Alberto Bisin, La Stampa 27/7/2008, 27 luglio 2008
Nella filosofia politica classica inglese il diritto alla privacy è concepito principalmente come difesa dell’individuo dal potere dello Stato
Nella filosofia politica classica inglese il diritto alla privacy è concepito principalmente come difesa dell’individuo dal potere dello Stato. Nella sua prima formulazione sistematica, ad opera dei giuristi americani Samuel Warren e Louis Brandeis nel 1890, il diritto alla privacy è definito conseguentemente in modo minimale: come il diritto «di essere lasciati in pace» - «to be let alone». Da allora l’interpretazione del concetto di privacy è stata estesa enormemente dalla pratica giuridica americana come da quella europea. Negli Stati Uniti, ad esempio, la Corte Suprema ha basato sul diritto alla privacy la legislazione riguardante i matrimoni interrazziali e l’aborto. Il diritto alla privacy non è però saldamente riconosciuto come un diritto individuale inalienabile, alla specie ad esempio della libertà di pensiero. Alcuni giuristi ed economisti ritengono che il controllo di un individuo riguardo alla disseminazione di informazioni anche private che lo riguardano possa tendere in generale a ledere gli interessi di altri individui. Questo sarebbe il caso, ad esempio, di un professionista che nasconda ai propri clienti aspetti della sua vita privata dalla conoscenza dei quali essi potrebbero essere indotti a dubitare della sua onestà professionale. Più generalmente, abbondano gli esempi di situazioni nelle quali limitazioni al diritto di privacy sono naturalmente richieste dai mercati nei confronti di coloro che esercitano posizioni pubbliche. Si pensi all’amministratore delegato di una società quotata in Borsa che rende pubblico il proprio portafoglio finanziario e al politico che garantisce accesso alla propria cartella clinica. Un amministratore di una società quotata che nasconda i propri interessi finanziari privati agli azionisti vedrà cadere il valore di mercato della società. Gli azionisti assumeranno che egli stia riducendo i propri interessi nella società stessa, possibilmente sulla base di informazioni private sfavorevoli sulla sua profittabilità: se le sue informazioni fossero favorevoli, l’amministratore non avrebbe infatti alcun incentivo a nascondere le proprie posizioni finanziarie. Si comprendono così anche le recenti pressioni dei mercati finanziari per meglio conoscere lo stato di salute di Steve Jobs, presidente di Apple Computers, considerato uno dei principali artefici del successo della società. Si comprende anche il crollo di Apple in Borsa in seguito al tentativo della società stessa di difendere la privacy del presidente. La gravità di questa situazione va oltre gli effetti economici di una eventuale malattia di Steve Jobs, perché alimenta il rischio di manipolazione del valore di mercato della società da parte di coloro che hanno informazioni private sulla sua salute. La trasparenza delle attività degli amministratori delle società quotate in Borsa è generalmente richiesta per legge in quei paesi il cui codice civile maggiormente protegge gli investitori. L’intervento legislativo è giustificato in quanto il sistema giudiziario e le istituzioni incaricate del controllo del mercato dei capitali sono più facilmente nelle condizioni di monitorare le attività degli amministratori che non i singoli azionisti. Ma in un mercato finanziario competitivo ed efficiente, sono gli stessi operatori che hanno interesse a «legarsi le mani» per legge in modo da garantire gli investitori e così da limitare l’eventuale sconto dei valori delle proprie aziende sulla base di infondate aspettative negative. La questione non è affatto diversa per quanto riguarda la politica. L’interesse degli uomini politici alla propria privacy è infatti chiaramente in opposizione all’interesse degli elettori ad essere informati riguardo ai rappresentanti alla gestione del bene pubblico. Non si vede ragione alcuna per cui l’interesse degli elettori dovrebbe riguardare solo l’attività politica in senso stretto dei propri rappresentanti e non debba includere, ad esempio, le loro attività economiche, le loro condizioni di salute, così come i loro comportamenti privati qualora essi rivelino aspetti rilevanti della loro condotta morale. Come però in ambito finanziario sono i mercati a richiedere trasparenza, così spetta agli elettori penalizzare quelli tra i politici che nascondano i propri interessi economici e privati dietro al diritto alla privacy. Se così si comportassero gli elettori, non sarebbe nell’interesse di alcun politico richiedere mezzi per poter meglio esercitare controllo sulle funzioni di una magistratura ed una stampa che attentino alla loro privacy. Stampa Articolo