Gianni Poglio, Panorama 7/8/2008, 7 agosto 2008
Panorama, giovedì 7 agosto «Scrivete tutto di me, ma basta con la leggenda metropolitana dell’idolo delle ragazzine
Panorama, giovedì 7 agosto «Scrivete tutto di me, ma basta con la leggenda metropolitana dell’idolo delle ragazzine. I Lunapop non ci sono più da anni e la figura del cretino con i capelli rossi l’ho già fatta». Nelle sale appena inaugurate del suo studio di registrazione, a Bologna, Cesare Cremonini accende l’ennesima sigaretta mentre mostra le meraviglie tecnologiche di cui si è circondato per incidere il suo ultimo singolo, Dicono di me, e il nuovo cd in uscita a settembre. A 28 anni si muove e parla con una sicurezza e un piglio che non appartengono alla sua età. E il primo a esserne consapevole è lui, raro esempio di autore di canzoni pop con il cervello. «Non ho avuto una vita normale e adesso inizio a capire quanto sia stato importante stare in mezzo all’arena del music business fin da giovanissimo. Dieci anni dopo mi trovo a progettare il futuro con alle spalle una quantità incredibile di esperienze e di vita vissuta. Mi rendo conto di avere una marcia in più quando mi confronto con i coetanei che alla mia età devono ancora decidere cosa fare da grandi. Magari vivono ancora con i genitori e hanno un lavoro che gli fa guadagnare poco o niente. Più niente che poco. Non è facile, ma bisogna crederci e non mollare mai». Ricco, famoso e maturo: si sente quasi pronto per il matrimonio? No, assolutamente. Il vero problema è che io sono già sposato con la musica da quando sono nato. Sentimentalmente parlando sono un immaturo totale. In amore non sopporto niente e non riesco a dare quello che servirebbe. Purtroppo, un cuore solo non basta. Vorrei averne due: uno per la musica e uno per amare. E quando una relazione termina perché la musica prende il sopravvento come si sente? Sto male da morire, soffro tantissimo, ma non so cosa fare. Nella mitologia greca il musicista era per definizione solo, celibe e asociale. Ecco, i greci avevano capito tutto. Sento che il mio destino è questo. Almeno finché la musica continua a occupare il primo posto nella mia vita. Valentino Rossi, l’unica vera rockstar che frequento e a cui voglio bene, fa sempre questo esempio: «Quando un pilota si sposa, perde un secondo a giro». Quindi, a 28 anni, ha deciso che rimarrà scapolo? Attendo l’esito del disco nuovo che uscirà a settembre, poi farò una raccolta con i miei successi e dopo inizierò a occuparmi seriamente di amore. Anche perché alle ragazze di oggi non puoi dare le briciole. O ci sei davvero oppure è meglio che lasci stare. Ha fama di uno che ama vivere la notte. Eppure, finora, non è mai stato al centro di gossip. Qual è il segreto? Essere rimasto a Bologna. Per come sono fatto io e per come mi comporto, se vivessi a Milano o a Roma, sarei tutti i giorni sui giornali. Qui, se mangio troppo e poi mi sdraio fuori dal ristorante, nessuno corre a chiamare un paparazzo. Lo sa che molti suoi colleghi si deprimono se non trovano i fotografi all’uscita del ristorante? un tipo di fama che non mi interessa, anche perché non ha a che fare con la qualità artistica. Non esiste relazione tra la bellezza delle canzoni che uno scrive e il numero di apparizioni sui giornali di gossip. Sarebbe come dire che John Lennon ha composto Imagine perché fumava hascisc. Oltre a fama e denaro, che cosa le ha regalato il debutto trionfale a 18 anni con i Lunapop? Mi ha servito su un piatto d’argento la possibilità di andarmene da casa, l’indipendenza economica e una grande libertà artistica. Da quel momento nessuna casa discografica può più dirmi che cosa devo fare. Perché io ho già vinto. Come siete riusciti a sfasciare, dopo un solo cd, un giocattolo da 1 milione di copie? Eravamo troppo inesperti, soprattutto nei confronti della vita. Da adolescente, la prima volta che la tua ragazza guarda un altro la lasci. A trent’anni ti limiti a un’arrabbiatura. La fine dei Lunapop è stato un trauma duro da digerire. Alla prima fragile rottura si sono fatti avanti gli avvocati. Quando entrano in gioco loro, la parte umana non esiste più, si parla solo attraverso le carte. Ho sofferto molto e quell’esperienza ha lasciato il segno. In che rapporti è con i suoi ex compagni di band? Non usciamo insieme per andare a ballare, ma c’è molta civiltà. Sa, Bologna è piccola e io non sono uno che ama nascondersi dietro i portici per non incontrare questo o quello... Non so se suonano ancora, ma di sicuro sono tutti e tre laureati. A distanza di 10 anni vuole chiarire una volta per tutte se eravate davvero una boyband costruita a tavolino? Le canzoni dei Lunapop io le ho scritte sui banchi di scuola al liceo. Sognavo la carriera di cantante ed ero pazzo di Freddie Mercury e dei Queen. Compiuti i 18 anni, ho preso la Vespa e ho iniziato a girare per le case discografiche di Bologna. Ero talmente fuori dal music business che mi sono proposto anche a etichette di musica classica... Finalmente arrivo nell’ufficio di Walter Mameli (ancora oggi manager e produttore di Cesare, ndr) e lo convinco con grandi sforzi ad ascoltare subito i miei pezzi. In quel momento è cambiata la mia vita. Vorrei fare un film su quel periodo perché quando sei giovane e balli sui sogni la vita è di una bellezza indescrivibile. Non ci sono tracce di sue prese di posizione politiche: riservatezza o disinteresse? La storia della generazione di trentenni che non ha valori e nemmeno ideali sta diventando noiosa. Io sono circondato da ragazzi profondi e intelligenti che però non trovano punti di riferimento. A destra come a sinistra. Ho trovato la fotografia di questo stato d’animo nel testo di una vecchia canzone di Bob Dylan. Il brano è Masters of war e dice: «Voglio solo che sappiate che ho imparato a vedere attraverso le vostre maschere». E, quando cantava queste cose, nessuno si sognava di dargli del qualunquista. I ragazzi di oggi sono svegli e sanno che dove c’è politica non c’è verità. Per questo non si schierano o rimangono indifferenti. Domanda secca: Vasco Rossi o Ligabue? A me «San Vasco» piace di più da sempre. Lo amo da quando ero adolescente. La colonna sonora dei miei 16 anni è stata Albachiara. Di Vasco mi affascina lo sguardo dolorante, sofferente, anche quando ha davanti 50 mila persone in delirio. Dylan ha dichiarato di ignorare l’entità del suo conto in banca. E lei? Non so quanti soldi ho messo via. E sono contento, perché penso che vivere senza questa ossessione sia sano. Intendiamoci, ho rispetto del denaro, ma non vivo con la calcolatrice in mano, anche perché in matematica al liceo non sono mai andato al di là del 4. Gianni Poglio