Gian Antonio Orighi, La Stampa 28/7/2008, 28 luglio 2008
GIAN ANTONIO ORIGHI
DA MADRID
Il presidente della Repùblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chávez, ha conseguito un record da Guinness che nessuno al mondo è capace di eguagliare: vende ai connazionali ottima benzina a 95 ottani, ad un prezzo che più stracciato non si può, 0,097 bolivares forti (2,5 centesimi di euro). Ma per chi vuole risparmiare, c’è quella a 91 ottani che costa sui 2 centesimi di euro. La situazione che devono affrontare gli automobilisti del fortunato Paese latinoamericano (quinto produttore mondiale di oro nero) in tempi in cui i prezzi dei carburanti sono alle stelle in tutto il mondo, è letteralmente kafkiana: costa più comprare una bibita che fare il pieno.
«Con quello che spendo per una Coca-Cola riempio il serbatoio della mia Ford» gongola Luisa Valero, che ha appena riempito il deposito della sua auto con 45 litri della ”gasolina” più cara. In effetti, nello stesso distributore di Caracas, farsi gonfiare le ruote o lavare la macchina supera il più che invidiabile esborso. Una vera e propria chicca anche perchè da 10 anni, nel Paese del Fidel Castro dei petrodollari, il prezzo della benzina non è mai aumentata benché l’inflazione nello stesso lasso di tempo, sia galoppata a più 30 percento.
Vendere la benzina al prezzo più basso del mondo, addirittura ad un 400 percento in meno rispetto a quello del primo produttore mondiale, l’Arabia Saudita, costa all’erario pubblico ogni anno 13 milioni di euro. Una bazzeccola per Chàvez, al potere dal 1999 e sempre rieletto, ideologo della nazionalizzazione petrolifera. Il ministro del «Poder Popular para la Energia e Petroleo» e presidente della statale «Petroleos de Venezuela» (Pedevesa), Rafael Ramírez, comunicava nel marzo scorso che l’oro nero ha portato alle casse statali 43, 67 miliardi di dollari, con una produzione giornaliera di 3, 222 milioni di barili (ogni barile contiene 166 litri), esportazioni quotidiane pari a 2,78 milioni di barili. «La Pdvsa ha prodotto più del 50 per cento dei guadagni mondiali del settore», sottolineava orgoglioso Ramírez. Il prezzo del carburante, in un Paese ove appena il 20 per cento dei cittadini si puó permettere il lusso di un’auto di proprietà mentre il restante 80 per cento non ha altra scelta che dover utilizzare i disastrosi ed affollatissimi servizi pubblici, è così basso che persino Chávez ammetteva a inizio anno: «Lo so che è una volgarità vendere la benzina al prezzo a cui la stiamo offrendo, forse sarebbe meglio regalarla».
L’effetto ”pieno di benzina al costo di una bottiglietta di Coca-Cola” o di acqua minerale, fa sì che la fortunata borghesia venezuelana, i cosiddetti «boliburgueses», o «nuevos ricos de la Revoluciòn Socialista Bolivariana», preferiscano, in netta controtendenza con gli altri Paesi del mondo, auto che divorano decine di litri di prezioso oro nero. Il top a Caracas è girare con uno Hummer o altri assetati Suv con cilindrate 3.500.
Ma c’è una ragione politica che spiega quest’apparente contraddizione di un Chávez che dal 1999, grazie all’oro nero, ha comunque ridotto del 25 percento la tassa di povertà, aumentato la crescita dell’economia del 20 percento negli ultimi 2 anni e si è permesso di elargire in America Latina, per esportare il suo socialismo petrolero, o difendere la Cuba castrista, la bellezza di 8 miliardi di dollari solo nel 2007.
I venezuelani, beati loro, sono abituati a considerare il petrolio su cui letteralmente navigano (solo la fascia dell’Orinoco, maggiore riserva ppetrolifera del mondo, 55 mila chilometri quadri, ha una riserva di ben 300 miliardi di barili) come un bene di cui godere gratis o quasi. Ed i precedenti di chi cercò di rompere questo privilegio la dicono lunga sui motivi che evitano ai prezzi di aumentare.
Nel febbraio del 1989 il presidente Andrés Perez decise di aumentare il prezzo dei carburanti. Risultato: il famoso «Caracazo», la rivolta popolare più sanguinosa nella storia venezuelana. I trasportatori privati aumentarono poi i biglietti del 30 per cento. I venezuelani scesero in piazza e cominciarono i saccheggi, Perez spedì l’esercito e ci furono 275 morti. Chávez lo sa e la benzina non si muove dal prezzo di 2, 5 cent di euro.
Stampa Articolo