Varie, 8 agosto 2008
OSSEZIA PER GIORGIO
L’Ossezia meridionale (3.900 km² - 95.000 abitanti) è una striscia filorussa che si è autoproclamata indipendente dalla Georgia. L’Ossezia del nord (8.000 km², 710.275) fa parte della Russia • La settimana scorsa gli osseti hanno accusato i soldati di Tbilisi di aver ucciso sei persone e di preparare un intervento militare su ampia scala, gli scontri armati più pesanti sono cominciati per un’offensiva dei militari georgiani secondo i sudosseti, dopo un attacco dei secessionisti contro villaggi georgiani secondo Tbilisi. In Ossezia del sud da giorni corre voce che migliaia di volontari russi e di cosacchi sono pronti ad arruolarsi nelle loro file per combattere il nemico georgiano • Per la Georgia, che vorrebbe entrare nella Nato, il nodo dello status delle sue regioni secessioniste, l’Abkhazia (8.600 km², 216.000 abitanti) e l’Ossezia del Sud, è un grosso problema, ancora più serio da quando il Kosovo ha ottenuto il riconoscimento internazionale • Ossezia del Sud e Abkhazia erano autonome, all’interno della Georgia, quando ancora esisteva l’Urss. «Allora non si badava troppo ai confini: erano tutti sovietici ed era Mosca che comandava. Ma, finita l’Urss, le tensioni tra ex ”fratelli” sono diventate vitali. Tanto che si è cominciato a morirne, lungo le quasi invisibili demarcazioni che anche il sistema sovietico era stato costretto a segnare sulle carte. La Georgia, poi è stato il campo più minato dagli odi. Anche perché il primo presidente democraticamente eletto dai georgiani, tale Zviad Ghamsakhurdia, si mise in testa che tutte le autonomie andavano abolite e che la Georgia democratica sarebbe stata dei georgiani, e basta. Gli altri, osseti, abkhazi, mingreli, dovevano adattarsi. E siccome non lo fecero, mandò le truppe a massacrarli, mentre quelli proclamavano le loro sovranità. Solo che, con l’aiuto della provvidenza, e dei russi, abkhazi e osseti, la sovranità se la presero con le armi. Correvano i primi anni ”90. Al potere a Mosca c’era Boris Eltsin, uno dei principali responsabili del disastro. Lasciò fare, anzi ci mise del suo cominciando la guerra con la Cecenia di Dudaev, e anche lui fu sconfitto. Ma la Russia non era Eltsin. Venne Putin, che alle sfere d’influenza ci teneva e ci tiene. Shevardnadze, tornato a Tbilisi come salvatore della patria, si alleò con Washington. E Mosca tenne in caldo le caldarroste dell’ex Georgia, appunto Sukhumi e Tkhinvali. La differenza la fecero i dollari. Washington si è comprata la Georgia, con 5 milioni di dollari l’anno, all’inizio. Spiccioli. Gli oligarchi di Mosca non avevano niente da dare agli amici della Russia, dovendo mandare i loro denari nelle banche svizzere e negli offshore. Ma avevano armi, e un esercito allo sbando ma numeroso. Quello diedero e bastò, perché si sommava alla paura che abkhazi e osseti avevano di tornare sotto il giogo del Ghamsakhurdia di turno. Poi arrivò l’avvocato ”americano” Saakashvili, anche lui con la promessa di riunificare le terre perdute dalla Georgia. E siamo alle ”rose” del 2003. Da allora è scaramuccia continua. Saakashvili è convinto che, se si entra nella Nato - nel 2009, promette - la Russia dovrà lasciare al loro destino l’Ossetia del Sud e l’Abkhazia. L’Europa - impegnata con una forza d’interposizione, insieme alla Russia - non si vede quale interesse abbia a sostenere la Georgia nella Nato. Che, tra l’altro, metterebbe le truppe russe a contatto diretto con quelle della Nato anche a sud, dopo l’identica situazione a nord, sul Baltico. Mettersi in casa ospiti così bellicosi significa farsi trascinare nelle loro liti. [...]» (Giulietto Chiesa, La Stampa 8/8/2007) • Il 5 marzo 2008 il primo effetto dell’indipendenza del Kosovo fu l’autoproclamazione della repubblica dell’Ossezia del sud, il cui parlamento chiese con un appello all’Onu il riconoscimento della propria indipendenza. Irina Gagloieva, portavoce della repubblica secessionista: «Con il precedente del Kosovo è uscita una prova nuova e convincente del fatto che i conflitti regionali possono essere risolti non solo partendo dal principio della integrità territoriale degli stati» • «[...] gli osseti sono pressoché circondati da tutti i lati dalla Georgia, salvo un’esile striscia montagnosa che consente di attraversare il crinale del Caucaso per raggiungere, tra altissime vette, i fratelli Ossezia del Nord, repubblica autonoma in territorio russo. Ma, a loro volta, i 116 villaggi osseti di fatto circondano una ventina di villaggi georgiani. Le linee di comunicazione, pattugliate e monitorate dalle forze quadripartite ((Russia, Georgia, Ossezia e Osce), sono quanto di più precario si possa immaginare, luogo di ogni possibile provocazione. Difficile, anzi impossibile assegnare responsabilità all’una o all’altra parte. Meno che mai fidarsi delle rispettive ricostruzioni dei fatti. Ma bisogna chiedersi come mai tutto sta avvenendo proprio adesso [...] Sullo sfondo c’è, sebbene apparentemente lontano, il Kosovo, la cui indipendenza è stata duramente respinta dalla Russia di Vladimir Putin. Perché il Kosovo può secedere dalla Serbia tra gli applausi - diceva qualche mese fa il rappresentante diplomatico a Mosca, Dmitry Medoev - mentre noi non possiamo secedere dalla Georgia, sebbene la maggioranza assoluta della nostra gente voglia proprio questo? Stesso ragionamento degli abkhazi, e del Cremlino, anche se quest’ultimo non ha mai sposato ufficialmente e completamente la causa dell’indipendenza piena. Per ragioni diplomatiche. Cioè per tenere le due questioni (insieme a quella della Transdnistria, in Moldova, e del Nagorno-Karabakh conteso tra Baku e Erevan), come carte da giocare in un negoziato più ampio. Ma, con il Kosovo che se ne va dalla Serbia, con le relazioni Russia-Europa al più basso livello da anni, per non parlare di quelle con gli Usa, la via del compromesso si allontana. Il tempo passa e quasi tutti i cittadini dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia hanno ormai il passaporto russo in tasca. Tbilisi s’infuria perché vede sfumare ogni possibilità di far tornare quelle terre sotto la sua sovranità. Chiede l’aiuto dell’Ue, che non verrà perché Bruxelles sa che vedrebbe peggiorare i rapporti con Mosca. Così il presidente georgiano Mikhail Saakashvili strattona Europa e Washington, chiede l’ingresso nella Nato. Che sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso a Mosca. E a nord del Caucaso non c’è solo l’Ossezia del Nord, fedele a Mosca: ci sono repubbliche in fermento, ancora sanguinanti per la guerra cecena, che cova sotto la cenere. Mosca tutto vuole salvo un incendio da quelle parti, che i servizi segreti potrebbero far esplodere senza troppi problemi, in Inguscezia, Daghestan, Kabardino-Balkaria. Il Caucaso non ha vulcani attivi, ma quello che matura a sud della catena montuosa potrebbe rivelarsi assai più pericoloso che un’eruzione» (Giulietto Chiesa, La Stampa 5/7/2008) • Il presidente georgiano Saakashvili ha chiesto ai separatisti abkhazi e osseti di ritornare all’interno della Georgia offrendo ampia autonomia e una vice presidenza. Dalle due capitali, Sukhumi e Tskhinvali, la risposta è stata gelida: «Impossibile. Siamo stati già parte della Georgia e la nostra gente è stata sottoposta a un vero e proprio tentativo di genocidio». La riunificazione sembra assai problematica. Ma altre soluzioni, visto che la Georgia non vuole rinunciare alla sua integrità territoriale, sono egualmente difficili.