Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  agosto 06 Mercoledì calendario

Galan: farò il partito veneto. Silvio è con me. Corriere della Sera 6 agosto 2008 Non toccategli Silvio Berlusconi

Galan: farò il partito veneto. Silvio è con me. Corriere della Sera 6 agosto 2008 Non toccategli Silvio Berlusconi. Giancarlo Galan lo segue da 22 anni, da quando, fresco del master alla Bocconi in business administration, si fece convincere dal Cavaliere, che ancora Cavaliere non era, che era meglio lavorare al servizio della neonata Publitalia (per 19 milioni di lire all’anno) piuttosto che accettare offerte molto più allettanti: «Caro il mio ragazzo – gli disse il Berlusca ”: il futuro è qui». «Ho rischiato di prenderle da mio padre – racconta ora il governatore del Veneto ”, in molti mi hanno dato del pazzo. Ma aveva ragione lui, un genio...». E quando, nel ’94, il Cavaliere propose a Galan (che nel frattempo aveva scalato i gradini di Publitalia, divenendone direttore centrale) di mollare tutto per gettarsi in politica, lui, ben lontano dall’immaginare che per i successivi 14 anni avrebbe governato il Veneto, vacillò paurosamente nell’apprendere che il nuovo partito si sarebbe chiamato Forza Italia: «Oddio, siamo rovinati, con quel nome non arriviamo al 2%» osò. E naturalmente si accodò. Eppure, nonostante anche l’aneddotica venga in soccorso, negli ultimi tempi il «doge» forzista qualche gomitata l’ha tirata al suo ex datore di lavoro e ora premier. Punture di spillo rispetto ai ceffoni che sono volati tra lo stesso Galan e alcuni alleati. Ma la spia, comunque, di un disagio sull’asse Veneto-Pdl-Lega. Galan l’eretico, ormai lo chiamano. Il Gianburrasca. Ha scritto un libro, «Il Nordest sono io!», che già dal titolo sembra fatto apposta per fare incazzare alleati presenti e futuri. E poi uno strappo dietro l’altro. Sulle impronte ai rom: «E’ razzismo». Contro il Gentilini di Treviso: «Troppo duro con i gay». Contro chi a Palazzo Chigi ha velato il seno del Tiepolo: «Un’assurdità ». Contro il dito alzato da Bossi: «I ministri non fanno queste cose». Contro quei leghisti che portano a pascolare maiali «nei luoghi sacri per altre religioni». Su Malpensa: «Un errore storico: era meglio vendere Alitalia ad Air France». E’ come se, in attesa del federalismo fiscale, Galan si fosse cucito addosso una sorta di federalismo ad personam, di libertà di strappo: «E se non me la danno, me la prendo!». Che succede? Succede che Galan, il soldato fedele al Cavaliere, sta andando alla guerra. Contro la Lega di Bossi. Contro una parte del suo stesso partito, Forza Italia. La posta in palio è la conquista del Nordest: «E’ una sfida – dice il governatore, arrotolandosi le maniche della camicia – per la guida della rappresentanza politica ed economica del Veneto. La prossima primavera andranno al voto 5 province su 7 e 300 comuni su 500. E lì ci giochiamo tanto». Qui, alle ultime Politiche, FI ha perso quasi l’8% a vantaggio della Lega. E Galan ne ha ricavato la certezza che «o si fa qualcosa di rivoluzionario oppure Bossi si pappa tutto». Perché, aggiunge, «il Pdl ha di fatto lasciato l’esclusiva sul Veneto alla Lega. Che è stata brava, certo, ad interpretare gli umori della gente, ma non ha trovato ostacoli. Io, che qui ho fondato Fi nel ’94, ho il dovere di non lasciare ad altri gli ideali di chi mi ha seguito». Cercasi «eresia», allora. Galan la vede nella nascita di un Partito Veneto, modello bavarese, legato al Pdl nazionale, ma dotato di larghissima autonomia patrimoniale e politica. «Le liste vanno fatte qui, i candidati scelti qui, i sindaci pure. E poi voglio ministri che non diventino di colpo centralisti appena arrivano a Roma ». Con Berlusconi ha parlato («E’ interessato»). «Il problema – aggiunge – sono i berlusconiani, la nomenklatura... C’è chi frena. Chi spera che Bossi faccia fuori quel gran rompiscatole di Galan. Chi aspetta gli eventi». Le legioni sono già scese in campo: un migliaio di amministratori veneti (gli «autoconvocati ») e i cosiddetti sindaci del 20% (dalla quota Irpef che vorrebbero mantenere sul territorio). «Un movimento che viene dal basso, guai a tradirlo» ringhia il governatore. Che si fida solo di Berlusconi: «Le grandi eresie nascono da uomini fuori dagli schemi. Spero che il premier metta la testa su questo progetto. Il Veneto fa scuola dal welfare alla sanità, dalla raccolta differenziata dei rifiuti all’uso dei fondi europei. Ci prendano a modello». E invece si respirano atmosfere romanocentriche. «Brunetta? Bravo, ma abituato a far calare sul Veneto schemi nazionali. Sacconi? Preparato, ma il suo modo di fare politica è datato. Brancher? Centralista, siamo arrivati ai ferri corti. Formigoni? Sogna un ministero, io sono allergico». Dicono che Bossi farà di tutto per impedire a Galan di tagliare il traguardo del quarto mandato. «Magari vado in pensione o a tonni» gigioneggia il governatore. Che non intende però appaltare la successione al Senatur: «Comunque farò campagna elettorale in prima persona, un certo peso ce l’ho...». Francesco Alberti