Libero 22 luglio 2008, Alessandro Dellཿorto, 22 luglio 2008
Il re degli imbonitori. Libero 22 luglio 2008 La prima cosa che ti conquistava di lui era l’eleganza
Il re degli imbonitori. Libero 22 luglio 2008 La prima cosa che ti conquistava di lui era l’eleganza. Nei movimenti, nei modi di parlare, nei toni. Nel gesticolare. In un attimo ti sentivi a tuo agio, anche se di mezzo c’erano una tv e chissà quanti km di distanza, e a quel punto non potevi farci niente, eri abbagliato, come ipnotizzato e pronto a fare qualsiasi cosa, che fosse comprare una pelliccia in estate (una volta ne ha vendute 400 ad agosto!), prenotare un quadro di un pittore mai sentito nominare o acquistare un mobile che non ti sarebbe mai servito. Davanti alle telecamere, Guido Angeli era irresistibile, ti fissava con occhi invitanti, si sistemava il ciuffo nero e poi sorrideva con classe. Era fatta, non potevi non fidarti. così che è diventato il re delle televendite anni Ottanta ed è così che ha scritto la storia della tv, e ancora oggi il suo geniale tormentone Provare per credere è ricordato da tutti, giovani e meno giovani. E ora girate pure le mani e poi alzate i pollici come faceva lui. Quando si spegnevano la luce rossa della diretta e le telecamere, però, si spegneva anche quel Guido Angeli televenditore. E se ne accendeva uno ancora più speciale che non tutti hanno avuto la fortuna di conoscere, altrettanto convincente, rassicurante, elegante. Ma timido - che così timido che non l’avresti mai pensato - discreto, sensibile e con lo sguardo dolcissimo alla continua ricerca di Corina, la moglie tedesca conosciuta per caso in un negozio di antiquariato a fine anni Settanta e da quel giorno mai più tornata in Germania. «In tv spaccavo il mondo, ma in realtà sono riservato e quando non sto bene mi chiudo a riccio», aveva confidato Guido Angeli un anno e mezzo fa nell’intervista-ritratto rilasciata a Libero. L’incontro col cavaliere Guido Angeli era sparito dal grande giro da molto tempo. Niente comparsate tv, mai una dichiarazione sui giornali e nessuno, nemmeno nello storico mobilificio Aiazzone, aveva notizie, un indirizzo valido, un numero di telefono attivo. Se ne stava in campagna, in provincia di Firenze, e si godeva la vecchiaia con l’inseparabile moglie, gustandosi il verde e il rosso della Toscana, colline, fiori e vino buono. Era acciaccato, affaticato, cuore debole, pace-maker e avanti e indietro dagli ospedali. Ma non per questo aveva mollato. Anzi, era sempre elegante e rassicurante, forse più del solito. Come il giorno dell’intervista, 25 gennaio 2007, appuntamento al quarto piano, suite di un grande hotel in centro a Firenze. Maglione dolcevita nero, giacca e un sorrisone così: «In che modo è riuscito a rintracciarmi? Complimenti. Sento che tra noi c’è feeling, è per questo che ho accettato l’intervista». E via, due ore di confessioni, ricordi, aneddoti. Tipo quello su Berlusconi. «Un giorno, quasi per scherzo, sostituisco un amico in una trasmissione tv. Al rientro in albergo scopro che mi ha cercato tre volte Berlusconi. Per avere il mio numero aveva chiamato in diretta: ”Sono Silvio da Arcore, rilancio per quel tappeto”. Si era aggiudicato l’asta per 25 milioni e alla consegna aveva chiesto tutti i miei dati. Allora lo richiamo e mi dice: ”Angeli, ieri per caso ho acceso la tv e lei mi ha tenuto incollato davanti al video per 4 ore: non ha sbagliato un congiuntivo e non è ripetitivo. proprio nato per la televisione». Il rifugio in campagna Dopo l’intervista con Libero, Guido Angeli è sparito di nuovo da giornali e tv, anche se lo cercavano, lo rivolevano, lo chiamavano. Diceva no, grazie. Ancora una volta si è chiuso a riccio, rifugiandosi in campagna con la moglie. Lontano dai riflettori. E lontano dai riflettori, Guido Angeli è morto. In silenzio, senza che nessuno lo sapesse e senza annunci ufficiali, proprio lui che invece è entrato nella storia della televisione perché protagonista di un’indimenticabile veglia in diretta tv per la morte di Giorgio Aiazzone, l’amico e collega di tante fortune. Studi televisivi in penombra, una sedia lasciata vuota, un fascio di luce verso l’alto, canti gregoriani in sottofondo e la voce commossa che parla e invoca il defunto, chiedendo di dare la forza a tutti per poter continuare. «Doveva essere un intervento di cinque minuti, ma i furbastri della regia mi hanno fatto commuovere e allora mi sono lasciato andare avanti senza freni - amava ricordare - il tutto, alla fine, è durato quasi un’ora!». Il tormentone Già, Aiazzone e Angeli, Angeli e Aiazzone. I due si incontrano quasi per caso a inizio anni Ottanta, negli studi televisivi di Rete A, e scatta il colpo di fulmine. «Il famoso spot? Decidiamo di trovare un tormentone e per 48 ore ci scervelliamo, ma nessun risultato. Io parlo troppo e non sto mai nei 30 secondi a disposizione, non trovo il modo di essere accattivante, credibile e concreto in così poco tempo. Passa un pomeriggio, niente. Alle 19.30 del secondo giorno, stremato, mi viene d’istinto: ”Dite che vi manda Guido Angeli”. E, facendo il gesto delle mani, continuo: ”Provare per credere”, ricordandomi di quello che ripeteva nonna quando ero bambino. Sento un vassoio che vola, Aiazzone urla come un matto: ” questo, è questo!!!!”». Sarà il boom, la gente arriverà a Biella da ogni parte d’Italia («Isole comprese») per acquistare mobili e la coppia Aiazzone-Angeli diventerà popolare, ricca e sempre più affiatata. Finché un incidente aereo, nel 1986, ucciderà Giorgio Aiazzone a soli 39 anni. «La morte? A me fa più paura la solitudine», spiegava nella sua ultima intervista Guido Angeli. «Mi piacerebbe riabbracciare Giorgio a distanza di 20 anni. Gli chiederei: ”Dove eravamo rimasti?”». Addio, Guido. Alessandro Dell’orto