Gustavo Ghidini, Corriere della Sera, 12/8/2008, 12 agosto 2008
Rapidità degli aumenti e viceversa ritardi dei ribassi rispetto alle oscillazioni internazionali del prezzo del barile: ecco il leitmotiv dell’eterno ritorno delle polemiche sul mercato italiano di benzina e gasolio
Rapidità degli aumenti e viceversa ritardi dei ribassi rispetto alle oscillazioni internazionali del prezzo del barile: ecco il leitmotiv dell’eterno ritorno delle polemiche sul mercato italiano di benzina e gasolio. Purtroppo il dibattito in corso si concentra su osservazioni di breve periodo che fan perdere di vista la sostanza del problema. Evviva, certo, se nell’ultima settimana, o nell’ultimo mese, i prezzi scendono di alcuni centesimi. Ma il dato non deve far perdere di vista il punto fondamentale: la storica, permanente rilevante differenza in peggio dei nostri prezzi industriali (al netto dell’imposizione fiscale) rispetto al resto d’Europa. Giustamente il Ministro dello Sviluppo vi insiste. Ma attenzione: il confronto va fatto non con l’Europa in genere, bensì con l’«Europa comparabile»: Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, cioè quei Paesi con analoga capacità di raffinazione ed estensione di rete distributiva. E qui, allora, i dati su base annua indicano un differenziale medio non di 4 centesimi, bensì di 5-7 centesimi al litro per la benzina, e 7-9 per il gasolio. Fra parentesi, giro ai lettori un dubbio di Enrico De Vita, l’«altro» De Vita, il giornalista consumerista: «Produciamo, in Basilicata, il 6% del fabbisogno: quel 6% viene fatto pagare al livello del mercato dei produttori o a quello, ben più alto, del mercato degli importatori?». Ma c’è di più. Le differenze di prezzo (industriale, al netto del Fisco) che le compagnie fatturano ai distributori variano di pochissimo, mediamente dai 3 ai 5 millesimi di euro per litro di benzina. Variano invece sensibilmente i prezzi al pubblico praticati dai distributori in area urbana rispetto a quelli, assai meno diversificati, offerti dai distributori autostradali. Singolare, vero? Ma vediamo che: a) i distributori urbani sono di regola piccoli operatori indipendenti, laddove quelli autostradali sono partecipati, a maggioranza, dalle compagnie petrolifere; b) alle stazioni di servizio sulle autostrade la concessionaria di «pubblico» servizio fa pagare un canone calcolato in ragione di litro di carburante venduto: non una bazzecola, tra i due e i tre centesimi per litro. Singolare modo di stimolare la concorrenza, specie se accoppiato alla ricordata sostanziale identità di prezzo praticato dalle compagnie ai distributori. Ma i difensori dello status quo strigliano i consumatori: svegliatevi, usate l’informazione, occhio a differenze di prezzo, offerte promozionali etc. Senza voler difendere i distratti, ricordo, quanto a informazione autostradale: a) l’abolizione, nel 2002, della sanzione per omissione di indicazione del prezzo alla pompa; b) l’abolizione, nello stesso anno, dell’obbligo di indicazione, da parte dei gestori delle pompe, del prezzo al pubblico «consigliato» dalle compagnie petrolifere; c) lo spegnimento dei totem autostradali che permettevano di leggere il prezzo prima di entrare nella stazione. Fu addotta una ragione nobilissima: ostacolavano la sicurezza del guidatore (evidentemente «Buon viaggio con Viacard» appanna meno i riflessi). Ora, per l’immediato, suggerirei un paio di misure senza costo: ripristinare il sistema dei cartelloni e degli avvisi – e relative sanzioni – com’era prima del 2002, e soprattutto far indicare, da ciascun distributore, il doppio prezzo: quello praticato a lui dalle compagnie, e quello da lui al consumatore. La trasparenza cammina lentamente, ma può portare lontano.