Lucia Annunziata, La Stampa 28/7/2008, 28 luglio 2008
lettera. Quell’irresistibile gioia per le disgrazie altrui Anche se è stato sequestrato, il manichino del condannato sulla sedia elettrica così gettonato al luna park dell’Idroscalo di Milano si presta a qualche considerazione
lettera. Quell’irresistibile gioia per le disgrazie altrui Anche se è stato sequestrato, il manichino del condannato sulla sedia elettrica così gettonato al luna park dell’Idroscalo di Milano si presta a qualche considerazione. Pur essendo pienamente d’accordo sulla decisione presa, mi chiedo quali istinti solleticassero i manichini di ragazzi penzolanti, con la corda al collo, dalla quercia di piazzale XXIV Maggio, opera commissionata dall’ex sindaco Albertini a un artista di fama internazionale come Maurizio Cattelan. Saltando di palo in frasca, per fare un altro esempio, mi ha sempre infastidito l’eccitazione degli speaker televisivi nell’annunciare l’aumento del numero delle vittime delle catastrofi. Rifletto sul fatto che il dizionario di lingua tedesca, fra i suoi vocaboli, annovera la Shadenfreude, ossia la gioia per le disgrazie altrui, e nessuno ha mai pensato di eliminarlo, e concludo amaramente che l’ipocrisia è uno dei vizi che maggiormente permea la società italiana. ADRIANO PONTI Gentile lettore, ottima annotazione. Il termine Shadenfreude può essere in effetti invocato per descrivere molte dinamiche individuali e politiche delle società in cui viviamo: ad esempio l’ingordigia con cui ci scaraventiamo su pettegolezzi, processi, denunce e rivelazioni, vere o false che siano, nei confronti di attori, politici o semplicemente colleghi e vicini. Non è un’idea nuova, come lei sottolinea: l’origine è greca, ma è presente in tutte le culture. In inglese si preferisce usare «Roman holiday», una metafora presa dal poema di Lord Byron Childe Harold’s Pilgrimage in cui un gladiatore è «massacrato per creare una festa romana». In latino era «morose delectation», cioè l’abitudine a godere di pensieri maligni, che nel Medioevo si considerava un peccato. Negli Stati Uniti questa tendenza è ancora oggi al centro di molti studi (anche perché la sociologia americana da anni preferisce parlare di società dell’invidia, più che di società delle classi). Il New York Times in un articolo del 2002 cita i vari lavori in corso, basati sulla social comparison theory, cioè sull’idea che la sfortuna della gente che abbiamo intorno ci fa sentire meglio ai nostri occhi. Una tendenza, sostiene il quotidiano, molto frequente in persone con scarsa autostima, e più presente negli uomini che nelle donne. In un esperimento del 2006 (basato proprio su qualcosa di simile al manichino di cui lei parla) i soggetti monitorati rispondono alla visione di qualcuno sottoposto a una improvvisa e enorme sofferenza: le donne ne gioiscono solo se sono convinte che la sofferenza è meritata; gli uomini ne gioiscono in ogni caso. Verità dolorose. A proposito di consapevolezza: dicevamo prima che l’idea di Shadenfreude si ritrova in quasi tutte le culture. Specificamente, invece, non è indicata in Italia (fonte Internet), dove però i termini più vicini sono - e non a caso- sadismo e bullismo. Stampa Articolo