Emanuela Di Pasqua Corriere della sera 15/7/08, 26 luglio 2008
A Kamikatsu, piccolo paese giapponese di poco più di 2 mila abitanti situato nell’isola di Shikoku, non c’è neanche un cassonetto per le strade, né camion che ritirano la spazzatura
A Kamikatsu, piccolo paese giapponese di poco più di 2 mila abitanti situato nell’isola di Shikoku, non c’è neanche un cassonetto per le strade, né camion che ritirano la spazzatura. I residenti sono infatti obbligati a dividere i rifiuti in 34 diverse categorie e a consegnarli in apposti centri di recupero che si chiamano Zero Waste Centre (Centro per l’azzeramento della spazzatura). Anche il compostaggio dei residui organici va effettuato a monte: ogni cittadino provvede autonomamente a smaltirli e in questo modo ognuno si sente responsabilizzato nel produrre meno spazzatura. Per ogni tipo di involucro e di residuo non organico è previsto invece il trasporto a un negozio locale, previa un’operazione domestica di lavatura e asciugatura. Vengono staccate a una ad una le etichette e successivamente i rifiuti vengono suddivisi nelle varie categorie. In cambio dell’onere che viene loro chiesto, gli abitanti di Kamikatsu, ricevono dei biglietti della lotteria. Chiaramente si tratta di un lavoro non da poco, ma stando ai risultati di un sondaggio, il 60% degli intervistati si dichiara soddisfatto dell’iniziativa, tanto da tollerare il disturbo che comporta. Non a caso questo esperimento, studiato anche in altre parti del mondo, nasce in Giappone, paese notoriamente all’avanguardia quanto a immondizia. Già da tempo, esistono a questo proposito leggi molto severe e vige la regola di lasciare la spazzatura in angoli prestabiliti, in giorni prestabiliti e in sacchi prestabiliti, che devono avere un apposito colore.