varie, 12 agosto 2008
NICOLI
NICOLI Aldo Nembro (Bergamo) 2 ottobre 1934. Parroco. «Quando si arriva al cospetto del Signore, non si può mentire. A maggior ragione se per tutta la vita si è stati ministri di Dio. [...] quasi al termine del suo cammino terreno, monsignor Aldo Nicoli ha deciso di confessare quel che non aveva mai detto: ”Sono stato bersaglio di un tentativo di omicidio, ma la Provvidenza ha fatto morire al mio posto colui che doveva uccidermi”. L’annuncio – choc avviene con una lettera aperta inviata a tutti i parrocchiani di Nembro, il paese in provincia di Bergamo da cui don Nicoli [...] sta per congedarsi per ragioni di età e di salute. Non entra nel dettaglio, il sacerdote, ma l’annuncio fa scalpore per altri motivi: don Nicoli è stato per anni l’amministratore di tutti i beni della diocesi di Bergamo – tanto da vedersi cucito addosso il soprannome di Marcinkus locale – che non è una diocesi qualunque: il solo valore del patrimonio immobiliare della Curia ammonta infatti a sei miliardi di euro. ”Quando ho visto quella lettera ho fatto un salto: nemmeno a me aveva mai detto nulla. Gli ho telefonato subito, lui si è fatto una risata”: Franco Morotti è stato da sempre il braccio destro di monsignor Nicoli. ”Don Aldo dei nemici se li è fatti sicuramente – commenta ora Morotti – perché in due anni lui rivoltò da cima a fondo le finanze della Diocesi; risanò debiti che già negli anni ”70 ammontavano a miliardi di lire, spazzò via tante persone che negli ambienti ecclesiastici si erano costituiti l’orticello”. Per gli amici don Nicoli è stato un inflessibile ma efficientissimo manager in clergyman; per i nemici uno spericolato finanziere dalle abitudini di vita non certo francescane (’il prete in spider”, lo hanno anche chiamato, per la sua passione per le auto sportive e addirittura per la partecipazione a un rally nel ”93). Ma nella sua lettera ai parrocchiani, don Aldo si racconta solo come un uomo colpito da una grave malattia e che ha deciso di ritirarsi a vita privata.Nelle nove pagine del messaggio don Nicoli fa un bilancio della sua vita sacerdotale, ma la parte centrale è dedicata al suo ruolo di ”finanziere di Dio”: si parla dei debiti contratti dalla Diocesi per costruire del seminario, dei ”buchi” di bilancio che andavano accumulando le attività editoriale della Chiesa bergamasca e della rapidità con cui quelle pendenze vennero sanate. ”Enti e società – scrive don Aldo – erano amministrati con criteri antiquati e occupati in gran parte da persone che approfittavano della buona fede degli amministratori”. Decine di persone vengono così allontanate. I meriti acquisiti sono tali che a monsignor Nicoli, negli anni ”80 viene proposto un incarico allo Ior, la banca del Vaticano. ”Rifiutai perché avrei dovuto rinunciare alla mia attività pastorale – ecco un altro passo della lettera – ma nel ”95 accettai di mettermi al servizio della Santa Sede come delegato pontificio della Compagnia di san Paolo”. Insomma, don Aldo continua a essere un personaggio tanto riservato quanto frequentatore delle stanze del potere. Arriva anche a scontrarsi con la Lega Nord che negli anni ”90 dilaga in provincia di Bergamo raccogliendo i consensi degli ”orfani” della Dc. A lui viene attribuita l’idea di far nascere un fronte comune di partiti – a Nembro – in grado di sbarrare la strada al Carroccio. Come dice il suo amico Morotti, i metodi decisi e pragmatici di monsignore, creano rancori. E anche qualcosa di più, come dimostra il passo cruciale della lettera: ”Ero stato avvisato che cercavano di farmi fuori attraverso un incidente. Mi avevano dato il nome di chi lo stava preparando; la Provvidenza, che mi ha sempre accompagnato, volle che fosse proprio lui a morire in quei giorni, vittima di un incidente stradale. Ci sono ancora persone che conoscono bene questa brutta avventura”. L’episodio dovrebbe risalire agli anni ”80, non ha mai dato corpo a inchieste e don Nicoli è deciso a portarsi il segreto nell’Aldilà. Sarà anche il Marcinkus di Bergamo, ma da cristiano ha già perdonato» (Claudio Del Frate, ”Corriere della Sera” 12/8/2008). «Lui stesso ricorda quel soprannome: il Marcinkus della diocesi. E l’accostamento all’arcivescovo americano che a capo dello Ior è stato grande protagonista del crac dell’Ambrosiano di Roberto Calvi, non dev’essergli stato proprio gradito. Certo, anche l’arciprete di Nembro Aldo Nicoli si è occupato di finanza per la Curia di Bergamo ed è stato ascoltato in Vaticano e nel suo istituto-forziere. E come Marcinkus è descritto così negli anni d’oro dell’ascesa all’insegna dei talenti (intellettuali e non): abbronzato e amante di sport e hobby poco adatti a un pastore di anime come lo sci e le auto veloci. Ma tutto ciò giustifica il soprannome o piuttosto siamo di fronte a un velenoso azzardo? Di nemici Nicoli nella sua carriera deve averne annoverati non pochi se ”qualcuno”, come scrive, ha perfino pensato di ”farlo fuori”. Il precedente vescovo di Bergamo, Giulio Oggioni, gli ha consegnato le chiavi della cassaforte e lo ha reso molto potente. E nei 15 anni nei quali è stato delegato episcopale per le attività economiche della Curia ha adempiuto al ”ministero pastorale” da manager, pensando a ristrutturare e a far rendere al meglio i beni, mobili e immobili, della chiesa bergamasca. Un mandato che Nicoli si è guadagnato sul campo occupandosi quand’era giovane del debito per il nuovo Seminario. Seminario di cui è stato rettore l’attuale (ma dimissionario per età) vescovo di Bergamo, Roberto Amadei, che ha ”archiviato” l’impero di Nicoli spedendolo in Val Seriana, a Nembro appunto. La fama tra Bergamo e Roma (tutta contrassegnata da understatement) il delegato episcopale se l’è conquistata occupandosi dell’’Eco di Bergamo” in difficoltà e di una delle banche più ricche della città: il Creberg. Forse quest’ultima avventura gli ha fatto scontare più di altre la pena del soprannome, perché la partecipazione della Curia è stata vincolata a un circolo di imprenditoria locale e non (Radici, Gnutti, Jannone, Pandini) e valorizzata anche grazie all’alleanza con uno degli ”scalatori” più famosi: Ernesto Preatoni, di cui Nicoli in banca è stato vicepresidente. E grazie anche al buon gioco di Preatoni l’istituto è poi passato al Crédit Lyonnais. Nel ”92 però tutto è cambiato. Amadei ha ”spedito” Nicoli a Nembro e la sua carriera in finanza si è interrotta. Per riproporsi sporadicamente. Nel ”95 il Vaticano lo ha scelto per salvare dal dissesto la Compagnia di San Paolo, case editrici, alberghi, case di riposo, palazzi a Milano e la linea aerea charter Tas. E nel ”96 è stato indicato fra i partecipanti alla cordata di Gianni Locatelli per ”Il Giorno”. Poi il suo nome è praticamente scomparso dalle cronache. Se non perché coinvolto nell’inchiesta Zichichi (per il pagamento di articoli con denaro destinato alla pubblicità). [...]» (Sergio Bocconi, ”Corriere della Sera” 12/8/2008).