Il Sole 24 ore 27 luglio 2008, Luca Vinciguerra, 27 luglio 2008
Zhou, il tecnocrate dei giochi sicuri. Il Sole 24 ore 27 luglio 2008 Il giovane poliziotto non è mai stato tanto preoccupato in vita sua
Zhou, il tecnocrate dei giochi sicuri. Il Sole 24 ore 27 luglio 2008 Il giovane poliziotto non è mai stato tanto preoccupato in vita sua. Da qualche giorno, porta sulle spalle una nuova responsabilità: vigilare su un gruppo di palazzine nella zona nordest della città. Da qui alla fine delle Olimpiadi, nella sua area di competenza non deve passare una mosca, gli hanno ordinato perentoriamente i suoi superiori. «Ho fatto il giro degli appartamenti, mi sono presentato, e ho lasciato il mio numero di telefono a tutti. Chiunque noti qualche movimento strano o sospetto deve avvisarmi subito, anche se si tratta di un falso allarme», spiega cortesemente. In giro per Pechino ci sono circa 11mila poliziotti di quartiere, grosso modo l’equivalente dei nostri vigili urbani, comandati di servizio con le stesse consegne: montare la guardia in ogni angolo della città. Ventiquattro ore su ventiquattro. «Probabilmente, ci sono sempre stati, ma non li abbiamo mai visti di persona. In ogni caso, questa è la prima volta che vengono a bussare alle nostre porte per invitarci a collaborare», racconta meravigliata una signora, troppo giovane per ricordarsi dei tempi bui del regime maoista quando la delazione popolare era un’eroica manifestazione di fedeltà al partito. Il piccolo esercito di poliziotti municipali mobilitato in via straordinaria è un solo un piccolo pezzo del sistema di sicurezza allestito dalla Cina per le Olimpiadi che inizieranno l’8 agosto. Più che un sistema di sicurezza, una vera e propria macchina da guerra. Anche in quest’occasione, infatti, il Dragone si conferma il Paese dei grandi numeri. Per garantire che nelle due settimane dei Giochi tutto fili liscio come l’olio il Governo ha messo in campo 110mila uomini tra esercito e reparti specializzati di polizia, 400mila volontari nella sola capitale (più un altro milione nel resto del Paese), mentre a 1.900 dirigenti in pensione del Partito comunista sono stati affidati compiti speciali per «contribuire al mantenimento dell’ordine pubblico». Certamente, nella storia dell’umanità non si era mai visto un simile dispiegamento di uomini e mezzi per garantire la sicurezza di una città in tempi di pace. A capo di questa possente organizzazione c’è Zhou Yongkang, un tecnocrate (anche lui come il presidente, Hu Jintao, e il premier, Wen Jiabao, è un ingegnere) di 66 anni che tra le tante cariche ricoperte nella sua lunga carriera politica annovera anche quella di ministro della Pubblica sicurezza. In quella posizione, che ha ricoperto fino al 2007, il mastino della nomenklatura ha lavorato bene. Meglio di chiunque altro. Così, lo scorso autunno, il diciassettesimo congresso del Partito comunista ha deciso di premiarlo nominandolo nel Comitato permanente del politburo, il conclave del partito unico dove siedono i nove uomini che hanno in mano i destini del Paese più grande del mondo. Da quel momento, Zhou è diventato il plenipotenziario per la sicurezza. Alle sue dirette dipendenze, lavorano due "specialisti": Liu Shaowu, direttore del Dipartimento sicurezza del Bocog (il Comitato organizzatore delle Olimpiadi 2008) e Tian Yixiang, un alto generale dell’Esercito cui è stato affidato il comando dell’Ufficio militare del Bocog. La triade per la Sicurezza ha ricevuto dal Governo un incarico ben preciso: prevenire e scongiurare qualsiasi genere di incidente durante le Olimpiadi. Nelle due settimane dei Giochi, a Pechino sono attesi circa 20mila atleti, 25mila giornalisti, un numero imprecisato di addetti ai lavori, centinaia di capi di Stato, oltre un milione di turisti domestici e stranieri. Tutta questa gente deve tornarsene a casa felice e contenta. Ma contro chi è rivolta la potente macchina della sicurezza cinese? Chi è il nemico invisibile che trama per rovinare la festa accuratamente preparata da Pechino per sette lunghi anni? Dietro le quinte della città, che in questi giorni si sta dando la lucidata finale in vista del grande evento, si agitano diversi pericoli potenziali. Le organizzazioni terroristiche sono le più temute. La minaccia più concreta viene da due fronti. Dal movimento dell’East Turkestan, i separatisti uiguri dello Xinjiang che vorrebbero trasformare la Provincia dell’Estremo Ovest cinese in uno Stato islamico indipendente e ancora ieri hanno diffuso su internet un video di minacce e hanno rivendicato una serie di attentati commessi nell’ultimo mese. E dai "giovani leoni" tibetani che, stanchi e frustrati dalla politica pacifista e conciliante del Dalai Lama nei confronti del Governo cinese, mordono il freno per passare all’azione. Entrambi questi gruppi potrebbero pensare di sfruttare le Olimpiadi come palcoscenico per mettere in atto un colpo di mano in mondovisione. L’altra minaccia, meno pericolosa ma assai più imprevedibile, viene dall’attentatore isolato. Due decenni di crescita economica forsennata hanno creato in Cina la società più ingiusta e ineguale della pianeta. Frattanto, la corruzione è diventata una piaga sociale. Negli ultimi tempi, l’inflazione, la disoccupazione e le numerose calamità naturali che hanno colpito in drammatica successione il Paese hanno alimentato un malcontento sociale, soprattutto nelle campagne e nelle aree più povere, ad alto potenziale esplosivo. In questo quadro, le autorità non escludono che qualcuno decida di commettere qualche gesto disperato a scopo dimostrativo proprio durante i Giochi. Poi ci sono i pericoli soft, sui quali il sistema di sicurezza deve montare la guardia con lo stesso grado di attenzione, ovvero l’ampio ventaglio di proteste pacifiche che potrebbero essere inscenate non solo da dissidenti cinesi, ma anche da spettatori o atleti stranieri: striscioni del Falun Gong, bandiere tibetane, gesti o scritte provocatori anticinesi. Per assicurare al Dragone sonni tranquilli in queste notti di mezza estate, Pechino non conta solo sugli uomini. Il Governo cinese non ha badato a spese in materiali e tecnologie per mettere a punto un sistema di sicurezza sofisticato in grado di contrastare qualsiasi minaccia, dalla bomba rudimentale all’arma batteriologica. Tutta la città, da Piazza Tiananmen alle più estreme periferie, è monitorata 24 ore su 24 da 300mila telecamere che sono state installate negli ultimi mesi. Esercito e polizia sono stati equipaggiati con armi automatiche modernissime. Ogni testa di cuoio dei reparti speciali antiterrorismo ha in dotazione un equipaggiamento del valore di oltre 30mila euro. Alla sicurezza ad ampio raggio pensano le armi pesanti. Ci sono i missili installati davanti al Nido Olimpico, ma ci sono soprattutto i vettori veri («quelle dello Stadio sono testate piazzate a scopo dimostrativo e non sparerebbero mai un colpo, perché sono troppo vicine alla popolazione civile» spiega un esperto occidentale) che entrerebbero in azione in caso di reale pericolo, che sono dislocati in posizioni strategiche ben nascoste tutto intorno alla città. Ci sono migliaia di mezzi blindati nelle caserme. Ci sono i caccia dell’aviazione pronti a intercettare velivoli sospetti (l’intero spazio aereo sopra la capitale è già stato dichiarato no fly zone). Ci sono le navi della Marina che pattugliano le coste. Nonostante il massiccio dispiegamento di uomini e mezzi, Pechino incrocia le dita in attesa del fischio d’inizio dell’8 agosto. una vigilia ad alta tensione. In questi ultimi giorni di attesa, in città il clima è pesante. Non solo per la temperatura canicolare e per l’aria inquinata. Ma soprattutto per la sensazione di paura e d’incertezza che si respira in qualsiasi luogo pubblico. Non c’è giorno che passi senza un’esercitazione, un blocco stradale, una simulazione. L’ossessione sicurezza sta complicando notevolmente la vita quotidiana della gente della strada. Che inizia a essere stanca. «All’improvviso è diventato tutto più difficile: andare al lavoro, tornare a casa, uscire a divertirsi - dice una giovane coppia -. Speriamo che la Cina vinca tante medaglie, e che poi si torni rapidamente alla normalità». Luca Vinciguerra