Stefania Rossini, L’espresso 7/8/2008, pagina 52, 7 agosto 2008
L’espresso, giovedì 7 agosto Giorgia Meloni è una giovane donna che piace alla gente che piace. Ovviamente a Fini e Alemanno, che l’hanno allevata e lanciata
L’espresso, giovedì 7 agosto Giorgia Meloni è una giovane donna che piace alla gente che piace. Ovviamente a Fini e Alemanno, che l’hanno allevata e lanciata. Ma anche, per esempio, a Miriam Mafai e a Sergio Staino, a Beatrice Borromeo e a Fausto Bertinotti. Non è subito chiaro perché. Quella che incontriamo nelle stanze fresche di restauro del ministero della Gioventù è una ragazza intensa e sospettosa, di pensiero rapido e risposta pronta, che affronta il colloquio con un giornale considerato poco amico usando la sua arma più collaudata: il conflitto seduttivo. Parla con competenza di progetti politici e della destra egemone, apre spiragli accattivanti sulla famiglia e sul suo percorso umano, ma sempre con un tono che suggerisce: ’Non provare a fregarmi, sono allenatissima!’. Deve essere questo che fa presa su tanti estimatori. Passione, caparbietà, coerenza, che accompagnano le idee, e che ormai contano più delle idee stesse. Ma forse nel suo caso è la giovane età a darle una chance in più. E a permetterle di ostentare una cultura compromessa come se fosse un prodotto nuovo sul mercato della politica. I sondaggi la indicano tra i ministri più popolari. Come spiega tanto consenso? "Sto attenta a non compiacermene. Più è alto il gradimento, più si può deludere. Più è basso più si può stupire". Vuol continuare a stupire? Non lo ha già fatto abbastanza con la sua carriera rapidissima? "Ammetto che quando Fini mi volle vicepresidente della Camera, due anni fa, alla mia prima legislatura fu un bell’impatto per tutti. Per me, ma anche per tanti colleghi di An che si sono visti scavalcare da una giovanissima senza esperienza". Figuriamoci adesso che è ministro e che si parla di lei anche come futuro leader del partito! "Lusingata, ma il mio nome gira spesso su tutte le ruote, più per posizionamenti interni che per altro". Ma come? Il salto generazionale, l’investitura da parte di Fini, come quella che lui ebbe da Almirante... "Guardi, lo schema è un po’ diverso. Fini divenne leader del movimento giovanile su indicazione di Almirante, io sono stata eletta dopo aver vinto un congresso per pochi voti. A me nessuno ha regalato niente". Neanche un ministero? "Ho naturalmente un ottimo rapporto con il presidente Fini che mi ha dato quest’altra opportunità, ma credo di non aver sfigurato nel lavoro alla Camera e ho molte idee per il mio ministero". Sentiamone qualcuna. "Rivoluzione del merito contro il modello egualitarista ereditato dal Sessantotto: le intelligenze esistono e vanno valorizzate. Diritto al futuro con interventi mirati sulla casa e sul lavoro e valorizzazione della meglio gioventù". Ahi, questo è uno slogan veltroniano! "Sì, è vero, l’ho preso in prestito. Ma io non ho schematismi. Ascolto Guccini e se mi piace un titolo della sinistra, lo uso". Per farne che? "In questo caso voglio raccontare storie edificanti dei nostri ragazzi. Non ci sono solo gli episodi di bullismo, ma milioni di storie di impegno civile, sociale, religioso. Vorrei diffonderle in televisione e nei siti Internet. Non bisogna mostrare solo gli aspetti degenerativi". La realtà piegata alla comunicazione. Ammetterà che è un sistema con brutti precedenti. "Conosco le obiezioni, ma sono convinta che se i giovani si vedono rappresentati sempre al peggio, si convincono di esserlo. Voglio invece che non si considerarsi peggiori dei loro padri perché così non è. Se un tempo ci fossero stati telefonini e YouTube non avremmo visto scene molto diverse. E poi sulla comunicazione penso una cosa precisa...". La dica. "Se ieri erano rivoluzionarie le idee, oggi è rivoluzionario il modo in cui le idee vengono comunicate e comunicano tra di loro". è per questo che lei coltiva un’immagine di ragazza ’normale’, non usa le auto blu e lo fa sapere in giro? "Macché, sono proprio così, sono gelosa della mia normalità e far aspettare gli autisti mi mette ansia. Questa delle auto blu è una cosa che piace ai giornalisti, come il fatto che sono della Garbatella". Perché, non è vero? "è vero, ma il sogno dei media italiani è quello di vedermi recitare nella fiction ’I Cesaroni’. Fa molto personaggio tipico. E poi la Garbatella non è mica un quartiere strano, è un posto bellissimo dove abito felicemente da quando avevo tre anni". Dove stava prima? "Alla Camilluccia, una zona borghese e meno bella, ma poi io e mia sorella abbiamo dato fuoco alla casa e ci siamo dovute trasferire". Ho capito bene? Ha incendiato la sua casa? "Beh, stavamo giocando con dei fiammiferi... non l’abbiamo mica fatto apposta". Come si cresce con la colpa di aver procurato una catastrofe? Che cosa le è restato addosso? "Non so, niente credo. Mi ci sta facendo pensare lei per la prima volta. Forse ci sono delle cose che ci portiamo dentro inconsciamente. Ma comunque io sono del Capricorno e tendo molto a razionalizzare". Capisco. Anche la sua famiglia ha razionalizzato? "Per mia madre è stata dura. Ancora oggi sussulta soltanto se mi accendo una sigaretta. C’è da capirla: sola con due bambine piccole". Suo padre non c’era? "Se ne era già andato". Alle Canarie, dicono, su una barca chiamata ’Cavallo Pazzo’. "Questa è un’altra cosa su cui si è molto romanzato. Ma, come tanti figli di separati, ho avuto un’infanzia felicissima. Non vedo mio padre da quando avevo 12 anni e va bene così". Un padre vagabondo che non si rifà vivo con una figlia che diventa famosa? Non ci credo. "Potrebbe essere accaduto e potrebbe aver trovato la porta chiusa. Considero una violenza trovarmi a 30 anni con una persona seduta davanti a me che dice di essere mio padre". Forse anche perché era comunista? "Non sarebbe questo il punto. Non ho mai parlato di politica con lui. Ma pur di cucirmi addosso un romanzo sono arrivati a dire che la mia scelta di destra sarebbe una reazione all’abbandono". Non è così? "No. A quindici anni ho assistito con occhi da bambina alla strage di Capaci e all’omicidio di Borsellino. Ho pensato di dover fare qualcosa e sono andata a curiosare in un collettivo di sinistra della mia scuola. Esperienza pessima". Perché? L’hanno fatto migliaia di ragazzi. "Già, ma io volevo interloquire, partecipare, mica ascoltare passivamente. Invece erano arroganti, chiusi, conformisti, una vera casta. E ho cercato altrove". A proposito di casta, quella vera. Lei oggi ne fa parte a pieno titolo. Ci si trova bene? "Scherza, spero. Un sospetto del genere mi terrorizza. Tutta la mia vita politica è una lotta ai privilegi. Alla fine si vedrà se nel mio piccolo sono riuscita a cambiare qualcosa o se il sistema ha cambiato me. è questa la sfida". Ministro Meloni, lei è giovane e carina ma non le si conoscono fidanzati, niente week-end romantici, nessuna trasgressione. Come fa? "Difendo con i denti la mia intimità presente e passata. Finora è andata bene". Paola Concia, leader del movimento gay, ha detto che lei è proprio il suo tipo. Si è imbarazzata? "Mi sono divertita, anche perché mi aveva avvertito: ’Te ne ho combinata una!’. Paola ha gusti sessuali diversi dai miei ma è una gran bella persona. Ha anche difeso la Carfagna". E lei che ne pensa? è l’unico ministro che ha avuto una carriera più veloce della sua. "è vero, mi batte in velocità. Ma ora è lì e deve essere giudicata per quello che fa come ministro della Repubblica. Considerare che debba il suo posto a favori sessuali è una discriminazione antifemminile. Ne sono sicura perché lo hanno detto anche di me. Mi ci vede?". Francamente no. Ma mi piacerebbe sapere perché esagera in sobrietà: niente trucco, abbigliamento casual. "Sto a mio agio così. Anche perché quando provo a vestirmi come le altre, faccio figuracce. Per il giuramento dei ministri avevo speso un sacco di soldi per un tailleur firmato e hanno scritto che facevo simpatia perché ero vestita da bancarella". Abiti a parte, si sente mai inadeguata? "Sempre, sempre, tutte le mattine. La mia vita politica è un’eterna condizione da notte prima degli esami". Stefania Rossini