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 2008  agosto 09 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 11 AGOSTO 2008

L’Ossezia del Sud è una piccola regione montuosa del Caucaso. Grande più o meno come la provincia di Viterbo, i suoi confini non sono mai stati realmente tracciati [1] Meno di 100mila abitanti, il 29% sono georgiani, il 66% osseti. [2] Maurizio Stefanini: «Unica etnia iranica di religione cristiana ortodossa, gli osseti sono gli ultimi e unici discendenti degli sciti e sarmati dell’antichità: grandi nemici di Roma e inventori di quell’armatura catafratta all’origine della cavalleria medievale. All’inizio del 19esimo secolo l’Ossezia è stata annessa all’Impero russo». [3]

Nel 1920 ci fu una prima secessione, con gli osseti pro-bolscevichi combattuti dai georgiani pro-menscevichi. [1] Stefanini: «A partire dal 1922 poi l’allora Unione sovietica ha rafforzato il confine montagnoso che divideva la comunità osseta tra Russia e Georgia. L’Ossezia del Sud diventava una regione autonoma all’interno della da poco normalizzata Georgia sovietica. Nel 1942-43, quando l’esercito sovietico riuscì a bloccare un’avanzata dell’esercito tedesco nel nord dell’Ossezia, sostenuta da combattenti locali, i dirigenti sovietici fecero rivivere l’ideologia nazionale osseta dichiarando questa comunità ”eroica”». [3]

La tensione cominciò a farsi sentire nel 1989, quando il Fronte Popolare dell’Ossezia del Sud e il Soviet Supremo chiesero l’unificazione con l’Ossezia del Nord. Fiammetta Cucurnia: «Per i georgiani, l’uscita dell’Ossezia (come dell’Abkhazia) dal loro territorio era una soluzione del tutto improponibile. Perché, al di là delle recriminazioni, delle tesi, delle accuse provenienti dall’una e dall’altra parte, la situazione laggiù è davvero complicatissima. Gli osseti, infatti, sono praticamente circondati ovunque dai villaggi georgiani, a parte una striscia di terra sulle vette delle montagne che permette di varcare il crinale caucasico per approdare nell’altra repubblica osseta, quella del Nord». [4]

Con la promessa di riportare a casa gli osseti e gli abkhazi, nel maggio del 1991 Zvjad Gamsakhurdia fu eletto presidente della Georgia. Cucurnia: «Nel novembre dello stesso anno, L’Ossezia del Sud si dichiarò indipendente. Si diede un governo, un presidente, proprie strutture statuali. Un modo per mettere le mani avanti, aprire la strada alla separazione dalla Georgia. E fu subito guerra, la prima guerra d’Ossezia, i primi morti, tanti, giovani. Si cominciò a parlare di pulizia etnica. Ma durò poco, perché nemmeno un anno dopo, nel gennaio del 1992, un colpo di Stato costrinse Gamsakhurdia ad andarsene». [4] Sostenuta da Mosca, l’Ossezia del Sud conquistò così un’indipendenza di fatto mantenuta anche dopo la fine degli scontri armati del 1992 e la tregua formale del 1995. [3]

Nel 2004 la cosidetta Rivoluzione delle Rose portò al potere in Georgia Mikhail Saakashvili, che subito mostrò stretti legami con gli Usa e l’impegno per il recupero della sovranità nazionale. [3] Rolla Scolari: «Saakashvili è occidentale per formazione. Dopo la laurea in Ucraina, studia negli Stati Uniti e Francia. Poi, tornato in patria, nel 2000 è ministro della Giustizia di Shevardnadze. Nel 2002 le dimissioni, motivate dalla corruzione della politica e la creazione del suo partito a capo del quale, nel 2003, riesce a intercettare il malcontento popolare. Quando s’inizia a parlare di brogli, lui diventa icona delle proteste». [5]

La Casa Bianca assegna ancora oggi un’importanza fondamentale alla svolta georgiana che aprì la strada ad altre rivoluzioni nell’area (in Ucraina nel 2004, in Kyrgyzstan nel 2005). Scolari: «Saakhasvili è stato rieletto a gennaio, dopo aver dato le dimissioni a novembre 2007 in seguito a manifestazioni popolari contro il suo governo. Se i suoi sostenitori, Washington in testa, plaudono ai progressi nel Paese, i detrattori raccontano un Presidente corrotto che ha più di una volta usato contro i manifestanti gli stessi metodi da lui combattuti». [5]

L’Ossezia del Sud è amministrata da un governo, non riconosciuto da nessuno Stato, il cui presidente è Eduard Kokoity. [1] Andrea Colombo: «Un politico con un passato da militare e da campione di wrestling, con sospette connivenze mafiose. Da quando è stato eletto nel 2001, il suo scopo è stato quello di riunire la repubblica con l’Ossezia settentrionale». [6] Dal ”92 la pace è difesa da un contingente di militari russi e georgiani, con un mandato di caschi blu dell’Onu. [1] Dal 2007 sono ripresi gli scontri, via via sempre più gravi. [3]

Per mesi ci sono stati scambi di colpi lungo il confine, venerdì il conflitto è scoppiato clamorosamente. [7] I separatisti dicono di aver subito 1.400 vittime. Dmitrij Medoev, rappresentante in Russia dell’Ossezia del Sud: «A Tskhinvali abitano 35mila persone. Per noi 1500 morti sono una cifra enorme». [4] Paolo Garimberti: «Nessuno sa, in questa guerra opaca tra bugiardi, chi ha cominciato gli scontri». [2] I più danno la colpa agli osseti. Carlo Jean: «Preoccupati dei negoziati in corso fra la Georgia e la Russia e della possibilità che Mosca li ”vendesse” in cambio dell’impegno da parte di Tbilisi di ritirare la propria candidatura alla Nato, essi avrebbero attaccato la Georgia per provocarne la reazione e legittimare un intervento russo a loro favore». [8]

Secondo un’altra ipotesi, gli osseti sarebbero stati indotti ad attaccare dalla Russia. Jean: «Medvedev e Putin avrebbero deciso di risolvere una volta per tutte la questione georgiana, mettendo in crisi il regime filo-occidentale di Tbilisi o, addirittura, occupando punti strategici in Georgia». [8] Pietro Del Re: «Dietro la ripresa di questo annoso conflitto caucasico si nasconde un conflitto diplomatico-strategico che oppone Russia e Stati Uniti. Dal 2004, dopo la ”rivoluzione delle rose” che rovesciò il presidente Eduard Shevardnadze e soprattutto dopo l’elezione di Saakashvili, la Georgia ha cominciato ad avvicinarsi alla Nato lanciando un massiccio piano di riarmo». [9]

Mosca ha cercato con ogni mezzo di bloccare questa ”deriva filo-occidentale”. Del Re: «Ha introdotto un regime di visti tra i due paesi, interrotto i voli, chiuso i rubinetti del petrolio e del gas, posto un embargo sull’importazione di vini georgiani e sulla celeberrima acqua minerale Borzhomi. Tutte misure che hanno avuto un effetto contrario a quello sperato, riaccendendo con maggior vigore il nazionalismo georgiano che, a sua volta, ha riattizzato le tensioni con gli osseti». [9] Luca Pagni: «Si scrive Georgia, ma si legge nuovo corridoio energetico per l’Europa. La piccola repubblica caucasica è diventata la via alternativa con cui il greggio - e un domani il metano - arrivano in Europa dai ricchi giacimenti asiatici. Alternativa soprattutto nei confronti delle infrastrutture russe e destinata a sottrarre a Mosca ricchi contratti con Eurolandia, con il relativo peso geopolitico». [10]

Nel 1993 la società petrolifera statunitense Chevron acquistò il 50% del giacimento petrolifero di Tenguiz, nel Kazakistan occidentale. Roberto Livi: «Un anno dopo, il presidente dell’Azerbaijan firma il ”contratto del secolo” con società straniere per lo sfruttamento del giacimento Azeri-Chirag-Guneshli. Il Cremlino è furibondo, con forti pressioni riesce a far partecipare la compagnia russa Lukoil (ma solo al 10% del consorzio). Per completare i giochi, però, bisogna trasportare greggio e gas senza passare dal territorio russo. Nel luglio del 2006 viene inaugurata in pompa magna la pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc)». [11]

La ”Via della seta del 21° secolo” attraversa tre Paesi, Azerbaijan, Georgia e Turchia. Livi: «Il progetto vede riunite in consorzio alcune tra le più grandi compagnie petrolifere mondiali (compresa l’Eni) guidate dalla British Petroleum. Il gas invece fluisce attraverso il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum (Bte). Questa sorta di jugulare energetica funziona e produce i primi effetti che innervosiscono- o peggio- il Cremlino. Non solo diminuisce la dipendenza dell’Ue dal gas russo, ma la quantità di metano che la Georgia riceve come royalty (più quella che le è ceduta a prezzi scontati dalla Turchia) fa sì che Tbilisi non sia costretta a subire il tallone russo in campo energetico». [11]

Secondo Steve Levine, giornalista e autore di saggi sul Caucaso, l’oleodotto Btc e il gasdotto Bte «rappresentano senza dubbio la più grande vittoria americana in politica internazionale negli ultimi quindici anni». [12] L’Europa gioca al solito a fare il Ponzio Pilato. [2] Marshall Goldman, tra i maggiori cremlinologi degli Stati Uniti: «L’Italia riceve il 30% del gas dalla Russia e la Germania il 40%. La prospettiva di un taglio delle forniture è un ottima leva diplomatica con l’Europa». Quanto ha influito l’indipendenza del Kosovo sulla regione? «Molto. Mosca si è dimostrata impotente nel difendere la Serbia e usa il sostegno dell’Occidente al Kosovo per tutelare militarmente l’autonomia dell’Ossezia del Sud». [13]

La crisi potrebbe svilupparsi in varie direzioni. Il professor Andrei Riabov della Fondazione Carnegie di Mosca fa tre ipotesi, cominciando da quella che ritiene più probabile: «I russi mostrano i muscoli ma ristabiliscono rapidamente lo status quo, per poi riaprire il negoziato da posizioni di forza. La seconda: Mosca non si accontenta, e per rispondere alle continue ”provocazioni” di Tbilisi sferra nuovi attacchi in territorio sud-osseto. La terza: la situazione viene complicata da eventi imprevisti, come l’uccisione da parte di gruppi ribelli di cittadini russi. In questo caso, il Cremlino potrebbe decidere di drammatizzare ulteriormente la crisi spingendosi fino a Tbilisi». [14]

Una generazione di ragazzi osseti è cresciuta in guerra con la Georgia. Giulietto Chiesa: «Nei cortili delle scuole di Tzkhinvali ci sono tanti cimiteri, con le lapidi scolpite dei nomi degli studenti morti in questi anni di guerra. Resterà, per la storia, la vergogna per chi ha permesso questo scempio. Sempre che le cose non si mettano al peggio. Che è l’ipotesi più probabile». [15] Secondo Edward Luttwak, teorico americano di Politica internazionale, il fatto che nessun Paese Nato si sognerebbe di mandare soldati in Georgia impedirà una escalation. Per lo stesso motivo, Tbilisi non entrerà nell’alleanza atlantica.:«Un paese che entra formalmente nella Nato ha la garanzia di una protezione militare, in caso di violazione del territorio. La Georgia è indifendibile, perché nessuno stato membro della Nato sarebbe disposto ad entrare in conflitto con la Russia. Il progetto di annessione è debole e destinato a fallire». [16]