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 2008  agosto 06 Mercoledì calendario

MILANO

Molti, tra gli automobilisti, lo pensano. Tutti, tra gli addetti ai lavori, lo negano. Ma adesso, dal fronte dei distributori, qualcuno ha aperto una breccia.
Che dietro alla solita doppia velocità dell’andamento dei prezzi di petrolio e di carburanti, questa volta si possa nascondere la novità dell’estate 2008, la Robin tax (pensata per colpire gli extraprofitti delle compagnie petrolifere ma con il forte rischio che possa essere trasferita dalle stesse compagnie sui prezzi finali al consumatore), è un dubbio che adesso sta prendendo sempre più consistenza e sta contagiando un numero crescente di persone.
La questione, cifre alla mano, non è poi così complicata: in tre mesi il prezzo del barile di petrolio è crollato da 147 dollari (147,27 dollari l’11 luglio) a meno di 120 dollari (119,17 dollari ieri a New York), in pratica il 19,3% in meno; il prezzo della benzina, invece, è diminuito solo del 5%, denunciano le associazioni dei consumatori. Adoc, Adusbef e Federconsumatori in testa. Con il Codacons che oltre a lanciare accuse contro le compagnie («il prezzo dei carburanti dovrebbe calare immediatamente del 15%») chiede un intervento del governo e dell’Antitrust.
Immediata la replica dell’Unione petrolifera, che respinge al mittente ogni accusa: «Negli ultimi 15 giorni il prezzo dei carburanti è sceso di 7-8 centesimi al litro, rispecchiando il parallelo andamento del mercato dei prodotti internazionali». In realtà, in base alle rilevazioni del ministero dello Sviluppo economico, un litro di verde è sceso da 1,524 euro del 21 luglio a 1,467 di lunedì 4 agosto, mentre, nello stesso periodo, il prezzo di un litro di gasolio è passato da 1,518 a 1,462 euro. Ma per Adusbef e Federconsumatori, ancora non basta: benzina e gasolio dovrebbero scendere almeno a 1,40 euro al litro.
In questo balletto di cifre si apre anche una battaglia tra gestori e Tamoil: dal 15 settembre, nelle quasi 2.200 stazioni di servizio della compagnia libica, i gestori potranno fissare liberamente, senza alcun limite, il prezzo dei carburanti. l’effetto della disdetta degli accordi tra gestori e società che ha eliminato la clausola del rispetto di un tetto massimo. Questo, dicono i gestori «di fatto, consente a Tamoil di trasferire sui gestori ben più dell’onere previsto dalla Robin tax». E il rischio che l’onere possa ricadere sul consumatore è forte.
Intanto il calo del greggio, sceso ai minimi da tre mesi, ieri ha trascinato al rialzo tutte le Borse europee, con Piazza Affari che addirittura ha chiuso meglio di tutte, guadagnando il 3,33%.
Gabriele Dossena

LA STAMPA 6 AGOSTO 2008
LUIGI GRASSIA
Siamo alle solite: il petrolio costa meno, e di conseguenza (secondo logica) dovrebbero calare anche i prezzi dei carburanti, e invece i listini di benzina e gasolio in Italia non si decidono a ingranare la retromarcia. Ma stavolta la faccenda è più grave del consueto perché la dimensione è macroscopica: in meno di un mese il barile di greggio sui mercati internazionali ha perso addirittura 30 dollari mentre i carburanti italiani sono arretrati, quando è andata bene, di qualche centesimo appena.
Adusbef e Federconsumatori denunciano la lentezza esasperante dei ribassi e chiedono un taglio dei prezzi di almeno 10 centesimi al litro per scendere attorno a 1,40: il calcolo si basa sull’osservazione che il 5 maggio scorso il greggio a New York costava 118 dollari al barile, lo stesso valore minimo toccato ieri durante la giornata di contrattazioni, ma il litro di gasolio si pagava allora 1,41 cent mentre adesso siamo, quando va bene, a 1,48/1,49 e nella maggior parte dei casi sopra 1,50; presso diverse compagnie e in varie zone d’Italia il presunto libero mercato ci regala addirittura prezzi attorno a 1,58/1,59, come se niente fosse. Per calmierare i prezzi, secondo Adusbef e Federconsumatori, il passo ulteriore è accelerare le liberalizzazioni del settore, ma farlo sul serio, «arrivando ad avere sul territorio almeno 2000 pompe bianche», cioè indipendenti dalle compagnie. Un’altra associazione, il Codacons, chiede l’intervento del governo e dell’Antitrust come unico strumento per combattere «i cartelli e le speculazioni delle compagnie petrolifere». «Rispetto ai massimi - denuncia il Codacons - il greggio ha perso quasi il 20% del suo valore mentre la benzina è scesa meno del 5%». Di conseguenza «il prezzo dei carburanti dovrebbe calare immediatamente del 15%»; il fatto che questo non succede dimostrerebbe che «i petrolieri, come ogni anno, stanno speculando sulle vacanze degli italiani». Carlo Pileri, presidente dell’Adoc, valuta che «i rincari dei carburanti nel 2008 hanno prodotto un danno di 400 euro per famiglia italiana».
Le affermazioni dei consumatori vengono smentite sia dall’Unione petrolifera (che associa le compagnie) sia dai benzinai. «Negli ultimi 15 giorni il prezzo dei carburanti è sceso di 7-8 centesimi al litro, rispecchiando il parallelo andamento del mercato dei prodotti internazionali» rivendica l’Up, mentre Luca Squeri, presidente della Figisc, cioè dei gestori delle pompe di carburanti associati a Confcommercio, smentisce i calcoli del Codacons affermando che il calo dei prezzi internazionali del greggio da metà luglio non è stato del 20% ma del 16,98 e che più rilevante di questo parametro è «la quotazione dei prodotti lavorati sul mercato internazionale, cioè il prezzo Platt’s di benzina e gasolio. Per la benzina esso è calato di 0,069 euro/litro dal 14 luglio (cioè di un -12,85 %) e da allora la stessa benzina al distributore italiano (con il servizio del gestore) è calata di 0,073 euro/litro. Questi sono numeri veri e non parole in libertà».
Si apre un fronte fra i sindacati dei benzinai e Tamoil: la compagnia ha annunciato che dal 15 settembre i gestori potranno fissare il prezzo dei carburanti senza più alcun limite per la disdetta dell’accordo sulla clausola del tetto massimo. Questo, secondo la denuncia dei benzinai, «consente a Tamoil di trasferire sui gestori ben più dell’onere previsto dalla Robin Hood tax».

Pasquale De Vita, da presidente dell’Unione petrolifera come giustifica questi prezzi che non scendono?
«C’è una sensazione sbagliata alimentata da informazioni non esatte: in realtà il prezzo del petrolio è sceso, ma sono scesi pure quelli dei carburanti. Dalla metà di luglio ci sono stati quattro tagli successivi, per un totale di 7 o 8 centesimi, e questo è in linea con l’andamento del prezzo medio dei carburanti internazionali».
Ma le sembra che questo basti a fronte di un crollo di addirittura 30 euro delle quotazioni del greggio?
«L’errore è fare il rapporto fra il prezzo di benzina e gasolio e quello del greggio, che in realtà segnala solo una tendenza, mentre il confronto vero va fatto, come ho detto, con i prezzi internazionali dei carburanti».
Allora, secondo lei, non c’è niente da fare? Ci teniamo i prezzi che ci sono?
«Il 60% del prezzo dei carburanti in Italia sono tasse, il resto è materia prima. Se non c’è un calo di questi due elementi fondamentali, la capacità di manovra delle compagnie è minima: uno o due centesimi, non c’è margine».
Che ne dice della Tamoil che lascia liberi i prezzi dei gestori?
«In realtà i prezzi sono liberi nelle reti di tutte le società. Le compagnie consigliano i prezzi, poi sono i singoli gestori a decidere». /

Rosario Trefiletti, da presidente di Federconsumatori come risponde alle compagnie?
«In parte, ma solo in parte, quello che dicono è vero: l’Agip era a 1,58/1,59 euro al litro quando il barile era sopra 140 dollari. Dopo i nostri attacchi (uno al giorno) gradualmente i suoi prezzi sono scesi sotto 1,50. Un certo calo svogliato e insufficiente c’è stato da parte dell’Agip e qualche altro operatore, ma in questi giorni giro per la Sicilia e trovo ancora benzina a 1,51/1,52 e persino a 1,58».
Sarà, per caso, il bello della libera concorrenza?
«Da un certo punto di vista si potrebbe dire così. Ma quel che si vede è che la concorrenza in Italia si fa al livello più alto dei prezzi anziché al più basso, e questo non va bene. ancora in atto una grande speculazione: i prezzi dovrebbero essere attorno a 1,40/1,41 e non attorno a 1,50».
Come vede la situazione?
«La realtà dice di una divaricazione dei prezzi, con riduzione molto lenta e sgangherata da parte di alcuni, e di una lentezza esasperante da parte degli altri. Anche l’Agip deve ancora scendere».
Che giudizio dà sul caso Tamoil?
«La Tamoil dice ai suoi benzinai: fate pure il prezzo che volete. Ma in questo modo, siccome è la compagnia a stabilire il prezzo industriale al quale rifornisce i gestori, può scaricare all’esterno il costo della Robin Hood tax».

LA REPUBBLICA 6 AGOSTO 2008
VITTORIA PULEDDA
MILANO - Mercati a tutto gas grazie all´effetto-attesa della riunione della Fed (che ha lasciato invariati al 2% i tassi), al calo del prezzo del petrolio, alla ripresa del dollaro e a una robusta ondata di ricoperture che ha fatto fioccare ordini di acquisto sui listini di mezzo mondo. Ieri il greggio è sceso a 118 dollari a barile, in ribasso di 30 dollari rispetto ai massimi del maggio scorso e anche l´euro ha vissuto una seduta debole, a 1,5469 dollari contro gli 1,56 della vigilia (le previsioni sono che la Bce domani non tocchi i tassi).
Londra, Parigi e Francoforte hanno festeggiato con rialzi intorno ai due punti e mezzo percentuali mentre Piazza Affari si è aggiudicata la maglia rosa con un guadagno del 2,72%: complessivamente le Borse del Vecchio continente hanno guadagnato 180 miliardi di capitalizzazione. Ancor più spumeggiante la giornata di Wall Street, che ha aperto in rialzo e poi ha accelerato, in prossimità dell´annuncio ufficiale sui tassi, arrivando a ridosso dell´appuntamento con un guadagno di circa 200 punti del Dow Jones (anche grazie al buon dato di luglio sull´indice Ism del settore non manifatturiero). Poi la decisione della Fed - con un voto contrario - di lasciare invariati i tassi, spiegata con il fatto che ci sono timori per la crescita e, in particolare, per un mercato del lavoro fiacco, ma anche per un´inflazione «preoccupante» e per mercati finanziari che restano sotto «un considerevole stress», aggravato dalle restrizioni nel credito, dalla perdurante debolezza del mercato immobiliare e dalla tensione sui prezzi dell´energia: un mix di ragioni che «probabilmente peseranno sulla crescita economica per alcuni trimestri». Un messaggio che gli operatori hanno interpretato come la scelta di continuare con l´attuale politica monetaria: quanti avevano temuto un inasprimento legato alla dinamica dei prezzi per ora hanno tirato un sospiro di sollievo e Wall Street è partita al galoppo (il Dow Jones ha chiuso a +2,94%).
E´ rimasto, invece, inascoltato il grido di allarme dell´ex presidente della Fed, Alan Greenspan, che sul Financial Times ha sottolineato il rischio che i governi siano costretti al salvataggio di altre banche, né ha avuto particolare impatto la notizia che Northern Rock, l´istituto inglese nazionalizzato sei mesi, ha bisogno di una nuova iniezione di capitali da parte governativa, che trasformerà tre miliardi di sterline di crediti in capitale. La banca ha chiuso il primo semestre con una perdita netta di 592 milioni di sterline (contro un utile di 188,5 milioni un anno prima).
E sempre ieri altre due banche hanno reso noti i conti semestrali, migliori del previsto: l´inglese Standard Chartered, che ha annunciato un aumento del 32% dei profitti (ed è salita di oltre l´8% in Borsa) e la Société Générale. La seconda banca francese, reduce dallo scandalo del trader che aveva creato un buco da quasi 5 miliardi nei conti del gruppo e da un aumento di capitale di pari importo, ha chiuso i primi sei mesi dell´anno quasi dimezzando l´utile netto (meno 45%, a 1,7 miliardi) ma con risultati migliori delle stime.