Maurizio Ricci, la Repubblica 28/7/2008, 28 luglio 2008
NON SI RIUSCIVA A SCARICARE IL PEZZETTO NELLA PRIMA DI R2
I maleducati che, quando cambiano lavatrice o lavapiatti, invece di chiamare la nettezza urbana, vanno a depositare l´attrezzo ormai inservibile sul marciapiede, adesso hanno la sorpresa di vederlo scomparire in una notte, anche in poche ore. il boom delle materie prime visto dal basso. E c´è chi non si limita alla ricerca ambulante. Ci si guadagna abbastanza da passare al furto.
un´ondata che attraversa tutto l´Occidente. Se l´esplosione dei furti di olio fritto dai fast food, per farne etanolo, aveva almeno l´odore dell´ecotecnologia, qui il commercio non si muove dalla tradizione: si arriva dal ferraio con il carico, lo si pesa, si incassa e via. Negli Stati Uniti, quindici Stati hanno recentemente inasprito le sanzioni contro il furto di alluminio, rame e oggetti di metallo in genere. Qualcuno ha perfino proposto l´obbligo di prendere le impronte digitali a chi si presenta da un robivecchi per scaricare cavi, vecchi condizionatori, tubature. Perché non si tratta più solo di qualche rotolo trovato fra i rifiuti. Si rubano grondaie dai muri, si svuotano case di tubi e impianti elettrici, si smantellano intere torri di comunicazione telefonica. Molte banche sul punto di sfrattare mutuatari in ritardo sulle rate dei soldi presi in prestito per comprar casa, preferiscono prender tempo: meglio tenere la casa occupata, che ritrovarsi con un appartamento sventrato e svuotato dell´impianto elettrico e di quello idraulico. A New Orleans, dopo l´uragano Katrina, il business più dinamico è stato il furto di tubi e cavi dalle case. Due ladri che sono stati pizzicati dalla polizia avevano rubato, in città, mille metri di cavi di rame, per un valore di 40 mila dollari, che avevano rivenduto per 5 mila. Con il rame che spunta l´equivalente di 5 euro al chilo, sei volte il valore di cinque anni fa, c´è anche chi coinvolge la famiglia. In Florida, i poliziotti hanno beccato un ragazzo che stava rubando i tubi da una casa. La mamma faceva il palo, aspettando in macchina.
E c´è chi rischia la vita. Su You Tube c´è il video di due ragazzotti che tentano di portarsi via un grosso cavo dal muro di una casa. Dentro c´è corrente a 600 volt e i due si salvano per un pelo. Chi non si è salvato è un uomo, in Ohio, trovato morto dentro una cabina elettrica. Aveva già accatastato vari rotoli, quando ha messo le mani sui fili ad alta tensione. Un dilettante. Veri e propri professionisti, invece, i ladri che hanno preso di mira la Verizon, una delle maggiori compagnie telefoniche americane. Lavorando in squadra, hanno tagliato i fili dai pali del telefono per alcuni chilometri, li hanno caricati su un camion e sono spariti nella notte, con una refurtiva del valore di alcune decine di migliaia di dollari.
La legge economica che si applica è la stessa che vale a Wall Street. Le materie prime che, ieri, occupavano solo qualche angolo polveroso e semideserto dei mercati sono, oggi, l´oggetto del desiderio. Abbiamo gli occhi pieni dell´ascesa del petrolio, ma l´oro nero non è affatto la materia prima con il prezzo più esplosivo. Non lo è neanche l´oro vero e proprio o l´ancora più prezioso platino. Se mettete a confronto i grafici che registrano gli aumenti delle quotazioni dei metalli preziosi e quelli dei metalli normali, vi trovate di fronte a due curve praticamente uguali. Trascinati da beni umili come piombo, zinco, nickel, i metalli normali sono cresciuti alla stessa velocità dell´oro e del platino. L´indice Reuters delle quotazioni dei metalli non preziosi è triplicato fra il gennaio 2005 e l´aprile 2008. Battere il petrolio, certo, è difficile: fra il 1999 e il 2007, il prezzo del greggio è cresciuto del 700 per cento. Ma, al confronto, l´oro è salito solo del 189 per cento. Il nickel, invece, usato soprattutto per la produzione di acciaio inossidabile, è aumentato del 542 per cento, il piombo del 409 per cento, il rame del 358 per cento, lo zinco del 150, l´alluminio del 90 per cento. Per intenderci, nello stesso periodo l´indice Dow Jones dei titoli industriali, a Wall Street, è salito solo del 44 per cento.
Dietro questo boom che accende gli appetiti di produttori, finanzieri, hedge funds, ma anche di speculatori, di ladri e di poveri immigrati disperati c´è la stessa leva che abbiamo già visto in azione nell´ascesa a razzo dei prezzi del petrolio, come del frumento, del granturco, del riso: la fame crescente di materie prime delle economie in vertiginoso sviluppo di quello che, una volta, era il Terzo Mondo. A credere ai rivenditori di metalli usati, il grosso del rame, dell´alluminio, del piombo che finisce nei loro cortili e nei loro magazzini prende la via della Cina e dell´India. , in qualche modo, l´ultimo capitolo del lungo processo di affrancamento dall´eredità coloniale. Per secoli, l´India ha prodotto cotone che veniva trasformato in camicie in Europa, Sri Lanka il tè imbustato in Inghilterra. Riappropriarsi di quelle materie prime, per lavorarle in patria, è stato il primo passo. E´ la storia, ancora in divenire, del petrolio. Ma il fenomeno nuovo è che questo ex Terzo Mondo, oggi, importa le materie prime di cui è privo – il ferro, il rame, l´alluminio – per lavorarle e rivendere i prodotti finiti in Occidente.
Ad amplificare gli effetti di questo brusco aumento della domanda, ci sono le strozzature di mercato. Poco visibili nel caso del frumento o del granturco, le conosciamo bene, invece, nel caso del petrolio, con il cartello dei produttori dell´Opec. Ma, per molti minerali, la strozzatura è anche più netta. Prendiamo il ferro. Ad estrarlo dalle miniere sono, sostanzialmente, solo tre compagnie: Vale de Rio Doce in Brasile, Bhp-Billiton e Rio Tinto in Australia. E queste ultime due stanno per fondersi. Una concentrazione che ha reso possibile, nelle scorse settimane, un aumento secco dell´85 per cento nel costo del minerale di ferro. Un rincaro che le acciaierie – un altro settore notevolmente concentrato – hanno accettato senza troppe proteste, visti i profitti realizzati dal comparto negli ultimi anni. Nella convinzione, probabilmente, di poter scaricare, senza troppi danni, gli aumenti sui consumatori.
Non è detto che ci riescano. Le ombre della recessione Usa, i rischi dell´economia europea stanno già facendosi sentire. Il rallentamento della domanda sta frenando il petrolio. E lo stesso sta accadendo per gli umili minerali, protagonisti della corsa sfrenata di questi anni. Da aprile ad oggi, l´indice Reuters dei metalli è sceso di quasi il 10 per cento. Scende l´alluminio, perché si costruiscono meno automobili. Scende il rame, perché rallenta la domanda cinese. Scendono anche piombo e nickel. C´è chi parla di fine della bolla delle materie prime, chi preferisce diagnosticare solo una pausa in una corsa che, viste le prospettive dell´economia cinese ed indiana, non potrà che riprendere. Per capire, converrà dare un´occhiata ai cassonetti per strada e controllare se la pesca è finita. O, ancora più istruttivo, se ha cambiato bersaglio.
MICHELE BOCCI
ROMA
La frontiera dei furti disperati oggi passa rasoterra. I nuovi obiettivi di ladri senza troppe pretese, che vogliono racimolare qualche euro con tanta fatica e molti rischi per sé e per gli altri, sono incastrati in mezzo all´asfalto. Dopo le leghe pregiate sottratte ai tir in uscita dalle fonderie e il rame che sparisce dalle linee ferroviarie, in questi mesi i predatori di metalli hanno fatto un altro passo verso il basso, letteralmente. la volta dei tombini, o chiusini come vengono definiti con termine tecnico. Pesano in media 60 chili, sono di ghisa, un materiale che ha quasi triplicato il suo valore in un anno, e spariscono dalle nostre città a dieci, venti alla volta. Da Genova a Cerignola, da Napoli a Roma i vigili si affannano a transennare strade diventate pericolose per macchine e motorini, mentre polizia e carabinieri iniziano ad indagare sul nuovo fenomeno. «Abbiamo preso sul fatto un imprenditore italiano con il suv carico di tombini, ne aveva una quarantina. Ha detto che glieli pagavano 18 euro l´uno», dice il capo della polizia locale dei Comuni intorno a Bergamo, Enzo Fiocchi, che si è trovato di fronte a un ladro di chiusini nel maggio scorso. A Genova i ladri hanno colpito non distante da un campo nomadi. «E´ una rogna - spiega il vice comandante della polizia municipale Giacomo Tinella - A volte siamo costretti a chiudere le strade per evitare che chi viaggia in moto o motorino si faccia male». Fiaccati dai furti, a Cerignola hanno addirittura invitato i cittadini a segnalare, anche anonimamente, eventuali persone sospette vicino ai tombini. Il titolo di Arsenio Lupin del settore, fino ad ora, va ad un ventisettenne romano fermato a fine giugno dai carabinieri di Ostia mentre portava via la pesante refurtiva. Ha ammesso di aver preso in tutto circa 250 chiusini nella zona della nuova Fiera di Roma.
Sono stati gli Usa a fare da apripista anche per questo fenomeno. La crisi e la crescita del prezzo dei metalli ha fatto impennare i furti di tombini. A Filadelfia nel 2007 ne sono spariti ben 2.500, contro i circa 100 degli anni precedenti. «Stanno rubando di più anche da noi, perché il valore della ghisa sta crescendo. Li prendono e li portano a fondere da qualche parte». Mario Cirino Pomicino è dirigente dell´omonima azienda di famiglia, una delle più grosse in Italia nel campo della produzione di chiusini. I furti non stanno facendo aumentare le ordinazioni dei Comuni alla sua società. «Non ancora - dice - Produciamo moltissimo, circa 40 mila tonnellate di tombini l´anno, e dovrebbero rubarne tantissimi per condizionare la nostra attività. Però vediamo che le ditte di manutenzione delle strade non vogliono tenere nei loro cantieri i tombini, perché glieli portano via. Tra qualche tempo, inoltre, ci incontreremo con Acea, la municipalizzata che gestisce i vari servizi di Roma, perché vogliono un modello di chiusino che richieda una chiave per essere aperto».
Cirino Pomicino è molto colpito dall´escalation di furti. «Bisogna considerare - spiega - che il prezzo dei pani di ghisa, pur cresciuto rapidamente, passando in un anno da 300 a 800 dollari a tonnellata, resta molto inferiore a quello di altri metalli». Il rame, ad esempio, costa dieci volte tanto. Questo metallo ha già visto un boom di furti negli anni scorsi. Grondaie, cavi elettrici, vasi, tettoie. Niente è stato risparmiato dai cacciatori di "oro rosso", soprattutto lungo le linee ferroviarie, dove l´opera dei ladri ha causato anche ritardi ai treni. «Bloccare il fenomeno è impossibile, perché Cina e India hanno una grande fame di questo materiale, ma adesso lo stiamo controllando - spiega Pietro Milone, funzionario della polizia ferroviaria che comanda una task force sul rame - Basta considerare che sulle nostre linee nel 2006 erano state rubate 1231 tonnellate di metallo, l´anno dopo siamo scesi a 548 e quest´anno fino ad oggi siamo a 190. L´importante è non concentrarsi solo sui ladri ma sui ricettatori e su chi effettua i trasporti verso l´estero, dove il rame viene fuso».
Con i tombini il cerchio è chiuso. Nessun arredo urbano, nessun metallo è più al sicuro. Anche ottone e alluminio sono ambiti dai ladri, e non solo. A Savona a fine maggio è stata bloccata una banda di dieci rumeni che gestivano un giro di prostituzione ma si dedicavano anche ad un´attività parallela evidentemente redditizia: i furti di ferro, nichel, rame e cadmio tra la Lombardia e il Veneto. Un po´ come il gruppo che nel Bresciano si appoggiava ad aziende compiacenti per riciclare rame, nickel, titanio, ottone e zinco rubati prevalentemente da tir. Ma quella è roba da professionisti, non da disperati che la notte, magari aiutandosi con una sbarra di ferro come leva, sollevano blocchi di ghisa da 60 chili.