Lucia Annunziata, La Stampa 7/8/2008, 7 agosto 2008
Divorzio all’italiana Chi non è passato per una separazione non può capire l’incubo della legge italiana sul divorzio
Divorzio all’italiana Chi non è passato per una separazione non può capire l’incubo della legge italiana sul divorzio. Per essere completamente libero da un matrimonio fallito ci ho messo 4 anni (3 di separazione e 1 per il divorzio: 1460 giorni)! Un tempo infinitamente lungo, paragonato ai tempi del divorzio nei Paesi europei e nel resto del mondo avanzato socialmente. Per quale motivo in Italia i tempi devono essere lunghi e le fasi due: 3 anni di separazione + divorzio? Qualcuno ha tentato di giustificarmi che i 3 anni di separazione sono importanti perché in certi casi moglie e marito si sono riconciliati. Per un 1% di riconciliazioni ci dev’essere un 99% che deve pagare un prezzo altissimo? In quel 99% ci sono anche donne incinte di un nuovo compagno, impossibilitate a risposarsi e dare una famiglia al nascituro in quanto ancora legate legalmente al vecchio matrimonio fallito. Tutto questo in barba alla difesa dell’Istituzione della Famiglia tanto sbandierata. Ci siamo mai chiesti perché molte nuove coppie vanno a vivere insieme senza sposarsi? Forse perché il matrimonio è visto in Italia come «un legame per la vita» tanto che per scioglierlo ci vogliono 4 anni e tanti soldi per gli avvocati! Guardando l’on. Fini (ancora legato a sua moglie in quanto separato), l’on. Casini (appena separato e risposato dopo una lunga convivenza con l’attuale moglie) o Berlusconi (divorziato e risposato), non mi sembra che noi italiani siamo molto diversi da chi difende l’istituzione della famiglia in Parlamento e nelle Piazze. Quindi nel rispetto della famiglia e dei cittadini italiani eliminiamo il periodo della separazione, permettiamo a nuove famiglie di formarsi rapidamente. ALESSANDRO ARBITRIO Il miglior modo per rispondere alla sua indignazione è forse quello di guardare indietro e ricordare con quanta difficoltà il divorzio sia stato approvato in Italia. Il primo riconoscimento risale al 1809 quando nel Regno di Napoli sotto il governo di Gioacchino Murat entrò in vigore il Codice Napoleonico. Il divorzio fin dall’inizio s’identifica dunque da noi non solo con la Rivoluzione, ma addirittura con l’Anticristo, Napoleone. Non c’è da meravigliarsi se l’idea stessa dello scioglimento del matrimonio sia poi divenuta parte permanente dello scontro fra Chiesa e Stato che ha caratterizzato la fondazione dell’Italia e poi la sua modernizzazione. Basta vedere anche la lentezza con cui in anni vicinissimi si arriva all’approvazione della legge: il primo pdl sul divorzio viene proposto nel 1965 dal deputato socialista Loris Fortuna e arriverà all’approvazione solo nel 1974. Tra l’altro, sulla base di un referendum nazionale. Referendum che segnerà lo spartiacque tra una fase e l’altra di tutta la politica italiana.