varie, 25 luglio 2008
ADORNO Luisa
ADORNO Luisa (Mila Curradi) Pisa 2 agosto 1921. Scrittrice. Libri: L’ultima provincia (1962), Le dorate stanze (1985), Arco di luminaria (1990, premio Viareggio), La libertà è un cappello a cilindro (1993), Come a un ballo in maschera (1995), Sebben che siamo donne (1999), Foglia d’acero (2001), Tutti qui con me (2008), tutti editi da Sellerio • «Dice: “Io scrivo soltanto la vita”. Per questo scrive poco Luisa Adorno, la più misteriosa scrittrice italiana. Ha bisogno di lasciar sedimentare le cose dell’esistenza e poi di elaborarle nei suoi libri [...]. “Non scrivo mai il dolore. Ce n’è già tanto, nella mia come nelle vite degli altri”. Lei scrive con leggerezza il fluire del tempo, coglie il lato divertente delle persone, l’aspetto affettuoso dell’essere al mondo. “No, non sono misteriosa. È che pochi mi conoscono. Vivo a Roma dal 1943, quando sfollai da Pisa. A Roma mi accolsero gli zii e Dinda, mia cugina, più grande di me. Ero rimasta sola, mia madre era morta giovane, mio padre era in guerra”. Dinda era la moglie di Niccolò Gallo, uno dei critici più temuti, potente editor della Mondadori negli anni 60-70. Ma la parentela non ha significato favori né frequentazioni mondane. “Erano altri tempi. E poi io avevo la mia vita. Appena sposata, nel ’49, mi sono trasferita all’Aquila. A Roma sono tornata nel ’53 e non ho mai desiderato frequentare salotti letterari. Non sono quel tipo di intellettuale”. Però che il nome Adorno non sia mai circolato né allo Strega né al Campiello è perlomeno strano. “Non faccio parte nemmeno dei 400 votanti dello Strega, nessuno me lo ha mai proposto e del resto non l’ho mai desiderato. Mi bastano i miei lettori”. Frugale, semplice, si descrive. Con una civetteria. “Il mio problema è il naso” dice recalcitrando di fronte al fotografo. “Perché a me con gli anni è cresciuto il naso. Alle mie amiche no, a me sì. E mi rende poco fotogenica, irriconoscibile più dell’età stessa”. Certo lo splendore del suo grande sorriso e la silhouette magrolina di quando nel ’63 Anna Banti volle premiarla per il suo primo libro (la si ammira in una foto all’interno di Tutti qui con me) se ne sono andati con la giovinezza. Ma quella luminosità non è scomparsa, soprattutto resta indelebile nella sua scrittura, fatta di classicità viva e casalinga con accensioni dialettali sorprendenti (toscane e siciliane). Lo sa, Luisa, di essere unica? Lo sa che i lettori più raffinati la considerano la più grande scrittrice italiana? “Questa poi... No, non lo so. Mi farebbe molto piacere se fosse vero”. Coetanea e amica di Leonardo Sciascia (“Le nostre infanzie, svoltesi in città lontane, avevano sorprendentemente le stesse impronte”), Mila Curradi, questo il vero nome, nata a Pisa nel 1921, ha fatto per vivere l’insegnante di francese. Due figli, sposata [...] con Vittorio Stella, ex docente di estetica [...] Nei libri di Adorno compare spesso questo marito sarcasticamente severo, così come il ritratto del loro rapporto conflittuale, ma sempre all’insegna dell’umorismo e dell’indipendenza. “È sangue che gronda fra noi. Però ho sempre pensato che cambiar marito è come cambiare domestica, non sai a quali difetti vai incontro”. [...] “Molti pensano che io sia una scrittrice siciliana. Forse perché, dopo il lontanissimo esordio con la Rizzoli, mi sono sempre trovata bene con l’editore Sellerio, che non fa una riga di pubblicità, ma i miei libri li ristampa continuamente. In Sicilia torno tutte le estati, senza contare che ho vissuto 30 anni con i suoceri siciliani. Anni felici. Lo pseudonimo l’ho preso per non farli riconoscere, visto che parlavo di loro con ironia nell’Ultima provincia. Naturalmente lo scoprirono lo stesso”. E adesso la chiamano Mila o Luisa? “In genere sono Mila per tutti. Ma quando qualcuno mi chiama Luisa, che è il mio secondo nome, mi piace: mi sento di esistere come scrittrice”. Una scrittrice che ha inventato il “lessico familiare”, facendone il centro della sua opera, prima che Natalia Ginzburg pubblicasse il suo fortunato romanzo. Ma che, nella sua lunga carriera, ha avuto un solo premio importante (il Viareggio nel 1990); poi Carlo Azeglio Ciampi nel 2000 l’ha insignita di un’onorificenza della presidenza della Repubblica “per l’impegno letterario”. Il nostro è un Paese che non ama gli outsider e Luisa Adorno è una grande irregolare. Anche politicamente. È cattolica e ha fatto parte della vecchia sinistra, del Pci, ma oggi è disposta a riconoscersi nella definizione solo se “essere di sinistra vuol dire odiare avidità, lusso insultante, stipendi da mandarini, sprechi indecorosi”. Legge Il Foglio, ha una dichiarata simpatia per il direttore, Giuliano Ferrara. “Mi piace l’indipendenza con cui ha saputo sottrarsi ai condizionamenti di un’educazione ideologizzata. Mi piace il suo giornale perché è essenziale, breve. Solo un po’ troppo allusivo. E mi piaceva la sua trasmissione televisiva, 8 e mezzo, ma poi gli è venuta l’idea di fare la Lista pro life. Moralmente sono con lui, ma doveva mettere in conto che sarebbe stato frainteso”. Adorno legge parecchia narrativa contemporanea. Fra i giovani le piace un’altra eccentrica, albanese che scrive in italiano, Ornela Vorpsi. Ma entusiasmo autentico lo esprime per uno sconosciuto, Marco Balzano, che non riesce a pubblicare il suo romanzo generazionale. Al cinema, di recente, ha amato molto Le vite degli altri, di Florian Henckel. Perché è sempre la vita reale che fa battere il suo cuore» (Sandra Petrignani, “Panorama” 31/7/2008).