Giuseppe De Rita, Corriere della Sera 28/7/2008, 28 luglio 2008
Tempo verrà che la classe politica si troverà a superare il governo delle paure e avanzare qualche indicazione di sviluppo futuro
Tempo verrà che la classe politica si troverà a superare il governo delle paure e avanzare qualche indicazione di sviluppo futuro. Fronteggiando le paure essa paga un debito per il consenso ottenuto facendole venire in luce; ma rischia di far regredire il corpo sociale in troppe richieste di protezione, con evidenti pericoli di passività e di non coinvolgimento nella crescita collettiva. Per orientare al futuro occorre cogliere i passaggi di ciclo che potrebbero avvenire a breve. Il primo è quello del passaggio da una politica economica e finanziaria di voluta rigidità ad una azione di più ampio respiro e di più coinvolgente carica innovativa. Giulio Tremonti ha scritto un bel libro dedicato alle paure e alle speranze di oggi: il fronteggiamento delle paure l’abbiamo compiuto, o almeno tentato, possiamo ora attenderci più coraggiose visioni del futuro. Il secondo passaggio è quello da un intervento pubblico orientato alla sicurezza a tutti i costi (contro la microcriminalità, la presenza degli immigrati, ecc.) ad un intervento più mirato al rilancio da un lato dello spirito di iniziativa individuale, dall’altro dei processi di coesione sociale, specialmente nelle comunità locali. I due passaggi possono essere anche rinviati, per lasciare ancora in vita le attuali dure opzioni di ordine (ordine pubblico, dei conti pubblici, riordino dei poteri istituzionali, ecc.), nella convinzione che esse creino ancora consenso politico; ma è verosimile che tali opzioni piaceranno sempre di meno a tutti, e non solo al vigore ilare ed ottimistico dell’attuale premier. Per questo, quando cominceranno ad avvicinarsi le elezioni europee e regionali, dobbiamo aspettarci una propensione a promettere e garantire qualcosa di più del messaggio «con sicurezza ed ordine vi proteggiamo dalle paure». Nessuno si aspetta grandi promesse o ambiziosi programmi onnicomprensivi, ma l’attesa di qualche «speranziella» certamente il corpo sociale oggi la esprime: un intervento sulla qualità organizzativa del pronto soccorso e sulla riduzione dei tempi nelle liste d’attesa degli ospedali; uno smaltimento almeno parziale dell’arretrato giudiziario, cioè degli otto milioni di procedimenti civili e penali oggi pendenti; un impegno a ricostruire dalle fondamenta il nostro sistema scolastico (espansione della scuola dell’infanzia e riconcentrazione pedagogica della scuola elementare sulla figura del singolo insegnante); un’azione di social housing per garantire case in affitto alle categorie che non possono accedere alla proprietà: un intervento pubblico teso a favorire la copertura, assicurativa e no, dei bisogni degli anziani in condizioni di non autosufficienza; una politica volta a dare dignità e disegno istituzionale alla vitalità delle autonomie locali (comunque si faccia il federalismo); una revisione dell’ utilizzo dei fondi per il Mezzogiorno, affinché non si disperdano in clientelismi localistici. Sono solo alcune piccole attese, speranzielle, che magari non sostanziano una ambiziosa «Speranza dopo la paura»; ma possono ridare un po’ di movimento in avanti ad una società oggi fin troppo ingessata nelle proprie paure.