M.Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 26/7/2008, 26 luglio 2008
ROMA – «Ormai è necessario arrivare alle riforme della giustizia, compresa la separazione delle carriere: da un certo punto di vista è addirittura inevitabile, fatale, come la globalizzazione
ROMA – «Ormai è necessario arrivare alle riforme della giustizia, compresa la separazione delle carriere: da un certo punto di vista è addirittura inevitabile, fatale, come la globalizzazione. Ma è giusto che ciò avvenga nella concordia, perché le riforme vanno sedimentate. In ogni caso la stragrande maggioranza dei magistrati pensa solo a lavorare, il clima sta effettivamente cambiando». A parlare è Carlo Mastelloni, procuratore aggiunto di Venezia, titolare per anni di inchieste di punta sul terrorismo interno e internazionale. Il lodo Alfano è stato approvato, è tempo ormai di voltare pagina nei rapporti della magistratura con la politica? «Io non ho paura di apparire un moderato, addirittura uno che fa del collateralismo con il governo, ma con trent’anni di esperienza posso dire che la "forma mentis" dei nuovi magistrati è diversa, si sta compiendo un salto generazionale, c’è un clima di maggiore accettazione del nuovo. La prova è che all’ultimo convegno dell’Amn non c’è stata nessuna contestazione, anzi il ministro Alfano è stato bene accolto, non c’è stato nessun pregiudizio o aggressività, anzi ho sentito parecchi applausi. E poi ci sono stati i ripetuti appelli del presidente della Repubblica che è il presidente del Csm». Lei descrive una realtà diffusa che forse stenta a essere rappresentata. «Dai tempi di Tangentopoli sono passati più di quindici anni, non si può continuare ad alimentare quel mito che finisce per essere fuorviante. Il 99 per cento dei colleghi lavorano e basta: sono tecnici, lontani mille miglia da intenti conflittuali. Ci sono tantissimi giudici che non fanno altro che lavorare, totalmente al riparo dei riflettori. Lo sappiamo solo noi, all’interno degli uffici, e i giornali non se ne interessano affatto: non fanno notizia». Cosa ha generato questo cambiamento? «Il tempo che passa. Le nuove leve non sono più dei "militanti". Poi ci sono le leggi europee, le numerosissime circolari emanate dallo stesso Csm (molto tecniche e molto attente a tutte le situazioni applicative). Questa trasformazione vuol dire che ci stiamo sprovincializzando, perché in Europa solo l’Italia ha avuto una magistratura caratterizzata da aggressività nei confronti del mondo politico. Per questo, penso che adesso si possa completare quell’atto mancato...» Quale? «La separazione delle carriere che dovrà seguire necessariamente quella delle funzioni. Naturalmente, si tratta di una riforma che andrà sedimentata. Già in passato, quando la Consulta dettò le regole sulle incompatibilità, a noi parve una rivoluzione, ma adesso tutto questo è pacifico, interiorizzato. Sarà lo stesso per la separazione tra pm e giudici. Oggi poi intere fasce sociali, diversamente da dieci anni fa, pensano che ciò sia giusto. Del resto negli altri paesi pm e giudici non prendono nemmeno l’ascensore insieme». M.Antonietta Calabrò