Stefania Tamburello, Corriere della Sera 28/7/2008, 28 luglio 2008
ROMA - «Assunzioni? Abbiamo assorbito 20 mila lavoratori precari negli ultimi tre anni e abbiamo replicato l’accordo coi sindacati, fatto due anni e mezzo fa, per proseguire nelle regolarizzazione»: Massimo Sarmi, amministratore delegato delle Poste, non vuole entrare nel merito della norma cosiddetta antiprecari nè tantomeno dire qualcosa sulle polemiche da essa suscitate
ROMA - «Assunzioni? Abbiamo assorbito 20 mila lavoratori precari negli ultimi tre anni e abbiamo replicato l’accordo coi sindacati, fatto due anni e mezzo fa, per proseguire nelle regolarizzazione»: Massimo Sarmi, amministratore delegato delle Poste, non vuole entrare nel merito della norma cosiddetta antiprecari nè tantomeno dire qualcosa sulle polemiche da essa suscitate. Si limita a osservare che non riguarda solo le Poste e fornisce le cifre. La società ha 154 mila dipendenti, negli ultimi tre anni ha assorbito o «stabilizzato », come si dice in gergo tecnico, 20 mila lavoratori ex precari, ed ha in piedi 13 mila vertenze già passate al primo grado di giudizio, e molte altre sul nastro di partenza. La Corte dei Conti dice che le liti pendenti sono 27 mila e passa, ma stando ai numeri delle Poste i lavoratori che potrebbero essere interessati dalla norma contenuta dalla manovra sono appunto circa 13 mila. Che sono già in azienda, in attesa del completamento dei gradi di giudizio, e dell’indennizzo economico. Infatti alle Poste per questi lavoratori «in lite» non è in discussione l’assunzione, già ottenuta, ma il valore della ricostruzione della carriera e di contributi pregressi. Tutto è nato, spiega Sarmi, alla fine degli anni Novanta quando le Poste hanno avviato la riorganizzazione dell’ente in società per azioni. I numerosi lavoratori a termine, assunti in quel periodo anche per breve tempo, hanno fatto via via ricorso basandosi sul fatto che le Poste non avevano presentato un piano di assunzioni a tempo come la legge richiedeva in assenza di ristrutturazione. I contratti a termine erano regolari e in definitiva l’azienda era in fase di riorganizzazione, ma quel «vulnus » come lo chiama Sarmi che a quel tempo non era alle Poste, ha aperto la strada a valanghe di cause. Da qui l’accordo sindacale del 2006 sul progressivo assorbimento dei precari e sulla messa a punto di una graduatoria per il successivo turn-over. Accordo che, dice Sarmi, «ha funzionato, visto che lo abbiamo replicato uguale dieci giorni fa, con una nuova graduatoria». Il problema, a sentire i tecnici della società è un altro, ed è al di fuori dei programmi attuati col sindacato. La casistica dei ricorsi è varia. Non sono pochi, per esempio, coloro che magari hanno lavorato nelle Poste nel ’99 solo per tre mesi e poi sono passati ad altro ma che al momento della conclusione della vertenza ottengono l’assunzione ed anche il reintegro delle retribuzioni non godute nell’arco degli anni con in più i contributi. Insomma i calcoli sono presto fatti, si tratta di alcune centinaia di milioni di euro. Da qui il vantaggio offerto dalla norma della manovra economica che stabilisce un tetto , da 2 a 6 mensilità, degli indennizzi. E meno male, pensa Sarmi, che la legge è cambiata. Anche le Poste, spiega ancora, possono fare come le altre società di servizi che fanno contratti a termine per le normale sostituzioni del personale in ferie o in malattia. «Anche il personale delle Poste deve andare in vacanza, o no? Siamo 154 mila e le sostituzioni sono tantissime. Non possiamo assumere tutti». Comunque altre cifre non mancano: se tutti i postini a tempo passati per l’azienda dal luglio 1997 al 2005 avessero fatto ricorso ci sarebbero state 130 mila cause: quasi come tutti i dipendenti a tempo indeterminato. S.Ta.