Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 8/8/2008, 8 agosto 2008
MILANO
Come sindaco rivendica il primato temporale nell’essersi appuntato al petto la stella «verde» di sceriffo: «Sono stato il primo in Italia ad aver scelto la linea dura». Come primus inter pares
invita gli altri «sceriffini» a guardare a Treviso, la città che governa dal ’94 (prima come sindaco, ora come pro-sindaco): «Si stanno copiando le cose che predico da 15 anni. Guardate me e saprete cosa fare». Quindi, in qualità di «grande vecchio della Lega», si rivolge al «suo» governo e affonda: «Non le maxi- multe ma le case chiuse potranno dare una risposta reale concreta definitiva al problema della prostituzione. L’ho detto e l’ho scritto».
Scusi, sindaco Gentilini, a chi l’ha scritto?
«Ai miei al governo: Bossi, Maroni, Zaia. Poi a Sacconi. Quindi al mio sindaco, al prefetto. E al vescovo di Treviso. Perché lui è pastore d’anime come io lo sono di corpi».
E ha inviato la lettera anche a Napolitano, mi risulta.
«Certo, anche a lui».
Per dire cosa?
«Leggo: le multe ai clienti sono come dare un’aspirina a un malato terminale, non servono a niente, sono solo soldi buttati via. Occorre riaprire le case chiuse dove le donne che volontariamente esercitano la professione più antica del mondo possono avere un luogo adatto, controllo sanitario e fiscale».
Sua vecchia battaglia, quella delle tasse per le prostitute.
«Già, anche loro devono pagare le tasse. Le donne devono essere libere di fare ciò che vogliono con il proprio corpo. Solo trovando luoghi adatti si potrà pensare di risolvere il problema lungo le strade. Allora sì che sarà veramente possibile punire chi esercita lì e i relativi clienti. l’unico modo per eliminare papponi e sfruttatori vari».
Gentilini contro Maroni?
«Ma no, Gentilini consiglia. Sono uno dei più vecchi dentro la Lega e l’esperienza mi dà qualche punto in più».
Esperienza che arriva anche alle case chiuse?
«Le ho frequentate, facevano parte della civiltà di allora. Quando non c’era tutta questa delinquenza legata alla prostituzione. Non si può pensare di ridurre tutto il territorio a un bordello. Queste donne poi, vengono espiantate dalle loro terre, dai loro affetti. Bisogna dare loro tutte le garanzie di legge e la possibilità di camminare a testa alta».
E le maxi-multe?
«Mezzucci, i cui effetti possono durare lo spazio di un mattino. In questo mondo di bacchettoni ci vuole coraggio per risolvere il problema».
Tosi, suo vicino di casa e compagno di partito, però le ha già adottate a Verona.
«Tosi è uno sceriffino. Far pagare 500 euro a un cliente rientra nello spirito giovanile dei sindaci da linea dura. Ci vuole altro. Quanto al resto nulla splende sotto il sole che io non abbia già fatto. L’ho detto pure a La Russa».
Cioè, ha accusato La Russa di plagio? « Gli ho detto " tu quoque, La Russa, hai copiato il vangelo secondo Gentilini". L’idea dell’esercito nelle città, sono stato il primo ad averla nel ’99. Adesso, dopo la mia cura, Treviso non ha più bisogno di soldati».
Voto al decreto?
«Buono, è la mia ricetta. Anche se l’applicazione è ancora nebulosa».
Le priorità?
«Garantire la sicurezza, bloccare il fenomeno della prostituzione. Per questo bisogna fermare l’immigrazione clandestina, ci vuole il reato di clandestinità».
Tempo fa ha chiesto anche più poteri per la polizia municipale.
«Un sindaco con più poteri affiancato da vigili che possono solo dare multe è come un re senza esercito. Bisogna cambiare la loro situazione giuridica ed equipararli agli altri corpi di polizia. Siccome bisogna fare la rivoluzione, ed è quello che ho detto giù a Roma, ci vuole l’esercito (ride, ndr). Rimpiango il rumore degli stivali chiodati. Ma tutto quello che si sta facendo, io l’ho già fatto».