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 2008  agosto 10 Domenica calendario

DALL’INVIATO A TACHIBANA

 il grande ritorno dl «King Coal», il carbone, la fonte di energia che ha alimentato le prime Rivoluzioni Industriali. Il boom del petrolio ci riporta al carbone, che produce molti gas-serra; tuttavia negli ultimi anni la resa energetica è migliorata, e sono stati risolti i problemi delle emissioni inquinanti tradizionali come biossido di zolfo (SO2) e il ossidi di azoto (NOx). A oggi il carbone assicura il 25% del fabbisogno energetico mondiale e genera il 40% dell’elettricità. Numeri che presto aumenteranno: in Cina e India spuntano centrali a carbone come funghi, negli Usa ne stanno sorgendo 66, in Germania 10. Anche in Italia c’è grande interesse, visto che secondo l’ad di Enel, Fulvio Conti, il kilowatt da carbone costa il 20-30% in meno. E così, dopo l’inaugurazione della centrale Enel di Civitavecchia, sono almeno quattro i nuovi impianti studiati, quasi sempre sulle vecchie e inquinanti centrali a olio combustibile. L’Enel punta su Porto Tolle (Veneto) e Rossano Calabro, Sorgenia su Vado Ligure, gli svizzeri di Raetia Energie su Gioia Tauro. Solo per Porto Tolle però ci sono le autorizzazioni, mentre la Regione Calabria per ora ha vietato del tutto il carbone.
Spiega Luigi Paganetto, presidente dell’Enea, «di fronte alla forte domanda di energia non c’è dubbio che la risorsa più disponibile e meglio distribuita nel mondo sia il carbone». Le riserve sarebbero sufficienti per 133 anni, eppure anche il prezzo del «King Coal» è esploso. Sulla piazza dell’australiana Newcastle in un anno il carbone per uso «termico» è passata da 66 a 172,10 dollari, con un aumento dell’81%. Secondo gli analisti è «colpa» di Cina e India, che da esportatori si stanno trasformando in grandi importatori. Ancora, l’offerta - 6 miliardi di tonnellate nel 2007 - è piuttosto rigida. C’è poi il problema delle emissioni di CO2. Per Paganetto, l’unica soluzione qui è il carbon «Capture and storage» (CCS) ovvero la «cattura» e l’immagazzinamento (sotto terra e in forme sicure) del CO2. Greenpeace definisce «una truffa» il «carbone pulito», sostenendo che è una tecnologia costosa e tecnicamente lontanissima. Più possibilista Maria Grazia Midulla, del Wwf Italia: « una tecnologia ancora sperimentale, che va testata. Il vero problema è che il carbone produce una quantità straordinaria di CO2». «Difficile immaginare la rinuncia al carbone in tempi brevi - è l’analisi del presidente dell’Enea Paganetto - per il Ccs non ci sono problemi tecnologici, soltanto di costi e di sperimentazione, serviranno 15-20 anni. Costa? Beh, se non vogliamo le emissioni, dobbiamo pagare». /

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