Il Sole 24 Ore 20 luglio 2008, Armando Massarenti, 20 luglio 2008
Cogitus interruptus. Il Sole 24 Ore 20 luglio 2008 Il famoso aneddoto su Wittgenstein, secondo cui, sul letto di morte, egli avrebbe affermato di aver sempre desiderato scrivere un libro composto solo di battute di spirito, ma di non averlo potuto fare perché gli mancava il senso dell’umorismo, sembra perfetto per descrivere l’impressione che suscita questo volume di Pedro González Calero, uscito da poco in italiano con il titolo Rido ergo sum
Cogitus interruptus. Il Sole 24 Ore 20 luglio 2008 Il famoso aneddoto su Wittgenstein, secondo cui, sul letto di morte, egli avrebbe affermato di aver sempre desiderato scrivere un libro composto solo di battute di spirito, ma di non averlo potuto fare perché gli mancava il senso dell’umorismo, sembra perfetto per descrivere l’impressione che suscita questo volume di Pedro González Calero, uscito da poco in italiano con il titolo Rido ergo sum. Sarà perché siamo ormai viziati dalla comicità esilarante e filosoficissima di autori come Groucho Marx, Woody Allen o i Monty Python, o sarà perché il libro si presenta stilisticamente come una sorta di ricapitolazione, e poi di continuazione fino ai giorni nostri, dell’aneddotica in stile Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, ma certo è che la comicità di queste pagine ci appare quasi sempre un po’ anacronistica e imperfetta. Troppo spiegata, didascalica, in buona parte dei casi; raramente fulminea e sorprendente. Eppure non si può dire né che la trattazione non sia piacevole, utile e ricca – attraversa, riassumendola efficacemente, l’intera storia della filosofia, non solo occidentale – né che ai filosofi risulti mancare il senso dell’umorismo. Al contrario. Del resto, se davvero Wittgenstein ha pronunciato la frase metacomica da cui abbiamo preso le mosse, certamente neppure lui doveva esserne privo. Che cos’è allora che ci lascia, in fondo, un po’ delusi e perplessi? Forse il fatto che è così difficile, attraverso dei semplici aneddotti, catturare davvero l’essenza di una certa filosofia. Non sempre insomma la vita e l’opera dei filosofi possono essere tradotte in poche battute, come accade nel caso felicissimo di Sant’Agostino, il quale da ragazzo prega il Signore di «farlo casto, ma non subito», o che immagina che, alla domanda su che cosa stesse facendo Dio prima di creare il mondo, si possa rispondere che «preparava l’Inferno per coloro che fanno domande come questa». come se, negli altri casi, la mancanza di una coincidenza così perfetta tra la battuta e il pensiero, ci lasciasse invece – per dirla con un gioco di parole pure presente nel volume – in una situazione di cogitus interruptus, oltre che di risata non esplosa del tutto. Il titolo originale Filosofia para bufones forse però spiega meglio il tono del volume. I filosofi, infatti, soprattutto quelli antichi, condividono con i buffoni la tendenza a dire verità scomode in modo efficace e paradossale, se non proprio finemente umoristico. A partire da Socrate che, passeggiando per i mercati stracolmi di merce di ogni genere, è solito esclamare: «Guarda quante cose... che non mi servono!». O che addirittura nel momento della sua condanna a morte, mentre la moglie Santippe piange, si dispera, e non smette di ripetere che lo stanno uccidendo ingiustamente, se ne esce con la battuta: «Avresti forse preferito che mi uccidessero giustamente?». Il libro insomma è ricco di arguzie e di dialoghi che si chiudono con battute illuminanti. Quando Alessandro Magno chiede a Diogene il cinico se ha paura di lui, questi replica: «Dipende: tu sei un bene o un male?» «Un bene, non ci sono dubbi», risponde Alessandro. Allora Diogene lo liquida dicendo: «E allora perché mai dovrei avere paura di te?». E quando un vasaio chiede, ancora a Socrate, che cosa sia meglio, se sposarsi o rimanere scapolo, lui risponde: «Qualunque scelta farai, te ne pentirai». Per venire in epoca moderna, si prenda poi il racconto di quell’empirista che visita una fattoria in compagnia di alcuni amici, e uno di loro, vedendo un gregge di pecore senza lana, commenta: «Si vede che le pecore sono state appena tosate». L’empirista, fedele ai suoi principi metodologici, puntualizza: «Da questo lato sembra proprio così». Uno dei pregi del volume è di non trascurare le filosofie orientali, e neppure gli intrecci e le similitudini di queste con la nostra tradizione. Epimenide di Creta (famoso per il paradosso «Tutti i cretesi sono bugiardi») andò in India e chiese a Buddha: «Sapresti dirmi qual è la domanda migliore che si possa fare e qual è la risposta migliore che si possa dare?». Buddha gli rispose: «La domanda migliore che si possa fare è quella che mi hai appena fatto, e la risposta migliore che si possa dare è quella che ti sto dando io ora». Armando Massarenti