Sergio Bocconi, Corriere della Sera 10/8/2008, 10 agosto 2008
MILANO
Il passaggio di generazione nelle imprese è spesso difficile. Ma in questo caso potrebbe sembrare una «mission impossible»: il padre è Ennio Doris, fondatore di Mediolanum, spesso definita una
one-man-company da quanto è forte l’impronta del «numero uno»; il figlio è Massimo, 40 anni, nominato pochi giorni fa amministratore delegato e direttore generale di Banca Mediolanum, quindi numero due del gruppo. Il «ragazzo» tuttavia appare tranquillo: «Sarà una missione impegnativa. Ma sa, ho fatto la gavetta in tutti gli angoli del gruppo. E ho imparato una cosa: a non chiedermi se sarò all’altezza di mio padre, ma dell’azienda ». Frase di circostanza?
Forse un po’.
Probabilmente il giovane Doris non ha scelta: «Siamo diversi e non potrò mai imitarlo. Sarebbe un disastro: mi vede "trascinare" la rete di vendita come fa lui nelle convention? Ma no, io sono tranquillo e riflessivo...»
Si, ma chi comanda adesso?
«Che domanda: lui».
E lei?
«Mio padre fa le strategie, io il business».
C’è però una piccola o grande rivoluzione che vorrebbe fare nel gruppo?
«No. Mediolanum, con il modello di family banker, è la mia passione. Ci credo e non intendo cambiare nulla. Dobbiamo "solo" crescere. Soprattutto all’estero».
Dove?
«Siamo in Spagna e Germania. Guardiamo a Francia o Polonia, ma non prima del 2010».
Non cambieranno nemmeno le alleanze?
«Intende dire con Silvio Berlusconi? Proprio no. Quando, nell’82, mio padre aveva l’idea ma gli occorrevano partner ed esperienza, Berlusconi gli ha dato carta bianca. E non ha mai voluto metter bocca. In compenso mio padre ha presentato il primo bilancio già in utile. Le pare che un’alleanza così possa interrompersi? E poi c’è una sincera amicizia».
Anche fra lei e i figli di Berlusconi?
«Siamo in ottimi rapporti. Le nostre vite sono però diverse e finora abbiamo avuto poche occasioni per frequentarci ».
In Mediolanum voi comunque siete cresciuti al 41%, mentre Fininvest è rimasta al 35-36%.
«Mio padre ritiene l’azienda molto sottovalutata e ha investito. Si deve fermare perché ormai il flottante è un po’ scarso ».
E l’alleanza con Mediobanca?
«La comune società Esperia va benissimo. Noi abbiamo appena aumentato la presenza nel patto di sindacato. Non vedo ragione di cambiare le cose ».
Lei potrebbe entrare nel board di Piazzetta Cuccia, lasciando suo padre nel patto?
«No. Di Mediobanca continuerà a occuparsi lui».
Ma come valuta l’ingresso nel retail di Mediobanca?
«Che banca! è un buon progetto. Ma continuo a preferire il modello del family banker:
una ricerca europea ha dimostrato che per la clientela sono più importanti le relazioni con la banca che tassi e costi».
Sarà comunque un vostro concorrente.
«Beh, lo sarà di diversi soci di Mediobanca. E poi di concorrenti
ne abbiamo già almeno 700. Uno in più...».
E cosa pensa del cambio di governance in Piazzetta Cuccia?
«Il modello dualistico non l’ho mai capito fino in fondo: i grandi azionisti si trovano di fronte a scelte già fatte».
Beh, se sono in conflitto di interessi...
«Chi ha investito molto in un’azienda vuole partecipare al consiglio e non essere escluso dalle scelte strategiche».
Di lei si conosce il curriculum: banche d’affari a Londra, la trafila nel gruppo, promotore, impiegato, dirigente, amministratore delegato in Spagna. Ma poco si sa del resto.
«Non c’è nulla di "sexy" da sapere. Sposato con due figli. Hobby, lo sport: sci e bici, mountain bike e da corsa».
Ha il braccialetto di Lance Armstrong, vedo.
«Sì, stimo l’uomo e lo sportivo: sette Tour de France! Le sue vicende e il suo libro mi hanno commosso».
Veniamo alla politica. Leader preferito?
«Ovvio: Berlusconi».
Ministro più apprezzato?
«Ci devo pensare».
E dell’opposizione, chi non butterebbe dalla torre?
«Massimo D’Alema, Walter Veltroni e stimo Fausto Bertinotti: fa proposte, non si limita a dire no».
Chi butterebbe invece?
«Non faccio nomi».
Quando ascolta musica, cosa sceglie?
«Il rock. Mi ha entusiasmato il concerto di Robbie Williams, sull’Ipod ho di tutto: da Acdc a Doors, passando per gli U2».
Veste a Londra o in Italia?
«Mi piace lo stile Dolce & Gabbana».
L’imprenditore preferito?
«Beh, mio padre».
Suvvia, nessun difetto?
«Ha una personalità così forte che gli è difficile trovare interlocutori critici. E le critiche fanno bene a tutti».
Altri imprenditori?
«I Benetton, hanno costruito un business e saputo diversificare. E Nerio Alessandri, l’inventore della Technogym: idea geniale».
Domanda da un milione di dollari (o quasi). Entrerebbe in Alitalia?
«No. Ecco, questa è una mission impossible».
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Mio padre fa le strategie, io il business. E non cambieranno le alleanze: Fininvest terrà la sua quota
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La governance di Mediobanca? Il modello dualistico non l’ho mai capito: chi investe molto in un’azienda vuole stare in consiglio Sergio Bocconi