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 2008  agosto 07 Giovedì calendario

L’espresso, giovedì 7 agosto Un nuovo fallimento, una nuova legge per uscirne. Se l’Italia è il Paese delle troppe leggi, al punto da meritarsi un apposito ministro per sfoltirle, può sembrare incredibile che dopo mesi di tentativi la crisi dell’Alitalia possa richiedere una normativa speciale per trovare una soluzione ad hoc

L’espresso, giovedì 7 agosto Un nuovo fallimento, una nuova legge per uscirne. Se l’Italia è il Paese delle troppe leggi, al punto da meritarsi un apposito ministro per sfoltirle, può sembrare incredibile che dopo mesi di tentativi la crisi dell’Alitalia possa richiedere una normativa speciale per trovare una soluzione ad hoc. Eppure il cambiamento della cosiddetta legge Marzano, disegnata solo quattro anni fa per il crack Parmalat, è il rebus attorno al quale nelle ultime settimane si sono interrogati i banchieri di Intesa Sanpaolo, il consulente al quale il governo di Silvio Berlusconi ha rifilato la patata bollente del salvataggio Alitalia. Lo scorso 9 luglio sembrava fatta. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, era andato in Senato e aveva assicurato: "In Italia ci sono grandi aziende in crisi. Aggiorneremo la legge Marzano per accompagnare queste aziende". La fuga in avanti, però, è stata fermata venerdì 25 luglio, quando una nota del governo ha definito "destituita di fondamento" l’ipotesi di un immediato commissariamento dell’Alitalia, lo snodo necessario per avviare le procedure della Marzano, nella vecchia versione o in una nuova. Per capire i dubbi che hanno determinato lo stop, che alcuni ritengono temporaneo, occorre ricostruire le difficoltà che la definizione del piano di Intesa ha incontrato. E, in secondo luogo, comprendere gli interessi che gli imprenditori che potrebbero essere coinvolti nel salvataggio sono interessati a difendere, mettendo in secondo piano quelli dei creditori, dai possessori del bond Alitalia ai fornitori di benzina. Creditori che, però, potrebbero rispondere con una valanga di ricorsi. Stando a fonti de ’L’espresso’, i punti fermi del piano Intesa sono i seguenti. Il primo è la nascita di una nuova società, nella quale avrebbe un futuro solo parte dei dipendenti Alitalia (si parla di circa 6 mila tagli). Il secondo è l’integrazione con l’Air One di Carlo Toto. Al suo fianco dovrebbero entrare in gioco alcuni imprenditori, con un ruolo di prima fila per la famiglia Benetton, già socia di Toto in alcune tratte autostradali e disponibile - pare - a investire nell’operazione circa 150 milioni. Sarebbe la fetta più grossa dei 700 milioni che, stando alle indiscrezioni più ottimistiche, potrebbero mettere sul piatto i nuovi azionisti, fra i quali dovrebbero esserci anche i costruttori Marcellino Gavio e Salvatore Ligresti, nonché i gruppi Marcegaglia e Aponte. All’ultimo minuto, poi, c’è chi spera nell’ingresso a sorpresa di Mediobanca, se prevarrà la linea del presidente Cesare Geronzi. Dal punto di vista industriale, invece, il menu prevede la riorganizzazione delle rotte, con il trasferimento di alcuni voli da Fiumicino a Malpensa, mentre potrebbe essere tentato il colpo del ridimensionamento di Linate, dove si vorrebbe mantenere la sola navetta con la capitale. Questi sviluppi, tuttavia, avrebbero una chance di concretizzarsi solo se le attività più o meno sane di Alitalia - una parte del personale e della flotta, i diritti di decollo - potessero essere separate dai debiti e dalle attività ormai senza speranza, come quelle ausiliarie di Az Servizi. Una condizione che Intesa ha indicato come essenziale al termine del mandato: così com’è, l’Alitalia non la vuole nessuno. Qui nasce l’ipotesi della revisione della Marzano caldeggiata da Toto e soci, più cauti sul secondo scenario delineato da Intesa, che prevede un percorso lungo e ricco di incognite che manterrebbe in vita la vecchia Alitalia. La legge Marzano è nata nella versione attuale con il commissariamento della Parmalat e ha come cardine la possibilità di formulare un concordato con le diverse classi di creditori, facendo da scudo ad azioni legali e pignoramenti. Per Parmalat il risanamento è stato possibile perché, nonostante la gestione criminale di Calisto Tanzi, esisteva un’azienda in grado di vivere, una volta depurata dai debiti: ai creditori vennero offerte azioni della Nuova Parmalat, risarcendo in piccola parte i denari sfumati. Per Alitalia il nodo sta nel fatto che oggi un commissario nominato dal governo avrebbe l’obbligo di formulare un piano di risanamento da sottoporre ai creditori. Ammesso che tutte le altre difficoltà possano essere superate, per separare la nuova Alitalia e avviare il piano Intesa il commissario dovrebbe offrire un rimborso quanto meno parziale. Toto e soci dovrebbero riconoscere un prezzo equo, in quote della nuova società o in denaro, utilizzando parte dei 700 milioni disponibili. I problemi sono numerosi. Il primo è che alla cordata Toto i denari scarseggiano. Il secondo è che, se i creditori avessero azioni della nuova Alitalia, per i soci forti sarebbe più dura comandare. Il terzo è che il valore affidato all’Alitalia ripulita non potrebbe essere irrilevante rispetto a quello che, quando conferirà la sua Air One, si vedrà assegnato Toto. Il quarto è che il commissario avrebbe l’obbligo di cercare le migliori offerte possibili e, almeno in teoria, l’Air France - messa in fuga da Berlusconi quando voleva tutta l’Alitalia, debiti compresi - e altri concorrenti avrebbero il diritto di candidarsi a rilevare la parte buona della compagnia, offrendo un prezzo migliore e lasciando Toto & C. con un palmo di naso. Ecco il perché delle ipotesi, anche estreme, di revisione della Marzano, come la sterilizzazione totale della nuova Alitalia dai creditori e l’inserimento di un requisito di italianità per l’acquirente. Gli esperti osservano che una revisione della legge fatta su misura presenta però non pochi rischi: "Certamente i creditori devono tener ben presente che, se non si trova una soluzione per ristrutturare la società, le possibilità di sopravvivenza appaiono scarse e che, in caso di fallimento, rischiano di perdere tutto", dice Silvia Lazzeretti dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi. "Allo stesso tempo", continua Lazzeretti, "un eventuale commissario dovrebbe porre la massima cura nel cercare un ampio consenso con i creditori: qualunque siano le scelte, il terreno è minato e sono ipotizzabili diversi profili di impugnazione, in Italia e all’estero". Quando il governo avrà sciolto i dubbi, si vedrà come saranno tutelati i creditori. Quel che appare chiaro già oggi è che per i contribuenti il conto sarà salatissimo. Dopo anni di perdite e i 300 milioni dell’ultimo prestito, al computo andranno aggiunte altre voci. Se è difficile calcolare quanto costerà la liquidazione delle attività che resteranno in mano pubblica, è già certa la cifra che il Tesoro rischia con le obbligazioni emesse da Alitalia nel 2002. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia oggi e allora, ne aveva sottoscritta la fetta più grande: 445 milioni su 715. Luca Piana