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 2008  luglio 27 Domenica calendario

ALESSANDRO BARBERA

ROMA
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi smentisce la paternità della sanatoria. «Un’iniziativa arrivata dal Parlamento», commentava ieri coi suoi collaboratori. E benché si tratti di una norma che parifica il trattamento riservato a chi lavora nelle piccole aziende, il testo di quella modifica all’articolo 21 del decreto fiscale, venuta allo scoperto giorni dopo l’approvazione del maxiemendamento alla Camera, ha scatenato opposizione e sindacati. La norma nasce nella notte del 15 luglio, quando in Commissione Bilancio i deputati si riuniscono assonnati fra decine di emendamenti paragovernativi, nati magari nella maggioranza dal suggerimento di qualche anonimo ministro o lobby. Fra questi c’è una modifica alle norme a favore di chi, assunto con contratto a tempo determinato, ricorra al giudice per ottenere l’assunzione a tempo indeterminato. Fino a ieri, nelle imprese con più di 15 dipendenti il ricorso permetteva di ottenere l’assunzione e risarcimenti che potevano variare da pochi euro a decine di migliaia. L’emendamento, fatto proprio dal relatore Pdl Marino Zorzato, permette la sanatoria dei giudizi pendenti: invece del reintegro, il giudice riconoscerà un’indennità variabile tra 2,5 e 6 mensilità.
La norma, raccontano fonti di governo e opposizione, nasce da una richiesta di Poste, da anni oberata da migliaia di cause di portalettere che, una volta assunti anche solo per un mese, si presentano di fronte al giudice. Ben 15mila fino al primo accordo aziendale nel 2006, più altre 14mila accumulate negli ultimi due anni e fino ai primi di luglio, quando i vertici di Poste e i sindacati hanno firmato il secondo protocollo d’intesa: in cambio della rinuncia alla causa vinta in primo grado e al risarcimento, Poste garantisce l’assunzione a tempo indeterminato ai ricorrenti. Ma poiché i ricorrenti aumentano di mese in mese, l’azienda guidata da Massimo Sarmi ha pensato bene di chiedere alla maggioranza di trovare una soluzione che evitasse un’altra proliferazione di cause. Quando viene a sapere della richiesta, raccontano le stesse fonti, Sacconi chiederà il ritocco del testo, che inizialmente non era una mera sanatoria ma modificava le norme in modo permanente.
Confindustria è assolutamente favorevole: «E’ un modo per evitare contenziosi infiniti», fa sapere il direttore generale Maurizio Beretta. Di tutt’altro avviso opposizione e sindacati. «Questa - dice l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano - è una deregulation che colpisce il protocollo sul Welfare del luglio 2007». Il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini sottolinea l’incongruenza della sanatoria: «Per i contenziosi non iniziati il contratto a termine viene dichiarato nullo, ma non si capisce cosa accade al lavoratore. E’ bene che il Senato chiarisca».
Il relatore alla manovra a Palazzo Madama Salvo Fleres - dove è ora in discussione il decreto - sarebbe pronto ad accogliere modifiche ma le possibilità sarebbero pari a zero. Giulio Tremonti ha imposto la blindatura della manovra: nessuna modifica se non quelle strettamente necessarie e legate a errori formali. Fino al punto che ieri il ferreo ambasciatore di Tremonti alle Camere, il sottosegretario Giuseppe Vegas, dava per certo il no ad un emendamento sollecitato dal presidente della Repubblica: «Non siamo intenzionati a cambiare nulla». Vegas commentava le voci che raccontano il Quirinale in attesa della modifica all’articolo 60 che permette ai ministri di spostare risorse da un capitolo all’altro del bilancio senza passare dal Parlamento. «Una simile posizione del Quirinale mi stupirebbe visto che non disse nulla contro il comma 507 della manovra Prodi che dava quel potere addirittura alla Ragioneria». Resta da capire se il resto del governo la pensa allo stesso modo: nelle stesse ore in cui parlava Vegas le agenzie battevano le parole di un conciliante Roberto Calderoli: «I rilievi del Quirinale? Tutto risolto, si farà come chiede».

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