa all´oro era spietata. Luciana Paluzzi, rossa incendiaria di Roma, partì per fare la Bond Girl in Thunderball, si è sposata due volte e ancora vive a Hollywood. Quando Anna Maria Pierangeli, di buona famiglia sarda, arrivò negli States aveva diciotto anni e nessun paracadute. Fu la giovane diva più corteggiata di quegli anni: Brando la portò a cena, John Barrymore Jr. prese lezioni di italiano solo per parlarle, Kirk Douglas ne era segretamente innamorato, Debbie Reynolds e Leslie Caron diventarono le sue migliori amiche, il principe Mahmoud Pahlevi la corteggiò assiduamente. La Metro le offrì un contratto di 1600 dollari al mese, una fortuna allora, e la ribattezzò Pier Angeli (le fecero anche incidere un disco, proprio come Mae West e Jayne Mansfield). Poi, come un fulmine, arriva James Dean. Sua madre disapprova - chiede aiuto a Jack Warner, che intima a Dean di non vederla più - e mette la ragazza sotto stretta sorveglianza. Un amore impossibile, ostacolato da tutti. Finisce, con la benedizione di mamma, tra le braccia di Vic Damone. Con quel matrimonio malinconico, che dura quattro anni, inizia il suo declino. Rientrata in Italia, passa da un compagno all´altro, fino alle nozze con Armando Trovajoli, che durano assai poco. Poi il tracollo: raccontano che un amante romano la sequestra in casa per due anni. Attacchi di panico, elettroshock. Torna a Los Angeles per qualche particina e lì il suo medico la trova morta: forse suicidio, forse abuso di tranquillanti. il 10 settembre 1971, il più bel sogno italiano a Hollywood dopo la Loren s´infrange a trentanove anni. Giuseppe Videtti