Corriere della Sera 24 luglio 2008, SERGIO RIZZO GIAN ANTONIO STELLA, 24 luglio 2008
Il Senato e il bilancio che torna su. Corriere della Sera 24 luglio 2008 Quattro milioni l’anno: tanto il Senato avrebbe risparmiato grazie alla riduzione dei gruppi parlamentari
Il Senato e il bilancio che torna su. Corriere della Sera 24 luglio 2008 Quattro milioni l’anno: tanto il Senato avrebbe risparmiato grazie alla riduzione dei gruppi parlamentari. Il calcolo l’aveva fatto l’Ansa, quarantotto ore dopo le elezioni, citando «fonti parlamentari». Quattro milioni: sui circa 600 che ogni anno spendiamo per la Camera alta non è una gran cifra. Ma sarebbe stato sempre meglio di niente. Invece di quei quattro piccoli milioni, nel bilancio che il Senato approva oggi, non c’è nemmeno l’ombra. Anzi. Nonostante il numero dei gruppi si sia dimezzato, passando da 11 a sei, e quest’anno ce ne siano stati quindi cinque in meno per otto mesi (la nuova legislatura è iniziata il 23 aprile), spenderemo addirittura 750 mila euro in più. Il conto salirà dai 39 milioni 350 mila euro del 2007 a 40 milioni 100 mila euro: è scritto nero su bianco a pagina 65 del bilancio. L’aumento è dell’ 1,91%, superiore anche a quell’inflazione programmata che doveva rappresentare il limite invalicabile delle spese. Chiamiamola col suo nome: un’autentica beffa. Eppure ci avevano provato, alla fine dell’anno scorso, a contenere le spese del Senato almeno entro quel tetto. C’era voluta, è vero, la spallata di un emendamento alla Finanziaria presentato da Massimo Villone e Cesare Salvi, due senatori della sinistra rimasti senza seggio al pari dei loro colleghi di schieramento, per costringere l’amministrazione delle Camere, ma anche quella del Quirinale, ad assumere come riferimento l’inflazione programmata e non più, com’era stato fino ad allora, il prodotto interno lordo nominale, che consentiva agli organi costituzionali, in realtà, di fare i furbetti. Tagliare di oltre 5 milioni le previsioni di uscita del Senato per quest’anno, tuttavia, non era stato affatto facile. Ma alla fine il senatore del Pd Gianni Nieddu (non ricandidato dal suo partito) era riuscito a convincere la presidenza di Franco Marini a disdettare un contratto del personale che prevede scatti e automatismi tali da avere spinto le retribuzioni dei dipendenti del Senato a una media di oltre 131 mila euro lordi pro capite, e con un aumento di oltre mille euro al mese in un solo anno. Da quell’intervento dovevano arrivare risparmi per almeno 3 milioni e mezzo di euro, a coronamento di un impegno solenne assunto per iscritto dal consiglio di presidenza del Senato: quello di ridurre in modo significativo l’incidenza del costo del personale sulle spese correnti, che aveva ormai superato il 40%. E la manovra sugli stipendi sarebbe stata appena l’antipasto, seguito da un piatto ancora più sostanzioso: l’innalzamento dell’età minima pensionabile per tutti i dipendenti di Palazzo Madama a 53 anni. Sappiamo com’è andata. La fine anticipata della legislatura ha mandato in soffitta quel progetto, così chi è entrato al Senato prima del 1998 potrà continuare a ritirarsi dal lavoro anche a 50 anni, infischiandosene di scaloni e scalini. E ha mandato in soffitta anche la disdetta del contratto del personale: lo ha deciso la commissione contenziosa, uno speciale organismo interno, motivando la revoca con un vizio di forma. Il risultato è che la spesa per gli stipendi, invece di diminuire, salirà ancora: dell’1,14%. E non basta. La somma dei costi per il personale in attività e per i pensionati, che beneficiano come i dipendenti degli aumenti retributivi, ha raggiunto il 42,92% delle uscite complessive, contro il 42,74% del 2007 e il 41,52% del 2006. Numeri che hanno indotto i tre questori Romano Comincioli (Pdl), Benedetto Adragna (Pd) e Paolo Franco (Lega Nord) ad ammettere una resa senza condizioni: «Non è stato possibile conseguire l’obiettivo di inversione dell’andamento della spesa in proposito fissato dal documento sulle linee guida», hanno scritto nel bilancio. Quest’anno, poi, c’è anche la ciliegina sulla torta dei nuovi vitalizi a 57 parlamentari non rieletti e dei 7 milioni 251 mila euro per pagare gli «assegni di solidarietà» (si chiamano proprio così) ai senatori che hanno perso il posto. Risultato: le spese correnti del Senato raggiungeranno quest’anno 570,6 milioni, 12 milioni 273.500 euro in più rispetto al 2007, con un aumento del 2,20%. Alla faccia di un’inflazione programmata dell’1,7%. Si dirà che il costo della vita è salito molto di più, e comunque nel bilancio c’è l’impegno a non far salire nel 2009 le spese oltre l’1,5% programmato dal Tesoro. Ma questo cambia poco. La sostanza è che le spese continuano ad aumentare, con poche eccezioni. Il costo per i servizi di ristorazione, per esempio cresce dello 0,76% a 2,8 milioni. Quello per le pulizie e il facchinaggio aumenta invece del 6,53%, da 4,3 a 4,6 milioni. La bolletta dell’acqua, poi, non si schioda dai 300 mila euro. Mentre la spesa per «servizi informatici e riproduzione » si incrementa addirittura del 13,44%, raggiungendo 9,3 milioni. E continua anche l’espansione immobiliare. A pagina 44 del progetto di bilancio si parla di una trattativa che sarebbe stata in corso al momento in cui è stata predisposta la prima versione del documento contabile, a fine febbraio 2008, per «l’acquisizione in locazione dell’intero secondo piano di un immobile situato in piazza del Pantheon». Senza peraltro menzionare il costo dell’operazione. Soprattutto, come denuncia Antonio Paravia, che già si era astenuto sui precedenti bilanci, ci sono sempre i soliti problemi di trasparenza: «Il finanziamento dei gruppi, per esempio, non è sufficientemente dettagliato, e non si capisce bene come vengono impiegati i soldi. Il fatto è che i bilanci di Camera e Senato vengono scritti da tre questori, approvati dall’ufficio di presidenza, resi disponibili ai parlamentari quarantotto ore prima di essere portati in assemblea e ratificati dalle aule solitamente semideserte. Il che, per un bilancio come il nostro da 600 milioni, non è proprio un dettaglio». Si tranquillizzi, il senatore del Pdl. Comincioli, Adragna e Franco promettono una «rigorosa gestione delle risorse di bilancio, attenti all’obiettivo prioritario del contenimento della spesa ». E se lo dicono loro... Sergio Rizzo Gian Antonio Stella