Libero 27 luglio 2008, Massimiliano Parente, 27 luglio 2008
La scrittrice erotica ammoscia la pagina. Libero 27 luglio 2008 Scrivere di sesso non è facile, così come scrivere di sentimenti («mi spezzi il cuore»), o scrivere di turismo («che bello viaggiare»), o scrivere del tempo che fa («fa caldo, colpa del surriscaldamento…»), o scrivere della natura («quant’è bella la natura»), basti leggere i libri di Rigoni Stern, ristampati perché morto, o di Mauro Corona, stampati perché vive abbracciato a un albero e consiglia a tutti di farlo (magari ci indichi dov’è il suo, così non rischiamo di abbracciare lui)
La scrittrice erotica ammoscia la pagina. Libero 27 luglio 2008 Scrivere di sesso non è facile, così come scrivere di sentimenti («mi spezzi il cuore»), o scrivere di turismo («che bello viaggiare»), o scrivere del tempo che fa («fa caldo, colpa del surriscaldamento…»), o scrivere della natura («quant’è bella la natura»), basti leggere i libri di Rigoni Stern, ristampati perché morto, o di Mauro Corona, stampati perché vive abbracciato a un albero e consiglia a tutti di farlo (magari ci indichi dov’è il suo, così non rischiamo di abbracciare lui). In altre parole è kitsch, in letteratura, tutto ciò che magnifica la vita con una retorica apposita, da qualsiasi organo passi. Nell’ultimo volume che mi consegna a casa il corriere di interessante c’è questo: Lola Beccaria è la discendente diretta di Cesare Beccaria, è laureata in filologia ispanica, lessicografa e linguista alla Real Academia Española, e ha scritto un romanzo erotico il cui titolo suona così scontato da incuriosire: ”Una donna nuda” (pp. 221, euro 16). A Roma direbbero subito: stikazzi. Non so perché gli editori, la Castelvecchi in questo caso, non appena pubblicano qualcosa di erotico me lo mandano di corsa, e io ricevo tanti libri erotici quanti Magdi Allam ne riceve sull’islamismo e Giordano Bruno Guerri di storia del fascismo, quindi deve essere colpa mia. Almeno mi mandassero le autrici, a portarmeli, e invece no, non sono così importante, mica sono Mughini che mi portano Melissa P sul divano di casa, a me arriva sempre quel tipo della Sda che assomiglia a Lurch della Famiglia Addams. L’anno scorso mi recapitarono ”La sadica perfetta” (Shake) di Terence Sellers, le ”Esperienze di una dominatrice” (Tea) di Princess Spider, ”V.M. 18” (Fazi) di Isabella Santacroce (alla quale, quando si mise in vendita con un annuncio in rete, chiesi quanto costasse passare un’ora in una stanza con lei, per farci non sapevo nemmeno io cosa, e lei: «Con te mai»), la Carolina Cutolo pornoromantica, la Scerman ”ragazza definitiva”, gli anni precedenti (meglio, ma non troppo) il ”Surrender” di Toni Bentley che trovava Dio nel buco del culo, fino ai cento colpi di spazzola di Melissa P, mi hanno mandato perfino la meno nota Monica Bisighini (’Tamara di Dio”) e sono arrivati libri inediti e editi e lettere d’insulti… e prima ancora la Grandes, la Reyes, i pantaloni della Cardella… insomma, è un miracolo per me non essere nella lista invii di Pizzo Nero, però temo manchi poco. Il guaio è che, all’origine (come quella ”del mondo” di Courbet), hanno frainteso il mio ”Mamma” prendendomi per un erotomane (lo ha capito invece Barbara Alberti - della quale ho appena presentato l’ultimo libro all’università La Sapienza - che lo definì «l’equivalente letterario del quadrato nero di Malevic», già… ma lei è una scrittrice che ha scritto libri belli come ”Memorie malvage”, ”Delirio” e ”Gelosa di Majakovskij”, mica Lidia Ravera o Clara Sereni o la Rosy Campo, mica una femminuccia di queste). Nessuno ha capito che a me dell’erotismo narrativo, così come di qualsiasi tematica che di per sé non sfondi orizzonti estetici d’attesa e parole e pensieri già preconfezionati, che non si faccia appunto letteratura anziché farsi con qualcuno, non me ne può fregare di meno. Di Melissa P mi bastò leggere che prendeva in mano «un membro» per capire che la mano era quella dell’editor ”fazioso” Simone Caltabellota e il libro non valeva un cazzo, neppure quello. Io amo Jane Austin, George Eliot, Virginia Woolf, Gertrude Stein, Christina Stead, amo nelle scrittrici ciò che amo negli scrittori e cioè la letteratura, non un centrino ricamato intorno al proprio ”piacere”, sia esso impegno politico o impegno nel disimpegno sessuale. Una Harmonysboccata Non mandatemi romanzeria erotica, please. come scrivere un libro sulla camorra, se va bene hai scritto un libro sulla camorra, non un romanzo sull’essere umano. la stessa differenza che passa, tanto nel sesso quanto su qualsiasi altra topica non topica, tra il naturalismo di Zola e un reportage della Gabanelli. Comunque quest’anno eccomi qui, a timbrare il cartellino con la donna nuda di Lola e la noiosità pedagogica di chi fa del sesso una nenia di liberazione e/o oppressione assoluta, di rivoluzione genitale o di restaurazione clericale, come Riccardo Schicchi, Jessica Rizzo, o Luigi Amicone. Tra l’altro una donna che scrive un libro erotico, non essendo un uomo né una donna, resta sempre una femmina sessuale, una Harmony a luci rosse e lingua prestampata, un contenitore di cliché sentimentali almeno quanto, se fosse un maschio eterosessuale o omosessuale, sarebbe un contenitore di cliché omo o eterosessuali, mentre Proust può ben scrivere Sodoma e Gomorra senza essere né uomo né donna ma una macchina narrativa contro le illusioni di entrambi i generi illusori. Invece qui è come quelli che sono gay e fondano case editrici gay e scrivono libri gay e leggono solo libri gay, quali pensieri potranno mai pensare? Leggono Proust, Gide, Genet, Whitman, Pasolini, Testori, Gadda, Arbasino, Busi perché sono gay? Inoltre una donna e basta, Lola Beccaria per esempio, l’ultima arrivata, alla fine tira sempre fuori cianfrusaglie come l’anima e il cuore, non c’è niente da fare: dentro ogni donna, anche la più aperta, c’è una Palombelli, una Rosa Giannetta, una Francesco Alberoni, una Susanna Agnelli pronte a tirare fuori il ”cuore” e prima o poi perfino un figlio. Luoghi comunial femminile Il rosso è sempre rosso-amore, mai il colore dello smalto o del tampax, se non nella Santacroce, che però pensa solo a quello. Lola Beccaria sarà pure la discendente di Cesare Beccaria, ma inizia con questo proclama qui: «Attraverso queste pagine cerco di mettermi in contatto con quella zona nascosta che c’è in ognuno di noi, il giardino più bello, l’autentico. Voglio aprire una fessura nella corazza dei nostri cuori e infilarmici». Il giardino, la zona nascosta, il bello, l’autentico, la corazza dei cuori, è il Villaggio Valtur dell’anima in pena femminile, da Madame Bovary a Anna Karenina a Valeria Parrella agli uomini e donne della De Filippi, da D’Aria Bignardi alla sua versione accademica D’Aria Galateria. La fessura Lola la apre con il racconto della propria iniziazione sessuale, dai sette anni in su (quando aveva una «fichetta di bambina», da confrontare con i «membri» di Melissa, alla «fichetta titillata» della Santacroce), di amante in amante, sempre ricordandosi dell’iniziatore Damiàn, che, udite udite, «anche se mi aveva abbandonata, aveva lasciato un segno sulla pelle del mio cuore. Una bottiglia gettata tra le correnti del mio sangue, un messaggino d’amore accarezzato e perso nel cammino», che solo un testo cantato allegramente da Pupo o tristemente da Masini potrebbe reggere. Tra baci che sanno di «seme innamorato», baci «per la mia cassa del tesoro, da custodire gelosamente nella camera del mio cuore divenuto rivoltella», immaginando un mondo «dove il Ministero del Sesso si prendesse veramente a cuore la sessualità del cittadino, e mettesse anche a disposizione delle borse di studio per andare a conoscere le pratiche amorose delle altre culture e civiltà». Più che una sorca, come dicono a Roma per dire ”gnocca”, Lola è l’ennesima Sirchia del sesso. Scrive cose che un vera sadica occidentale come la mia adorata Guia Soncini non scriverebbe mai. Sarà anche la discendente diretta di Cesare Beccaria, il giurista illuminato di ”Dei delitti e delle pene”, ma viene una gran voglia di infliggerle torture a perdere rigorosamente extradiegetiche, correndo perfino il rischio che ti spari con quel suo cuore divenuto rivoltella, o di graffiarsi la pelle del cuore. Massimiliano Parente