Vanni Cornero, La Stampa 12/8/2008, pagina 12, 12 agosto 2008
La Stampa, martedì 12 agosto A parlare di «battaglia del grano» tornano alla mente immagini del Ventennio, con aiuole dei giardini pubblici trasformate in campi di spighe e bambini che partecipano alla mietitura nei cortili delle scuole
La Stampa, martedì 12 agosto A parlare di «battaglia del grano» tornano alla mente immagini del Ventennio, con aiuole dei giardini pubblici trasformate in campi di spighe e bambini che partecipano alla mietitura nei cortili delle scuole. Fotografie di un Paese ancora rurale, che combatteva con una patetica autarchia la sua battaglia di propaganda contro le «inique sanzioni». Oggi, invece, si fa sul serio: il grano è entrato da circa un anno nella lista delle grandi commodity su cui i mercati internazionali hanno spostato il tiro dopo il disastro globale della finanza, innescato dal crac dei mutui «subprime» ad alto rischio. A questo si è aggiunto l’aumento di richiesta mondiale di cereali, avviato dalla crescita di nuovi colossi economici come Cina e India. Il tutto sovrapposto alla crisi petrolifera, con la folle impennata dei prezzi del greggio che ha portato a destinare ampie aree agricole alla coltivazione di cereali per produrre carburanti alternativi. E ora, sull’esempio di quanto successo nel settore energetico, c’è il rischio di veder nascere in Russia una «Gazprom del grano». La notizia, riportata dal Financial Times, dice che Mosca sta mettendo a punto una megasocietà di Stato per controllare almeno la metà delle esportazioni di grano. Poichè la Russia è il quinto esportatore globale di grano il timore è che, scrive il quotidiano finanziario britannico «si intenda usare l’export di cereali come arma diplomatica, nello stesso modo in cui Gazprom ha manipolato le vendite di gas naturale». Il grano come il gas? Basta ricordare i «brividi» dell’Europa occidentale, quando nell’inverno del 2005 si temette il blocco degli approvvigionamenti di metano russo a causa delle bollette non pagate dall’Ucraina, per realizzare come il paragone sia preoccupante. Infatti il Financial Times vede nei piani russi per il commercio cerealicolo anche «un nuovo segnale di come i prezzi alimentari in costante aumento stiano rimodellando le strategie nel settore agricolo».Tanto che gli Usa hanno duramente criticato il progetto russo, considerandolo «un gigantesco passo indietro verso l’era sovietica». Mosca, per ora, tace e non ha ufficializzato piani con finalità del genere, ma fonti della diplomazia e dei grandi trader agricoli occidentali ribadiscono la convinzione che l’idea dei russi sia trasformare, già entro il 2008, la loro «Agenzia per il controllo dei mercati alimentari» in una società statale di trading, che in tre anni arriverebbe a gestire tra il 40 e il 50% dell’export di cereali. Questa nuova società assumerebbe il controllo di 28 importanti siti di stoccaggio e terminal per le esportazioni, compreso quello di Novorossijsk, sul mar Nero, il più grande di tutta la Russia. Alla luce di queste indiscrezioni, trova nuovi contorni la proposta lanciata dal presidente russo Dmitri Medvedev al G8 di Hokkaido, per la convocazione di un «summit del grano» a Mosca l’anno prossimo, con l’obiettivo di discutere «politiche dei prezzi e misure di stabilizzazione». Il timore ora è che il grano diventi dunque la nuova arma in mano alle autorità russe, arma ad altissimo potenziale data la difficile congiuntura internazionale nel settore alimentare. Tant’è vero che dal dipartimento Usa per l’Agricultura sono arrivate reazioni molto allarmate: se il nuovo ente russo dovesse davvero dominare il mercato delle esportazioni sarebbe messo a rischio quello che il dipartimento di Washington definisce «il dinamico settore del commercio privato di grano». Un rapporto Usa sottolinea come si tratterebbe, di fatto, «di una nuova rinazionalizzazione, un’inversione di rotta nella storia delle privatizzazioni russe». Vanni Cornero