Corriere della Sera 5 agosto 2008, Guido Olimpio, 5 agosto 2008
«Guerra a Pechino» La data che fa paura adesso è l’11 agosto. Corriere della Sera 5 agosto 2008 possibile che una costola del Movimento del Turkestan orientale abbia deciso di dichiarare guerra alla Cina
«Guerra a Pechino» La data che fa paura adesso è l’11 agosto. Corriere della Sera 5 agosto 2008 possibile che una costola del Movimento del Turkestan orientale abbia deciso di dichiarare guerra alla Cina. Una componente forgiata nell’area tribale pachistana, sempre più crogiuolo per mujaheddin dalle molte cause. Non più soltanto militanti arabi, ma anche uzbeki, tagiki, ceceni e uiguri. Estremisti che condividono e godono della stessa ospitalità concessa da taluni clan tribali ai vertici di Al Qaeda. La contiguità territoriale facilita l’addestramento, permette la condivisione di tattiche, agevola la scelta di obiettivi. Poche settimane fa, un misterioso «comandante Seyfullah» ha diffuso un video (di difficile autenticazione) per rivendicare una serie di attentati a nome del «Partito islamico del Turkestan» e per minacciare il ricorso ai kamikaze durante i Giochi. Segnali sempre ardui da decifrare, in particolare nello scenario cinese. Pechino ha gioco facile nel «gridare agli uiguri » e lo fa, a volte, per giustificare la repressione preventiva della minoranza musulmana. A leggere i dossier cinesi le organizzazioni separatiste sarebbero oltre quaranta. Dall’altra parte però gli estremisti non sono tigri di carta. Le bombe esplodono e i complotti vengono organizzati. Alcuni, a sentire le autorità di Pechino, riecheggiano il modus operandi dell’11 settembre, con progetti di trasformare i jet in ordigni volanti. Piani ambiziosi sventati sempre all’ultimo secondo e dunque per questo non sempre presi sul serio dagli osservatori indipendenti. Seguendo le ombre degli uiguri l’intelligence cinese ha puntato le sue antenne sulla regione tribale pachistana. Gli ultimi rapporti avrebbero segnalato la presenza di settantina di estremisti che, fino a gennaio, erano guidati da Qari Muhammad Tahir. Altri si sarebbero mescolati a formazioni qaediste. I servizi di sicurezza non escludono che il gruppo possa ricorrere all’arma preferita del momento: le donne. Destano meno sospetti, hanno maggiori possibilità di sfruttare la confusione creata dall’evento sportivo. Analizzando gli ultimi attentati avvenuti sul territorio cinese, si nota come i terroristi agiscano «a due velocità». Riescono a uccidere e a eludere un poderoso apparato di sicurezza. Impiegano però mezzi ridotti, quasi amatoriali: granate, un camion usato come ariete. Indizi di determinazione ma anche di ridotta rete logistica. Con l’assistenza dei «professionisti » di Al Qaeda, possono però fare un pericoloso salto di qualità. Ai problemi operativi si aggiunge la prudenza a inserire Pechino nella lista dei nemici. A giudicare dal dibattito nell’agorà online islamista, gli attentati hanno suscitato un’accoglienza contrastata. «Che interesse abbiamo a spingere la Cina contro i musulmani in questo momento», si è chiesto Kasir Al Asnam indicando l’esistenza di altre priorità. Altri, invece, hanno gioito con messaggi di solidarietà: «Allah sostenga questi combattenti che si battono per la gloria dell’Islam contro i comunisti»; «Siate felici fratelli del Turkestan, se continuerete così la libertà sarà vicina! »; «I crimini contro l’Islam non passeranno impuniti»; «Dobbiamo costruire un nuovo Afghanistan contro gli atei». Toni che richiamano i riferimenti alla Cina di Ayman Al Zawahiri. In due interventi su Internet l’ideologo principe ha denunciato le violenze compiute da Pechino, «con la complicità dell’Onu», ai danni dei musulmani del Turkestan orientale. Accenni generici ma sufficienti per giustificare una risposta di chiunque condivida l’offesa. E un piccolo gruppo del Turkestan potrebbe avere l’onore di celebrare nel sangue il ventesimo compleanno di Al Qaeda. Era l’11 agosto del 1988, quando Bin Laden a Peshawar fondò «la base». Al suo fianco, un pugno di esaltati. Tra loro Al Zawahiri e il Dottor Fadl. Sarà l’inizio di un cammino del quale non si intravede ancora la fine. Guido Olimpio ( Ha collaborato Farid Adly)